TEMPI DI SORORITA’

a cura di Catti Cifatte

 

UNA CRITICA…ED UN AUSPICIO
Intervista a Salvatore Vento

Salvatore Vento, genovese, sociologo e pubblicista free-lance, partecipa ai Cristiano Sociali ed è membro della Direzione provinciale dei Democratici di sinistra a Genova. E’ autore e curatore di diversi volumi: Gli operai di Genova1950-71, in “Classe” Dedalo, 1981; Cattolicesimo sociale e politica. L’esperienza genovese 1919-1926, Marietti, 1989; Mutamenti. Innovazione e cultura d’impresa Marietti, 1991; Emmanuel Mounier: attualità di personalismo comunitario. Diabasis, 2000; Genova 2004 in viaggio con le associazioni e I Latinoamericani a Genova e La città ritrovata, De Ferrari Editore, 2004 -2005 – Conduce a Telecittà il programma televisivo “Storie”, ed è responsabile a Genova dell’Associazione culturale per la promozione del pensiero personalista di Emmanuel Mounier

 

  • 1) Dopo un periodo politico di confusione dei ruoli, di ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella politica, oggi più che mai lo Stato Italiano ha bisogno di connotarsi su principi e contesti di laicità: cosa significa per te la laicità? Come vedi, in questa Italia improntata al clericalismo, l'apporto delle donne all'affermazione di principi e contesti di laicità?

     

    Accanto all’ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche, assistiamo all’ uso strumentale della religione a fini politici, la confusione è così grave che addirittura sono sorti i cosiddetti “atei devoti”, cioè gli atei devoti alle gerarchie con l’obiettivo di acquisire maggiori consensi elettorali.

    Per laicità, o meglio principio di laicità, intendo la predisposizione al confronto e al dialogo,alla tolleranza positiva, un atteggiamento contro tutti i dogmatismi e gli assolutismi religiosi, ideologici, politici; si tratta sempre di sottoporre i propri convincimenti alla verifica della realtà. La laicità implica la responsabilità della persona nella storia, lo spirito critico, la capacità di discernimento, la convivenza democratica in una società pluralista (nelle culture, nelle opzioni etiche). Il concetto di laico è tipicamente cristiano, anche se nel corso dei tempisi è perso il significato originario fino ad usarlo in contrapposizione a “cattolico” e “religioso”. Che cos’è l’incarnazione se non una scelta di laicità, di corporeità, di partecipazione ai drammi umani nel contesto storico in cui si vive?

    D’altra parte, a partire dal Concilio la legittima autonomia delle realtà terrene sembra un dato acquisito. Dobbiamo concepire la Chiesa come popolo di Dio dove tutti i suoi membri sono contemporaneamente laici e sacerdoti.

    Ecco una bella affermazione del Card. Martini:

    “E’ importante operare partendo da valori cristiani, ma sforzandosi di arrivare a gesti che, senza perdere nulla del mordente evangelico, raggiungano l’uomo in quei valori profondi che sono previ a qualunque confessionalità e comuni a tutti gli uomini. Bisogna esprimere concretamente la carica di umanizzazione che si radica nella fede in Cristo. Lo stile dilaicità si esprime mediante la promozione delle evidenze etiche, dei valori di fondo su cui basare un consenso di popolo per le grandi scelte di vita, di solidarietà, di fraternità”.

    In questa prospettiva, nell’affermazione del principio di laicità, il contributo delle donne impegnate (in politica o nella Chiesa) può diventare fondamentale, soprattutto se saprà interpretare e rappresentare il vissuto della quotidianità femminile.

    Nell’enciclica sull’amore cristiano Benedetto XV afferma che un’eucarestia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata,è l’amore che diviene il criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana. L’amore sarà sempre necessario anche nella società più giusta. Si tratta di una sfida così radicale che presuppone una vera e propria rivoluzione culturale negli uomini e nelle donne dei nostri tempi.

     

       2) Nonostante la ricerca e gli sforzi delle donne di essere presenti nei luoghi della politica e delle istituzioni, ancora troppo poche sono quelle che , specie in Italia, hanno acquisito spazi di direzione e di rappresentanza: tu che partecipi attivamente, come appartenente ai Cristiano Sociali, alla direzione genovese dei Democratici di sinistra,  come valuti l'atteggiamento della maggior parte dei dirigenti politici che continuano a spartirsi posti di direzione tra maschi?  

     

    Cominciamo dalle origini strutturali e culturali del problema della rappresentanza: le elettrici sono la maggioranza del corpo elettorale (in Liguria il 53% contro il 47% di maschi), eppure durante le votazioni non votano (o votano poco) le candidate donne. Escludendo le ultime elezioni politiche (dove abbiamo votato con una pessima legge senza esprimere preferenze), le donne elette nel parlamento nazionale e nei consigli regionali in media sono circa l’11%, la cifra più bassa di tutti i paesi europei. Si tratta di un grave deficit di rappresentatività dovuto anche ai comportamenti elettorali delle stesse donne!

    La lotta delle donne per la legittima conquista di spazi di potere non mi entusiasma se non è accompagnata dall’impegno a cambiare il modo di far politica, a partire dall’abolizione dei privilegi (economici e normativi) derivanti dall’esercizio di ruoli pubblici. Il comportamento delle donne che fanno già parte del ceto politico non si differenzia dagli altri. Un altro elemento di valutazione deriva dalla trasformazione dei partiti in aggregati di capi (uomini e donne) intorno ai quali (e alle quali) si struttura la competizione politica. Se un cittadino vuol partecipare alla decisione non basta iscriversi ad un partito, occorre scegliersi un capo da seguire.

    Per me, il rapporto col potere è la vera discriminante e il metro di misura per verificare la qualità dell’azione politica delle donne e degli uomini.

    Cito il pensiero di una donna eccezionale, Simone Weil:

    “Il leader che s’innamora del potere, s’allontana dalla vita, dai sentimenti, si disumanizza. Crede che tutto gli è dovuto”.

    Con le ultime elezioni la situazione della presenza femminile si è ulteriormente aggravata per la gestione verticistica della selezione delle candidature, anche se dobbiamo riconoscere che i DS a Genova hanno scelto i candidati tramite votazione a scrutinio segreto della platea congressuale dove in lista c’erano diverse donne.

    Su un altro versante, quello generazionale, lo stesso discorso vale per i giovani in politica: spesso la loro presenza non si distingue da quella del comune ceto politico, anzi se tu senti un intervento di un giovane in carriera e lo confronti con un politico di professione non noti particolari differenze, la politica sembra annullare l’autenticità dell’essere giovani; essi assumono un linguaggio che li allontana dalla loro generazione perché il meccanismo selettivo è quello della cooptazione; si promuovono quei giovani che sono funzionali a chi, in un determinato momento, detiene il potere.

    Per quanto riguarda il Movimento dei Cristiano Sociali alle ultime elezioni politiche a livello nazionale sono stati eletti quattro parlamentari: due donne e due uomini.

    Al convegno annuale di Assisi una delle meditazioni centrali seguita con estrema partecipazione emotiva è stata condotta dalla biblista Rosanna Virgili sui temi della laicità, dell’etica pubblica e della democrazia.

     

    3) Molto spesso gli uomininon colgono l'importanza del percorso femminista anche nel personale. Sei d'accordo che "il personale è politico" ? Cioè che la modalità dell' approccio alla valorizzazione delle differenze, e quindi prima fra tutte la diversità di genere,  è segno tangibile della nostra innovatività di pensiero e quindi anche nel fare politica? E nello specifico cristiano quale messaggio nuovo vedi possibile?

     

    Il personale è politico è uno slogan degli anni ’70. Storicamente esiste una pluralità di esperienze femministe che si sono manifestate con diverse intensità: nei movimenti politici, nelle università, nelle fabbriche, nel sociale.Oggi, in alcuni settori del mondo del lavoro, le donne sono in maggioranza. Ma, secondo me, esistono problemi ancora più complessi e sui quali la riflessione è piuttosto debole. Penso a quella diffusa indifferenza nei confronti del futuro rappresentata dalla denatalità, nascono pochi bambini.

    In campo ecclesiale il messaggio nuovo riguarda il sacerdozio femminile, l’esercizio delle funzioni religiose da parte dei laici, la non obbligatorietà del celibato, l’insegnamento della storia delle religioni, ecc. Mi sembra anche un modo per far avanzare l’unità dei cristiani.

    Anche l’esito del referendum sulla fecondazione assistita dimostra la scarsa capacità di coinvolgimento dell’elettorato femminile da parte dei gruppi femministi; qui abbiamo drammaticamente verificato l’enorme distanza che li separa dalle attese e dai bisogni della stragrande maggioranza delle donne comuni. D’altra parte bisognerebbe interrogarsi sulla quotidianità, sui perché della popolarità del grande fratello televisivo, e di spettacoli dove il privato urlato ha tanto successo. Vorrei che su questi temi si facesse più inchiesta e ricerca sociale vera e non soltanto affermazioni sul dover essere.Ovviamente non c’è solo omologazione, esistono, per fortuna, comportamenti ed esperienze diverse nel vasto mondo dell’associazionismo che meriterebbero attenzione.

    Tra i miei punti di riferimento culturali ci sono molte donne: Simone Weil, Edith Stein, Hannah Arendt ela figura di Maria nel Magnificat. Da studente di sociologia a Trento organizzavo corsi di studio sul pensiero di Rosa Luxemburg perché vedevo in lei la coerenza tra idee proclamate e vita vissuta.

    Una bella figura femminile densa di fascino è quella di Antigone nel dramma di Sofocle: lei si ribella a Creonte, dà degna sepoltura al fratello e applica le “leggi non scritte degli dei” contro una ragione di Stato che contrasta con i suoi convincimenti.

    Anna Bravo (società italiana delle storiche) l’anno scorso aveva aperto un interessante dibattito (sugli anni ‘70 e la violenza) in cui affermava che le donne militanti nelle varie formazioni di sinistra non presero nette posizioni contro l’ideologia della violenza che in quei tempi imperversava. Non dobbiamo dimenticare che, successivamente, nel campo del terrorismo, agirono numerose donne, così come oggi abbiamo donne kamikaze. Una di loro lascia scritto: “Non sono morta, cammino con voi. Canto, ballo, realizzo il mio sogno. Non piangete per me, siate felici e sorridete. Ora ho le radici nella terra del sud e la irrigo con il mio sangue e il mio amore.”

     

    4) Dopo le premesse d'ordine generale e le tue opinioni sul contesto politico, mi sembra interessante chiederti la tua esperienza personale: è infatti a partire da sé che spesso si scoprono i "ruoli" e i "condizionamenti" più maschilisti  e si può quindi fare una lettura critica.

     

    Purtroppo nella mia esperienza in organismi quali il sindacato, l’impresa, il partito, la presenza femminile, tranne in alcuni momenti alti della mobilitazione collettiva, non ha prodotto cambiamenti rilevanti nella visione del mondo, la cultura maschilista regna sovrana anche nelle donne che conquistano posti di potere: come mai? Si tratta di una naturale evoluzione (o involuzione) antropologica? I comportamenti maschilisti, al di là delle affermazioni ideali,sono interiorizzati e vissuti come normalità; chi si discosta è considerato un debole, anche da parte delle donne. Il confronto per essere utile si dovrebbe perciò spostare sul terreno delle pratiche di vita, delle relazioni sociali concrete e ragionare insieme (uomini e donne disponibili ad un percorso di cambiamento) sul che fare per umanizzare i rapporti sociali.

    Un contributo innovativo negli anni ‘70 riguarda senz’altro la partecipazione femminile alle lotte del sindacato, contro il dominio maschile dei Consigli di fabbrica, la sperimentazione dei corsi delle “150 ore”, l’uso del salario sociale ai fini della costituzione di centri socio sanitari sul territorio; una stagione davvero entusiasmante e creativa da ripensare alla luce dei bisogni e delle sensibilità di oggi.

    Per quanto riguarda la mia storia di vita in rapporto agli eventi della politica e del sociale ho pubblicato il libro “La città ritrovata”. Ho sempre svolto attività politica in forma di volontariato senza mai avere incarichi istituzionali né partecipare come candidato in nessuna elezione; mentre durante il periodo giovanile di sindacalista a tempo pieno ho esercitato questo ruolo in piena autonomia e in continua ricerca. Del resto anche questo è un insegnamento che, tra gli altri, deriva da Emmanuel Mounier di cui sono estimatore e qualche anno fa ho curato la pubblicazione diun piccolo volume sull’attualità del personalismo comunitario.

    Per concludere, e nel ringraziarti per l’opportunità di esprimere il mio pensiero, vorrei augurare a tutti e tutte che la buona novella ci porti al superamento di ogni forma di patriarcato e alla parità reale tra uomo e donna, in politica, nella società, nella Chiesa.