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Autodeterminazione

Il Comunicato finale del Consiglio permanente della Cei, svoltosi a fine settembre, facendo l’esegesi della prolusione del card. Bagnasco, spiega che “un’eventuale legge sul ‘fine vita’ sarebbe cosa ben diversa da una normativa che legittimi la nozione di testamento biologico, espressione di una cultura dell’autodeterminazione”.

Contemporaneamente il Comitato Scienza&Vita dichiara il proprio “No ad una legge sul testamento biologico come forma di autodeterminazione quale scelta insindacabile su come e quando morire”. Proprio nella parola “autodeterminazione” pare quindi si concentri la questione.

E qui si pongono alcuni interrogativi: il Magistero motiva il proprio rifiuto verso l’eutanasia e le sue “forme mascherate” col principio secondo cui “la vita è dono di Dio e quindi non appartiene alla persona”; ma questa idea è accettabile per chi non crede? Colui che non ha fede nell’esistenza di Dio, potrà riconoscere che sia un’altra persona (un parente, il medico, l’autorità pubblica, ecc.) ad avere l’ultima parola sulla sua vita? E uno Stato laico, legiferando per tutti i suoi cittadini (credenti e non, potrà imporre loro un’autorità sovraordinata alla libertà personale nel disporre della propria vita? E se per il cristiano la vita è davvero un dono di Dio, quale dono è quello di cui non si può disporre pienamente?

  Mauro Castagnaro 

  Crema


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NOTA:

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