Segreteria Tecnica Nazionale delle Cdb

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COMUNICATO

 

Dico: la grande paura

 

La Nota del Consiglio permanente della CEI sulle unioni civili, come tutti i pronunciamenti dell’attuale gerarchia ecclesiastica normativi della politica, s’iscrive totalmente in una dimensione preconciliare della Chiesa cattolica: “Come se il Concilio non ci fosse”. E’ ricorrente motivo di sconforto, di frustrazione, di sofferenza per tanti cattolici e laici che hanno creduto nel rinnovamento conciliare e si sono spesi per realizzarlo. Le comunità cristiane di base sono fra loro.

Dopo il Concilio la realtà ecclesiale cattolica non è più da concepire nella forma tolemaica che ha assunto da Costantino in poi. Il centro non è più la gerarchia, ma il “Popolo di Dio”. E’ la comunità eucaristica il sole che dà forza, senso e movimento a carismi, ministeri, impegni vari. In un certo senso l’intera Chiesa è vista e vissuta in una luce di laicità positiva, cioè di centralità del Popolo di Dio. E’ il Popolo di Dio nel suo insieme che è sacro ed annuncia evangelicamente la sacralità insita in tutta l’umanità e in tutto l’universo. Di conseguenza, il rapporto fra comunità ecclesiale e comunità politica non può essere più concepito come rapporto fra vertici, fra poteri, fra istituzioni. E’ l’osmosi profonda fra realtà ecclesiale e realtà sociale-politica, che coinvolge la responsabilità di ogni cristiano, la nuova dinamica del rapporto Chiesa-stato. E’ da qui che acquista senso pieno anche una nuova laicità dello Stato. La transizione conciliare fra Chiesa-potere e “Chiesa-Popolo di Dio” è appena iniziata. Il parto è in pieno travaglio e nessuno sa come sarà il neonato e quale sarà il suo sviluppo. Ma quello che sta accadendo nel mondo chiede una accelerazione. E invece si resta prigionieri del vecchio.

Qui si aprono enormi contraddizioni. Ma la contraddizione più inquietante per i cristiani riguarda il rapporto col Vangelo. La cultura e la teologia predominanti nella esperienza da cui sono nati i Vangeli è di un “radicalismo etico”, quasi una rivoluzione, che si oppone alla cultura e alla teologia tradizionali sostenute dal potere. “Si trattò all’inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società” (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004). Basta pensare alla reazione di Gesù, in un episodio del Vangelo di Matteo: “Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti. Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: ‘Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?’. Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: ‘Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre’.

Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto tribale di appartenenza: da esso nasce la comunità cristiana, famiglia “senza padre” o meglio con un solo padre “quello che è nei cieli”. “Nessuno sia tra voi né padre né maestro...”- dice Gesù.

Dietro una spinta così forte, da anni ci siamo impegnati, come tanti altri, a immedesimarsi nelle discariche umane prodotte nella “città delle famiglie normali”. E lì abbiamo trovato bambini abbandonati per l’onore del sangue, ragazze madri demonizzate e lasciate nella solitudine più nera, handicappati rifiutati, carcerati privati della parentela, gay senza speranza, coppie prive di dignità perché fuori della norma, minori violentati dai genitori, mogli stuprate dietro il paravento del “debito coniugale”. Oggi le ragazze-madri vanno a testa alta senza essere costrette da genitori e parroci ad abortire facendo ricorso alle mammane oppure ad abbandonare i figli per l’onore della famiglia. Gli handicappati hanno cessato di essere la vergogna della famiglia da nascondere in istituto perché considerati il segno di qualche peccato. I gay vivono alla luce del sole la propria realtà. I giovani non hanno più bisogno di nascondere ipocritamente i loro rapporti. E le violenze all’interno della famiglia incominciano a venire alla luce del sole.

Fine della famiglia tribale? Macché. Nuove emergenze incombono. La competizione globale, questa guerra di tutti contro tutti, riporta a galla il bisogno di mura e di blindature. Il mondo del privilegio non accetta la condivisione e non ne conosce le strade se non nella forma antica della elemosina che oggi è confusa impropriamente con la solidarietà. Conosce molto bene però l’arte dell’arroccamento. E di questo bisogno di blindatura approfittano i crociati della famiglia. Guardando bene al fondo, in nome di che si ricacciano in mare gli extra-comunitari? Sono estranei alla nostra famiglia e alla nostra famiglia di famiglie. Si sciolgono i cuori di fronte alla povertà del cosiddetto Terzo Mondo, carità a non finire, ma si alzano le mura delle strutture profonde. La famiglia canonica oggi è fonte di esclusione verso i dannati della terra. E’ un’esclusione radicata nel profondo, cancro che si annida nella difesa integralista del matrimonio.

Bisogna riscoprire le strade dell’apertura planetaria della famiglia, densa di storia anche evangelica, nelle esperienze delle giovani generazioni e dei nuovi soggetti sociali, senza nascondere limiti e pericoli, presenti del resto in ogni apertura al nuovo, e quindi con sagge regolamentazioni e con opportune mediazioni. Ma anche senza demonizzazioni, perché riteniamo che proprio in quell’apertura stia la salvezza della famiglia umana e dello stesso matrimonio.

 

Le comunità cristiane di base italiane

 

Napoli 30/03/2007