TEMPI DI SORORITA’

a cura di Catti Cifatte

Percorsi di vita delle donne

 

Arriveremo a Castel San Pietro da diverse strade, dal nord e dal sud, dall’ovest e dall’est, diversi gruppi tenuti insieme da forti motivazioni, da legami di amicizia e da una relazione finalizzata, dal mio punto di vista, alla costruzione di una alternativa femminista di vita; ma stiamo anche percorrendo sentieri diversi, metaforicamente parlando, per giungere all’appuntamento con un bagaglio nuovo di conoscenze, esperienze ed approfondimenti tematici e poter così rendere comuni le idee, le riflessioni e scambiare messaggi, valutazioni, considerazioni.

Le fila del nostro indagare spesso sono solo allentate ma è facile riallacciarle e ri-tenderle; infatti, nel tempo che corre da un anno all’altro, le donne hanno parlato tra loro, i gruppi hanno letto, hanno avuto occasione di riunirsi più volte e di esprimere un cammino di condivisione: ed è sempre un percorso di vita tra donne che con convinzione fissano la loro tappa successiva e si impegnano a collaborare per raggiungerla insieme.

Ci si può fermare, o meglio soffermare su alcuni aspetti, si può riprendere un percorso ma la vita comunitaria che sperimentiamo ci impone, in senso buono, di andare avanti, nella ricerca, ….gli apporti delle singole e le valutazioni dei gruppi vengono scambiati via e-mail, ….sono scambi che coinvolgono e a cui ormai siamo abituate ma che non devono avere contenuto d’esclusione perché c’è sempre possibilità di qualche occhio “esterno” che ci giudica: se usiamo un linguaggio troppo difficile, se non scendiamo con i piedi per terra, se trascuriamo il corpo per far prevalere le parole, se di converso siamo carenti di confronto letto e verbale, insomma siamo anche della brave ‘critiche’ tra noi.

Anche quest’anno in preparazione dell’incontro nazionale stiamo elaborando diversi laboratori, ciascun gruppo porterà modalità d’espressione diverse, dove ciascuna possa trovare quel qualcosa che più si sintonizza con le sue aspettative di ricerca, con i suoi desideri. Questo è un percorso di vita di donne: vogliamo che il nostro elaborare parta prima di tutto da noi dalla nostra condizione personalee di genere.

Noi di Genovagestiremo il laboratorio sul tema: "Percezione del limite ed anelito di giustizia: relazioni sororali”. Lì porteremo degli interventi stimolatori, leggeremo delle poesie di poetesse sulla guerra e sulla condizione delle donne nei conflitti, cercheremo di trasmettere le nostre impressioni e le nostre aspettative per consentirci un confronto a tutto campo. Penso che sarà anche importante analizzare percorsi di vita della donne, rileggendo alcune presenze nella Bibbia particolarmente significative e interessanti per una lettura odierna. Attualizzare la Bibbia non significa usarla a nostro piacimento ma leggere dietro al messaggio ciò che può ancora oggi essere di riferimento, criticamente e costruttivamente.

In questo senso sono andata a ri-scoprire alcuni passi, là dove non c’è solo una donna protagonista, ma dove si narra della presenza di più donne insieme.

Il primo “percorso collettivo” di donne di cui si parla è quello in Esodo 15,20: “Allora, Miriam profetessa sorella di Aronne, prese in mano un timpano; tutte le donne uscirono dietro di lei, con timpani, danzando. EMiriam rispondeva ai cantori; Cantate al Signore, perché egli ha fatto risplendere al sua gloria: cavallo e cavaliere ha travolti nel mare ”.

Si narra dunque di una gioiosa festa di liberazione e di pace voluta e realizzata dalle donne alla fine dello storico conflitto tra il popolo d’Israele e il popolo d’Egitto; da allora ad oggi ci vengono in mente moltissime immagini che rappresentano la fine di conflitti ove le donne esultano tra i vincitori, tra queste immagini la prima che mi viene in mente è quella della fine della seconda guerra mondiale, con le donne della resistenza in prima linea nelle città liberate, tra ali di popolazione festante; ma poi ci sono tante altre immagini legate alle vittorie conseguite nelle successive e numerose lotte delle donne per l’emancipazione, per il riconoscimento di pieni diritti.

Oggi, in un contesto dove, sia pur con fatica, si vuole continuare a gioire, cantare e ballare,siamo chiamate a manifestare contro la violenza maschile sulle donne che in ogni parte del mondo miete vittime come e più delle guerre. Intendiamoci, la violenza non è solo quella dei mariti anziani sulle spose bambine nello Yemen o della lapidazione di giovani donne doppiamente vittime della violenza sessuale della cosiddetta giustizia islamica, e nemmeno quella denunciata da Amnesty International presente fra le mura domestiche in Messico che può anche rischiare di apparire lontana da noi; la violenza è presente nella nostra società che ci propugna l’individualismo esasperato, il mito dell’onnipotenza, la violenza è presente nei nostri paesi occidentali “sviluppati”, crescendo dentro le nostre case e generando i più atroci omicidi.

Manifestazioni in piazza, di donne gioiose e “trasgressive”, “indecorose e libere” si ripetono dunque per richiamare l’attenzione sulla nostra volontà di gestire la nostra vita, contro i diversi modi di esprimersi della violenza sulle donne, modi anche subdoli, lì dove con una politica conservatrice e repressiva si spingono i giovani maschi a contrastare le diversità, a riaffermare la forza brutale contro i più deboli e si vuole ricacciare le donne verso una condizione di subalternità e sottomissione, si nega loro il diritto al lavoro e all’uso delle strutture pubbliche per l’infanzia e per la scuola pubblica, si riducono fortemente gli spazi individuali di libertà d’espressione anche sessuale, per riproporre ruoli di dominanza e modelli tradizionali di perbenismo passivo.

Contro questo tentativo di ricacciare indietro le donne e negare loro spazi di autoaffermazione, ben vengano gli spazi in cui siano le donne e, solo loro, ad occuparsi delle loro questioni; occorre infatti che ci siano garanzie effettive che gli obiettivi prefissati siano raggiunti e non vengano trovate scorciatoie opportunistiche. La nuova possibilità offerta dai movimenti delle donne (dai quali non sono esclusi ovviamente uomini che si sentano di fare chiarezza sulla loro parzialità e appoggino incondizionatamente le lotte delle donne), significa piena responsabilità e coscienza che i percorsi intrapresi si possono raggiungere se si è unite e coese, è quindi anche una responsabilità ad approfondire, ad accrescere la propria coscienza di genere.

Vi è una nuova consapevolezza che non si può delegare alla politica, specialmente in questo contesto ma occorre impegnarsi in prima persona e cercare di raggiungere il maggior numero di donne possibile per aggregarle intorno ad obiettivi specifici, consolidando la solidarietà tra le donne stesse pur nel rispetto delle diversità di appartenenza, di religione di contesto culturale.

Mi viene in aiuto in questa considerazione il secondo prezioso percorso di vita che rileggo dal libro di Ruth1,14: “Allora quelle piansero nuovamente ad alta voce, poi Orfa baciò la suocera e partì per tornare al suo popolo, ma Ruth non volle abbandonare Noemi.”

Il passo è quello di Noemi, Ruth e Orfa, suocera e nuore unite nel comune legame, non solo familiare, di solidarietà femminile pur nella diversità d’origine e di ruolo. Voglio includere anche Orfa in questa valutazione, perché normalmente si riflette sul rapporto tra Ruth e Noemi che consolidano il legame tra donne anche nel ritorno nella terra della suocera. Orfa invece viene dimenticata, essa ha scelto diversamente dalla cognata, sembra quasi una “traditrice”. In realtà questa moabita, anche lei, può scegliere, grazie alla condizione di libertà in cui si trova, nonostante le leggi ebraiche! Essa sa di poter contare sulla solidarietà di Noemie di Ruth proprio nella differenza di percorso di vita. Sembra quasi un fattore positivo il fatto che si trovino tra donne sole e che siano morti i loro mariti! La condizione della vedovanza è una condizioneparticolare perché rischia la maggiore emarginazione sociale e povertà, ma è pur tuttavia una condizione di liberazione ( forse temporanea) da un sistema oppressivo.

Imparare a considerare le donne di fronte a prospettive diverse, “libere di scegliere” e quindi solidarizzare tra donne è molto difficile; siamo in genere più propense alla critica che alla comprensione dell’altra, spesso concepiamo la donna che sceglie diversamente da noi come una rivale e, talvolta, ci comoda la sua debolezza per poter primeggiare: così fra sorelle, così tra amanti di uno stesso uomo, così tra colleghe, così tra amiche, ecc….Forse proprio nella relazione tra madre e figlia o tra suocera e nuora, a causa della differenza di generazione, il rapporto può essere ancora più complesso.

Eppure il percorso di costruzione di una nuova relazione fra donne diverse, sperimentato con maggiore frutto nel contesto femminista, è più che mai necessario oggi quando rischiamo che la contrapposizione tra di noi faccia buon gioco alle politiche maschili.

Questa consapevolezza e valorizzazione delle diversità si ricollega alla riflessione già svolta sul “generare il limite”; il limite come condizione della propria parzialità e della possibilità che ci è offerta di riconoscerci proprio nell’accettazione dell’altra o altro: sviluppare una politica con e per le donne può proprio volere dire che occorre realizzare le condizioni perché ognuna possa scegliere il suo percorso di vita.

Genova, 9 novembre 2008.