TEMPI DI SORORITA’

a cura di Catti Cifatte

 

"LA CHIAMATA"

Intervista a Don Vitaliano Della Sala

Don Vitaliano Della Sala ha 43 anni. Dopo essere stato espulso per due volte dal seminario per “indisciplina e per manifestata insofferenza nei confronti della struttura”, il 24 ottobre 1992 è stato ordinato prete da mons. Joseph Vianney Fernando vescovo di Kandy (Sri Lanka).L’8 dicembre dello stesso annoè diventato parroco di Sant’Angelo a Scala (Av), un paese di circa 700 abitanti. L’impegno “in giro per il mondo” non si è posto in alternativa o in sostituzione di quello all’interno della parrocchia e sul territorio, ma si è andato progressivamente delineando come allargamento dei “confini” parrocchiali. Tra le esperienze di don Vitaliano e la vita della parrocchia si sono create delle osmosi costruttive.

Ha partecipato a missioni di pace e di solidarietà in Palestina, nella ex Jugoslavia, nello Sri Lanka, in Iraq, in Chiapas, in Albania, in Kurdistan.

Nel novembre 1993, come insegnante di religione, insieme ai ragazzi del movimento studentesco di Avellino, ha partecipato all’occupazione di alcune scuole e con un gruppo di giovani a quella dell’ex cinema Eliseo di Avellino..Nel corso del 1996 ha cominciato ad occuparsi di immigrazione, impegno che si è concretizzato nell’ospitalità nel centro di comunità della parrocchia di una famiglia serba e successivamente di due famiglie albanesi e in altre iniziative che hanno richiamato l’attenzione sulle gravi situazioni che spesso si annidano nelle storie di clandestini ed espulsi.Nei primi mesi del 2000 ha partecipato a diverse manifestazioni a Milano e a Roma, per la chiusura dei centri di detenzione temporanea per stranieri come quelli di via Corelli e Ponte Galeria.

Durante la guerra della NATO contro la Serbia, per protestare contro i bombardamenti, è entrato nella base militare di Istrana (Tv), da dove partivano gli aerei da guerra. A luglio del 2000 don Vitaliano ha preso parte alle manifestazioni del World Gay Pride di Roma e a settembre è stato a Praga per la protesta contro le politiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Nei giorni 19.20.21 di luglio del 2001 a Genova ha partecipato alle manifestazioni internazionali contro il G8 stando dalla parte dei cosiddetti “disobbedienti” ed esponendosi insieme ai giovani e ai manifestanti per un altro mondo possibile.

Per questa sua attività sociale, per il modo di condurre la parrocchia e per la partecipazione attiva alle iniziative del movimento no-global, don Vitaliano è stato sottoposto a restrizioni canoniche e a provvedimenti disciplinari. Il 22 novembre 2001 ha ricevuto, dall’Abate di Montevergine mons. Tarcisio Nazzaro, il decreto di rimozione da parroco della parrocchia e in seguito la sospensione a divinis.

Da giugno del 2005 è sotto la giurisdizione del vescovo di Avellino mons. Francesco Marino che ha annullato tutti i provvedimenti canonici, compresa la sospensione a divinis che gli era stata comminata.

 

  • Tutti gli evangelisti, in modo diversi, descrivono la chiamata di Gesù alla sequela: lo seguono gli uomini, ma anche le donne che fin dalla Galilea, superando ogni preclusione, sono al suo fianco e lo sostengono. Tuttavia, dopo i primi secoli nei quali uomini e donne alla pari hanno assunto ruoli ministeriali, alle donne sono stati precluse in modo tassativo le funzioni presbiterali, la diffusione autorevole della parola e posti di servizio nell'organizzazione ecclesiastica. Come interpreti oggi questa esclusione? Ti sembra possibile cambiare orientamento nella Chiesa Cattolica?

Le donne pur essendo la maggioranza numerica nella base della Chiesa, la stragrande maggioranza tra i fedeli laici che partecipano attivamente alla vita ecclesiale, svolgendo compiti importanti educativi, culturali, di catechesi, sono relegate ai margini o sono escluse dai ruoli ministeriali e di responsabilità nella Chiesa; questo, oltre ad essere sicuramente antievangelico, è un grave errore di strategia e un impoverimento delle potenzialità ecclesiali, inoltre significa sciupare le energie, le risorse umane, i carismi propri delle donne, che potrebbero risultare importanti per organizzare quella “nuova evangelizzazione” auspicata da più parti, ma che stenta a partire e a trovare nuove forme di comunicazione e di testimonianza; le donne anche in questo potrebbero dare impulsi nuovi e originali.

Un cambiamento in questo senso mi sembra indispensabile se si vuole riempire nuovamente le chiese e gli oratori di fedeli laici pensanti e non di papa-boys omologati. Ma se un cambiamento in questo senso è auspicabile, non bisogna aspettare che venga concesso dai vertici ecclesiastici, bisogna conquistarselo dalla base, e quindi occorre che tutti i fedeli laici, soprattutto le donne, prendano coscienza di ciò che sono e di ciò che potrebbero e dovrebbero essere e, per il bene della Chiesa, pretendano di occupare i posti che spettano loro. Un po’ di sano dissenso nei confronti dei vertici che, ovviamente, non vogliono cambiare le cose, non potrebbe che fare bene a tutta la Chiesa. Gesù valorizza i diversi carismi dei suoi discepoli, uomini e donne, e non ne subordina nessuno ad un altro. Anche noi dobbiamo imparare a valorizzare le differenze, farne un motivo di arricchimento reciproco.

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  • Come detto la chiamata di Gesù è rivolta indistintamente a donne e uomini, Egli va verso chi ha bisogno, preferisce pubblicani, peccatori e prostitute piuttosto che i rappresentanti del clero, ma la chiesa istituzione che si è venuta formando con clero maschile, nei millenni successivi, ha stretto sempre più legami con il potere ed è sempre meno disponibile all'ascolto e all'accoglienza:  possono le donne dare un contributo alla trasformazione della istituzione?

 Come ti ho detto, penso che le donne, con i carismi, le energie e le caratteristiche che appartengono loro, possono essere “il nuovo” di una evangelizzazione e di una missionarietà ecclesiale ormai stanche e obsolete, dando a queste quel tocco di femminilità che potrebbe diventare per Chiesa la spinta indispensabile per crescere in tutti i sensi. Ovviamente, quando parlo di evangelizzazione e missionarietà da affidare alle donne, intendo dire che queste devono poter ricoprire qualsiasi ruoli di responsabilità e di servizio: sarebbe sciocco dire che già fanno le monache e le catechiste! È sotto gli occhi di tutti la fallimentare gestione maschilista e patriarcale della Chiesa, perciò penso sia saggio, non ostacolare le donne alle quali spetta ora dimostrare che è possibile fare meglio di chi ha ricoperto ruoli di responsabilità fino ad oggi. Personalmente credo fortemente in questo cambiamento di rotta; i “talebani” cattolici che non ci credono potrebbero, con un po’ di buon senso, almeno lasciare che le donne ci provino!

 

  • Ma le donne non ricercano ruoli clericali, non vogliono essere incluse in una "casta" e commettere gli stessi errori del clero maschile: esiste secondo te , il rischio che riconoscimenti alle donne, come prospettato da Papa Ratzinger, ancorchè tardivi, tendano a comprometterne i ruoli e a farne scomparire la portata innovativa? Quali spazi di autentica testimonianza, per uomini e donne, nella comunità ecclesiale vedi possibili?

Il rischio di “clericalizzarsi” c’è, ma sono sicuro che le donne sarebbero capaci di non cadere in questa trappola, anzi saprebbero ridare autenticità al clero, aiutandolo a recuperare il proprio ruolo di servizio e non di potere; le “donne-prete e vescovo” darebbero una mano al clero maschio sclerotizzato a ridare un senso al proprio ministero, a ritrovare entusiasmo ed energia nuova. Una volta superata l’idea di casta clericale, per donne e uomini, automaticamente si aprirebbero infiniti spazi di testimonianza e di servizio, impensabili nella situazione attuale.

 

  • Nella tua esperienza di vita ecclesiale hai considerato possibile la condivisione del ruolo di "servizio ministeriale" con le donne? Hai vissuto momenti di compartecipazione comunitaria, di condivisione della funzione presbiterale, di proclamazione della parola ecc...,se sì, ti sei sentito sminuito? se no, ritieni di aprirti verso queste esperienze?

Ho avuto la grazia di condividere, tante volte e in modi diversissimi, il servizio ministeriale, liturgico e presbiterale con le donne, quando ero parroco nella mia comunità di Sant’Angelo a Scala, quando ho partecipato a celebrazioni con sorelle e fratelli evangelici, nelle comunità cattoliche del Chiapas, nelle Comunità cristiane di base. Non posso dire di essermi sentito né arricchito, né sminuito, perché per me è normale che ciò avvenga sempre più nella vita delle Chiese; mi ha arricchito, come mi arricchisce ogni nuova esperienza, e non penso di dovermi aprire in nessun modo verso queste esperienze perché, per me, come dicevo, sono normali, anche se so benissimo che non sono altrettanto normali per la maggior parte dei cattolici.

 

  • Sul piano personale, come per le donne il partire da sé diventa un importante modalità di verifica ed auto-coscienza, così anche gli uomini stanno esercitando questa modalità: accanto a gruppi donne, nelle comunità di base,  si stanno formando gruppi di uomini che rileggono la propria parzialità e scoprono di poter dare un contributo di tipo diverso, più incisivo al movimento di liberazione, non solo sotto il profilo religioso, ma anche politico, sociale......cosa ne pensi? Ti sembra possibile sperimentare una ricerca profonda, a partire da te, dalla rilettura critica della tua formazione e confrontandoticon altri uomini?

Non solo mi sembra possibile una rilettura della mia formazione con altri uomini, ma è necessaria e per tanti versi ho già avuto modo di farlo, anche con confratelli preti. Spero che nel clero diventi realtà il confrontarsi criticamente su tutto. Contemporaneamente sarebbe bello e positivo poter fare lo stesso lavoro in gruppi misti formati da uomini e donne, preti, religiosi/e e laici/che. Sarebbe il modo naturale per uscire da chiusure, solitudini, corporeità e sessualità vissuti male, frustrazioni, tabù. L’edificazione della Chiesa-altra possibile deve necessariamente e serenamente attraversare e affrontare queste problematiche.

O la donna rioccuperà il proprio posto e riconquisterà la propria dignità all’interno delle comunità cristiane e delle Chiese, o queste non potranno che avere un futuro già visto, senza entusiasmo e senza progresso reale. La metafora di questo cambiamento di mentalità sempre più necessario nei confronti delle donne, sta neiVangeli della resurrezione; raccontano che una donna, Maria di Magdala, arriva per prima al sepolcro diventando la prima testimone della resurrezione di Cristo, e non è una lezione da poco. È l’ennesimo insegnamento paradossale di Gesù.

A quei tempi, e per molti secoli ancora, la donna era considerata un essere inferiore e bugiardo per natura, la sua parola non valeva nulla: per testimoniare contro una donna bastava la parola di un uomo, viceversa occorrevano sette donne per testimoniare contro un uomo. Il giudaismo poi aveva paranoiche leggi circa la purità delle donne e il solo contatto con loro era fonte di contaminazione. E Gesù sceglie addirittura di affidare il primo annunzio della resurrezione ad una donna.

L’ “annunziare”, che nella Bibbia è esclusiva prerogativa degli angeli, Gesù lo affida a Maria di Magdala. Colei che in quanto donna era considerato l’essere più lontano da Dio, è invitata da Gesù a compiere la stessa missione degli angeli, gli esseri più vicini a Dio. Proprio la donna che, dopo il peccato di Eva la Bibbia riteneva responsabile della morte, sarà la prima testimone della vita: “Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore»”. Ma in tutto il Vangelo Gesù sancisce la fine del maschilismo e del patriarcato che tante sofferenze e tanti guasti hanno provocato nella storia dell’umanità.

Quanto siamo lontani dal cogliere e realizzare a pieno l’ insegnamento di Gesù, soprattutto nella Chiesa! Non si tratta di rivendicare “quote rosa” ecclesiali, ne di applicare le esagerazioni da “Codice da Vinci”, ma di riconoscere finalmente, il posto e la dignità che, nella società e nella Chiesa, spettano alle donne. Forse non è lontano il tempo nel quale per vedere una celebrazione Eucaristica presieduta da una donna, bisogna “scendere nelle catacombe” delle Comunità cristiane di base. Anzi, spero e mi auguro che arrivi presto il tempo nel quale le donne possano diventare “prete”, per continuare ad annunziare, come Maria di Magdala, che Cristo risorge continuamente, ogni volta che sappiamo farci sconvolgere dai suoi paradossi, e vuole liberarci dalle nostre chiusure e dal nostro egoismo.