RIFLESSIONE.

GIANCARLA CODRIGNANI:

LA LAICITA' DELLE DONNE

[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo il seguente articolo
dal titolo "Crisi del religioso, rischi del sacro" e il sommario "Anche se
predicano l'uguaglianza, le religioni attribuiscono ruoli diversi ai generi
e conferiscono superiorita' agli uomini. Sono dunque responsabili dei
pregiudizi, degli stereotipi, delle discriminazioni. E delle violenze".
Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di
coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei
movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure
piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la
nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai
telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le
altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994;
L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005]

L'Italia, piu' di altri paesi, rischia molto a causa di radicati pregiudizi
che confondono la fenomenologia religiosa con la sostanza di qualunque fede,
anche laica. Il salto nel terzo millennio comporta i rischi di ogni
passaggio in avanti e la tentazione di confondere la retromarcia con
l'acceleratore e' dietro l'angolo. La memoria del passato, infatti, e'
fondamentale, ma non per ritorni nostalgici.
L'antropologia ha insegnato che anche i valori viaggiano con la storia: le
aspirazioni umane restano alte nel cuore umano, ma si evolvono e ci
aspettano su mete ancora lontane. Il senso del sacro, tuttavia, persiste e
spesso inquina le religioni, i cui messaggi fondativi sono di ben altro
significato.
Gli antichi Greci e Romani, per aver simboleggiato il divino nelle forme
umane, si sono sottratti a molti rischi del monoteismo, mentre l'ebraismo,
che riconosce un Dio unico creatore che non vuole essere conosciuto ne'
nominato "invano" e che richiama gli umani a preoccuparsi non di lui, ma
della rettitudine del proprio agire, ha avuto la presunzione di conoscerne
la Legge, di avere una casta sacerdotale che la interpretava per tutti e
rendeva temibile la divinita'. Politeisti e monoteisti hanno trasmesso una
sacralita' patriarcale, connotata da tabu' sessisti che mortificano il
femminile. E hanno dato alle religioni il connotato del potere.
Il cristianesimo ricondusse il divino ebraico ad una storia da vivere in
termini universali e ridusse la legge ai due comandamenti dell'amore: per
Dio e per il prossimo. Nacque, dunque, come religione depurata sia dal sacro
antropologico, sia dalla logica del potere. L'inevitabile necessita' di
darsi un'organizzazione ha limitato la liberta' della fede.
L'islam, che completa la triade dei monoteismi, pur libero da centralismi
vaticani, ha ripreso il valore autoritario della legge divina, inchiodando
all'obbedienza la responsabilita' individuale e ribadendo l'inferiorita'
della donna.
Nel terzo millennio dell'avanzamento cognitivo che ha portato le scienze ad
avanzare in ogni direzione, dal macrocosmo dell'universo al microcosmo della
cellula, le religioni sono ragionevolmente a rischio. Ma la complessita'
delle stesse innovazioni tecnologiche mette in crisi le ipotesi etiche e
suscita paure, anche inconsapevoli, che comportano il recupero del bisogno
di certezze a sostegno della difficolta' di dare senso alla vita. Torna,
cioe', il bisogno del sacro: folle vanno a Medjugorie o a vedere la mummia
di padre Pio, come se la preghiera o il miracolo fossero condizionati non
dalla fede, ma dalla suggestione dei luoghi. E torna per le chiese la
tentazione del potere, come se la verita', anche quando ritenuta coincidente
con il divino, non fosse ricerca comune. E torna il conflitto fra le
religioni, come se il divino non stesse al di la' dei nomi con cui donne e
uomini lo chiamano nelle diverse fedi.
La laicita' persiste ad essere, dunque, una pratica difficile. Per antica
tradizione le donne sono ritenute piu' spiritualmente vicine al sentire
religioso e, anche nel giudizio politico moderno, piu' influenzabili dal
monito ecclesiastico.
Il che e' vero e non vero insieme. Come genere piu' compenetrato dalla
responsabilita' di produrre la vita, una vita destinata prima o poi al
dolore e alla morte, le donne sono piu' sensibili ai valori simbolici che si
possono confondere con ritualita' talora autentiche, talora conformiste se
non superstiziose. Tuttavia la percezione che le chiese temano cosi' tanto
il potere riproduttivo da porre le donne sotto la tutela di norme scritte e
non scritte ha insegnato loro una laicita' di genere.
Qualche anno fa, al Parlamento europeo, e' stata approvata una risoluzione
(n. 1464 del 2005) su "Donne e religione in Europa", in cui si riconosce che
"la maggior parte delle donne in un modo o in un altro, e' presa di mira
dalle posizioni delle differenti religioni direttamente o tramite la loro
tradizionale influenza sullo Stato...", per questo "i diritti delle donne
sono spesso limitati e disprezzati in nome della religione". Anche se
predicano l'uguaglianza, le religioni attribuiscono ruoli diversi ai generi
e conferiscono superiorita' agli uomini. Sono dunque responsabili dei
pregiudizi, degli stereotipi, delle discriminazioni; e anche delle violenze
che vanno dai femminicidi, alle mutilazioni genitali, ai matrimoni forzati -
soprattutto in paesi del Sud - ma anche a quella cultura di sottomissione
che considera esclusivo il ruolo di moglie e di madre. Bisogna, dunque,
"garantire la separazione necessaria tra la Chiesa e lo Stato, affinche' le
donne non siano sottomesse a politiche o leggi ispirate dalla religione (per
esempio nel campo della famiglia, del divorzio e delle leggi contro
l'aborto)".
Il voto femminile per i referendum sul divorzio e l'aborto ha confermato
nella storia il "genere della laicita'" delle donne. Una risorsa, come si
dice sempre del nostro genere. Anche in questo campo finora sprecata.