TEMPI DI SORORITA’

a cura di Catti Cifatte

 

Riflessioni a ruota libera...

 

Sul finire dell’estate mentre si ha la certezza che occorre riprendere un cammino di lavoro ed impegno che, con l’autunno, s’infittisce anche in funzione delle scadenze di fine anno, ritorno con la mente e con il cuore ad una serie di riflessioni preparatorie al convegno nazionale delle donne delle comunità di base che si terrà quest’anno a dicembre. E’ per me un momento piacevole in cui la mente si distrae dalle incombenze varie e va alla riscoperta di un contesto di studio, di memorie e di elaborazioni teoriche, ma anche pratiche, diventato necessario, da condividere con altre donne, per darci forza e consentirci di accompagnare la quotidianità.

Siamo chiamate a riflettere collegialmente e singolarmente al tema: “L’ombra del divino. Generare il limite: percorsi di vita delle donne”

La mia prima considerazione nasce dalla constatazione che nonostante il nostro percorso di riflessione sul divino sia ormai pluriennale, articolato e complesso, rimangono aperti molti interrogativi, che il tempo e le occasioni per approfondire non sono mai abbastanza e che occorre ancora maggiore impegno per trovare vie di lettura condivise e partecipate dalle donne. D’altro canto nessuna di noi ha alcuna pretesa di offrire esaustive risposte, ma solo la volontà di un reale confronto, con menocondizionamenti possibili!

Da qui senz’altro il permanere di un obiettivo: indagare il divino.

Ma cosa significa dunque l’ombra del divino? Propongo alcune riflessioni parziali che mi vengono spontaneamente.

Se consideriamo il divino al maschile imposto dall’alto allora possiamo sicuramente affermare che non siamo ancora riuscite a liberarcene completamente. Si tratta di un divino che è proposto da teologie e filosofie antiche, un divino che si identifica con una figura patriarcale, che ha caratteri repressivi verso le donne, che è stato usato per imporre comportamenti violenti e che difficilmente vien messo in discussione, talvolta anche tra di noi, sia in termini di unicità sia in termini dimensionali e di contesto, ma che ci viene quotidianamente riproposto nel linguaggio, nelle immagini, nella dottrina, nell’immaginario ecc…, dalla espressione più arretrata della religiosità, dalle chiese ufficiali, dalle gerarchie e da una società passiva.

Se questo divino negativo continua la sua funzione, permea i nostri discorsi ed i nostri riferimenti simbolici, è necessario che si riparta da ciò, ed intorno al nostro tema, può essere sviluppata una adeguata riflessione a partire dalla constatazione della sua ‘ingombrante’ presenza: la sua ombra opprimente. Dobbiamo conseguentemente continuare una ferma denuncia della strumentalizzazione del divino da parte delle gerarchie religiose oscurantiste, e sicuramente dalla ricerca, dallo studio e dal confronto, scopriremo legami con movimenti di liberazione delle donne nelle diverse religioni, dall’Italia all’Iran, tra gli ebrei ultraortodossi ed in America del Sud o in Africa. La nostra traccia di percorso non potrà che sentire come necessità il conseguente impegno politico,rinnovato e mai scontato: ci si sta già interrogando su quali posizioni pubbliche assumere.

Se consideriamo invece in positivo un divino che ci comprenda in quanto donne, che parta anche da noi, dalla considerazione dei nostri corpi e dei nostri limiti, che sia risposta al nostro anelito alla libera espressione delle diversità sessuali, che ci liberi da oppressioni e restituisca gioia e piacere, ebbene questo divino inedito è ancora, in gran parte, da scoprire. Di questo divino possiamo conoscerne alcuni aspetti concreti e farne esperienza nella relazione tra donne, e tra donne e uomini nella prospettiva di un cambiamento dei rapporti, nella riconciliazione con la natura e con il creato.

Tra di noi, per esempio, abbiamo fatto esperienze, ancora parziali ma già molto significative quando abbiamo scelto, a partire dal Sinodo europeo delle donne (2003), di intrecciare rapporti e relazioni con diversi ‘gruppi donne’ italiane e europee: ci siamo sentite parte attiva di un contesto di liberazione ben più ampio. Abbiamo anche sperimentato forme e modalità espressive di un “sacro” partecipato, di ritualità e spiritualità profonde: si può dire che abbiamo trovato una diversa dimensione del divino e dell’espressione del sacro?

Oppure siamo consapevoli che è un divino che stiamo ancora cercando e che difficilmente può essere definito in categorie o avere un’unica immagine simbolica. Tanto per intenderci, non è una ‘madre chioccia’ sotto l’ombra della quale ci piace tanto ritrovarci, anche se i riferimenti al ruolo materno del divino sono essenziali! Sicuramente il divino che andiamo costruendo non può essere espressione di rapporti gerarchici, deve essere ritrovato invece in gruppi ove si sperimentano rapporti paritari e di condivisione. Ma certamente anche in quella parte della tradizione ebraico-cristiana in cui sono protagonisti le donne e gli emarginati, lì possiamo trovare la traccia di questo nuovo divino, un filo conduttore che giunge fino a noi. Nella nostra cultura, ma ciò vale anche per le altre culture e religioni, non possiamo che partire da lì, dalle testimonianze che storicamente si sono affermate, purché non ne facciamo una condizione senza la quale non vi possa essere relazione con il divino.

In tutti e due i casi abbiamo a che fare con l’ombra del divino che la tradizione culturale e religiosa ci tramanda e che ‘ci rassicura’; vogliamo che sia ancora così? Siamo così sicure che ci serva la protezione-ombra del divino? E come ci comportiamo di fronte alla presenza della componente divina posseduta dalle donne delle religioni? Ed in particolare nei confronti di Maria madre di Gesùdi Nazareth, che ricopre il ruolo materno per eccellenza nelle religioni cristiane, ed è la prima figura di ‘intermediaria’ con il divino?

Emerge dunque un percorso parallelo da esplorare, nella conoscenza e scoperta dell’ “ombra della madre” che, nel nostro percorso di ricerca si fa strada per le connessioni con la scoperta del vuoto, della funzione uterina e del ruolo ‘ricevente’ delle donne, un tema che è anche già indagato da tempo dalle filosofe e dalle femministe. Non è dunque una novità nelle nostre riflessioni: la relazione tra madre e figlia, ed a maggior ragione di fronte alla perdita dei riferimenti maschili paterni, la riscoperta delle genealogie femminili con il loro significativo accompagnamento del movimento politico delle donne.

Anche il legame con la madre oscilla tra il negativo e il positivo: una presenza a volte ingombrante e pesante per l’eccessivo ruolo iper-prottettivo, ma anche una figura di costante riferimento, di esempio, di stimolo al ‘fare’ che ognuna di noi sente nel suo intimo e profondo essere. A ben pensare il ruolo materno è quello nel quale ci identifichiamo più facilmente ma, nella maggior parte dei casi, dentro una concezione di dipendenza tra donne e non in una contesto di libertà femminili: nel senso che la madre, in quanto ci ha generato e ci ha ‘donato’ la vita, è generalmente quella figura di potere che esercita su di noi un richiamo al dovere e alla sottomissione. Notiamo, allora, che il pericolo di ricadere nei ruoli imposti dal patriarcato è sempre presente?

Uno stimolo in più dunque perché il processo di liberazione sperimentato tra le più giovani donne, le figlie, porti ad una ri-generazione del rapporto con le madri, in un tentativo di superamento dello stereotipato ruolo possessivo e/o protettivo per l’acquisizione anche della libertà materna e della riscoperta della individualità femminile: scambio dei ruoli e reciproca cura, come nella relazione tra le mitiche madre e figlia Demetra e Core.

Così come andiamo verso la riscoperta della relazione di uomini e donne con il divino impariamo a riscoprire anche la relazione madre-figlia/o: sono entrambi processi complessidi cui è difficile a priori individuare dei limiti, delle scansioni temporali. Ci si può affidare alle esperienze del passato, rileggere e valorizzare la storia delle donne nel tempo, e nell’oggi non temere di mettere in luce o di mettere in ombra, quando occorre, le diversità di approccio e di avvicinamento al tema previsto, presenti anche tra di noi, consapevoli della necessità dello scambio e della valorizzazione delle differenze che diventa ricchezzaper tutte.

 

Genova, 8 settembre 2008