TEMPI DI SORORITA’

a cura di Catti Cifatte

 

“Un divino misericordioso e senza attributi sessuati”

 

Intervista a Salah Husein, Imam di Genova, sposato e con quattro figli, ingegnere d’origine palestinese e mediatore culturale presso le strutture pubbliche e private convenzionate con le istituzioni locali , per l’assistenza agli immigrati.

 


 

Di fronte all’uso scorretto dei vostri simboli religiosi ed in particolare delle vignette sul Profeta Maometto noi credenti cristiani ci sentiamo solidali con voi nel rispetto della vostra religiosità e contro ogni fanatismo, ma ci domandiamo come vivete l’assenza di ogni rappresentazione iconografica del divino? Quale spazio occupa nel vostro immaginario la rappresentazione simbolica di Dio?

Il fatto di non rappresentare la figura di Dio è significativo del rispetto e della grandezza divina.

Noi tutti uomini e donne ci facciamo delle immagine limitate di Dio, sappiamo invece cheper contenere l’immagine di Dio non ci sono limiti.

Nella nostra religione i simboli di Dio sono i suoi attributi che però non configurano limiti o caratteristiche sessuate ma che lo caratterizzano: 99 sono gli attributi di Dio secondo l’Islam.

Il massimo avvicinamento a Dio a cui la persona, uomo o donna che sia, tende è figurarsi una similitudine a Dio: generoso, clemente, misericordioso, coraggioso, perdonatore, pacifista, materno… ecc… tutti attributi che l’essere credente deve tendere ad acquisire.

Questo in egual misura è richiesto a maschi e femmine perché davanti a Dio siamo tutti uguali e Dio ci giudica in base ai nostri fatti e alle nostre opere senza fare distinzione.

Dio è al di là del sesso e la nostra immaginazione non può contenerlo: in buona sostanzaè limitativo descriverlo con un sesso definito, siamaschile che femminile.

 

Ti pare che nelle religioni patriarcali, ebraismo, cristianesimo e islamismo il femminile è stato messo in ombra e relegato ad un ruolo secondario costruendo una religione al maschile. La questione del velo è significativa a riguardo. Ma oggi ci sono anche dei cambiamenti nell’Islam, ce ne puoi parlare?

La questione femminile irrompe nella società e quindi anche nella comunità islamica, con forza. Occorre però dire che ciò che la nostra religione impone sotto forma di “raccomandazioni” viene fatto all’uomo e donna senza distinzioni: essere onesti e oneste, giusti/e, clementi, svolgere le preghiere, promuovere la pace. In queste cose essenziali l’etica religiosa è stata raccomandata indistintamente a uomini e donne.

In alcune pratiche la donna è esentata dall’osservanza rigida della disciplina: per esempio durante il digiuno nel ramadam, è esente dall’obbligo nel periodo della maternità o dell’allattamento per ovvie ragioni di salute. Anche nel periodo mestruale per rispettare le sue condizioni fisiche.

Inoltre il concetto, in generale, dell’obbedienza a Dio continua per tutta la vita, significa che ogni azione è mirata ed è nell’ordine divino. In tal senso la donna nel periodo dell’esenzione è comunque tenuta all’obbedienza a Dio.

Per quanto riguarda il velo, il Corano raccomanda alle donne di coprirsi affinché non vengano riconosciute ed essere infastidite quindi l’indicazione va nel senso di proteggere le donne per non creare attrazioni carnali tra uomo e donna e preservare la purezza della donna. Quindi occorre contemplare una diversa visione della cosa.

Sul tema della sessualità, per noi è molto significativo l’autocontrollo.

Dio conosce la debolezza dell’uomo e quindi preferisce prevenirla: tutto ciò che può indurre a generare conflitto può essere prevenuto.

Piuttosto dal mio punto di vista noto che la debolezza dell’uomo si manifesta molto di più nella permissività della società occidentale: e ci sono dei rischi anche nel mondo islamico là dove vengono assunti i modelli occidentalizzati.

Per esempio sono dell’opinione che l’adulterio sia la causa principale della frantumazione delle famiglie: non tutti siamo in grado di aver autocontrollo e spesso, nel campo della sessualità, nella società occidentale si ritiene che sia libertà ciò che in realtà sicuramente danneggia il bene comune.

In questo contesto l’indicazione di non portare il velo può essere fraintesa: si può senz’altro non portare il velo nella società come la nostra, ma però non si deve pensare che quelle donne che portano il velo subiscano una regola maschilista oppure, come dacondizionamento mediatico, siano integraliste.

In realtà la situazione delle donne musulmane nella nostre città sta cambiando e si presenta in forme di tipo misto e constatiamo che ovviamente può esserci rispetto della religione anche da parte di chi sceglie di non portare ilvelo.

Da un po’ di tempo a questa parte, le donne della nostra comunità si stanno organizzando ed acquisiscono sempre di più un ruolo fondamentale: un esempio praticoè quello della scuola per linguaaraba di Via Sassoa Genova Pra, lìi bambini e le bambine negli ultimi tre anni sono notevolmente aumentati , ebbene questa scuola è stata presa in mano dalle donne e funziona molto meglio di prima. Le donne hanno costituito una loro associazione e prendono le decisioni autonomamente: questo è segno molto positivo non solo per le donne ma per tutti quanti.

 

Nella nostra società occidentale, anche a motivo della forte immigrazione dai paesi islamici, c’è stata una contaminazione positiva tra cristiani e musulmani, specie tra le giovani generazioni, tuttavia si trovano ancora forti pregiudizi, per esempio sui matrimoni misti, cosa ne pensi?

In genere e di principio non siamo contrari ai matrimoni tra persone con religioni diverse, ma invitiamo le persone a riflettere molto prima del matrimonio; cioèa mio parere i giovani non devono essere trascinati solo dai sentimenti perché purtroppo abbiamo visto che molti matrimoni si sono sfaldati soprattutto quando nascono dei figli.

I problemi nascono quando vengono messi al mondo dei figli e non sono state fatte delle scelta chiare e consapevoli fin dall’origine.

Specialmente quando si vive in paesi differenti scattano meccanismi legati al nazionalismo e giocano fattori di separazione che vanno soprattutto a discapito dei figli.

Oppure spesso da ragazzi si è più disinvolti e meno praticanti, poi si cambiano le abitudini e nascono problemi diversi: per esempio sull’insegnamento da dare ai figli, come osservare le indicazioni e le raccomandazioni religiose che sono poi necessarie sia da parte musulmana che cristiana.

Quindi è molto importante partire prima con il piede giusto.

 

Perché permane una netta separazione tra maschi e femmine nel culto religioso e alla loro diversa collocazione nella moschea, cosa vuoi dire? E’ possibile un superamento di tale separazione? D’altro canto si ritiene giusto un confronto tra gruppi dello stesso genere per scambiarsi meglio le riflessioni sulla propria parzialità, cosa ne pensi di gruppi di uomini che fanno autocoscienza?

La separazione, la divisione nell’ambito del tempio degli spazi dedicati agli uomini e alle donne può avvenire sia in orizzontale che in verticale mentre la preghiera rituale si fa tutti insieme.

In una conferenza a livello culturale invece si può stare tutti insieme, ma nella preghiera è utile ed importante dividersi.

Lo spazio per le donne è stato concepito separato più come spazio per l’incontro di socializzazione, dove le donne possono essere più libere di fare le cose che sono consone al loro stato (allattare, sdrairsi per riposare, ecc…) avere un loro spazio le mette a loro agio.

Alcune donne della nostra comunità derivano da una cultura dove questa separazione è più marcata e quindi siamo andati incontro alle loro esigenze culturali e religiose ma sempre nel rispetto delle esigenze e non come imposizione di separatezza.

Sono d’accordo sull’esigenza di ritrovarsi abitualmente tra di noi uomini, gli uomini di una comunità islamica si ritrovano spesso tra uomini. Tuttavia ti faccio notare invece che nella nostra comunità oggi nasce l’esigenza inversa, di creare cioè più momenti misti e di essere capaci a gestire nuovi modi di relazione maschi e femmine insieme.

 

Da ultimo vorrei chiederti, dopo tutte le polemiche che sono sorte a che punto è la procedura per la costruzione della moschea, e quali sono le caratteristiche della comunità islamica a Genova.

La situazione dei permessi di costruzione della moschea attualmente è in fase di stallo ciò e determinato dal clima pre-elettorale della elezioni amministrative: ma abbiamo avuto il parere favorevole dalla Commissione Edilizia, gli uffici ci hanno chiesto alcuni documenti tecnici, ma non abbiamo ancora il titolo abitativo edilizio e stiamo aspettando che si sblocchi la situazione.

Ovviamente come abbiamo detto pubblicamente siamo anche aperti a soluzioni alternativee tutta la comunità, maschi e femmine, vive nell’attesa dello sblocco della situazione. Le donne sono state molto attive nella formazione di una colletta collettiva: hanno donato i loro gioielli per raccolta di fondi per la costruzione della moschea, La nostra è una comunità povera ma dove è molto sentita l’esigenza del luogo dove ritrovarsi e relazionarsi.

A Genova è difficile dire quale sia il numero preciso dei partecipanti della comunità perché è un po’ “un porto di mare”: cioè quando qualcuno o qualcuna ha bisogno passa ed è libero di venire e partecipare come di non frequentare.

Posso dire che ci sono circa 2000 praticanti, più maschi che femmine, specie nord-africani: 60% maschi 40% femmine, ma non sono mai presenti contemporaneamente principalmente per motivi di lavoro, ci sono infatti frequenti spostamenti. Ci sono circa 500 famiglie e moltissimi bambini, circa 500: questi sono, di massima, i numeri della nostra comunità.