PER UN’ IDENTITA’ EVOLUTIVA E CREATRICE

 Come donna credente, alla continua ricerca di un’identità che nasca dal confronto con altre donne e gruppi misti, sono impegnata non solo nella difesa ma nella valorizzazione di un contesto di vita sociale e politico radicalmente laico. Per questo  penso che occorre fare un percorso nuovo: che si debba avere la forza e la capacità, ancora una volta, di decostruire il simbolico, la cultura religiosa della dominanza, per andare alla riscoperta e alla valorizzazione dello spazio, non ancora misurabile per me, di un divino che sia tramite per tutte e tutti: un’identità creatrice.

 Ratzinger dice: “I diritti fondamentali vengono da Dio, non li crea lo Stato. Sono iscritti nella natura stessa della persona umana e sono pertanto rinviabili direttamente al Creatore prima che al legislatore”.

 Questo messaggio all’apparenza molto affascinante non può essere condiviso né in linea teorica né in pratica.

Primo: perché nasce ed  è espressione derivata da una concezione di Dio al maschile, di un Dio “creatore” che si presuppone unico, onnipotente e determinato: il Dio delle religioni storiche ebraica, cristiana e musulmana. Ma il dubbio mi assale e preferisco considerarmi priva di questa certezza: davanti al vuoto, un vuoto ampio tutto ancora da colmare!

In realtà, il diritto naturale a cui si rifà Ratzinger, è concepito, e storicamente costruito, all’interno della logica del patriarcato, da parte di chi ha espresso gli interessi del potere dominante. Ma questo diritto è  relativo ed  ancora oggi discriminante nei confronti delle donne,  non può quindi essere accettato come “bene” astratto di riferimento.

Secondo: perché con quell’assunto il Papa vorrebbe forgiare ancora una volta le coscienze delle donne e degli uomini ad una sola dottrina che attraverso il dominio politico di uno stato confessionale eliminerebbe qualsiasi altra ricerca e pratica religiosa ed etica.

Questo significherebbe prescindere, o meglio schiacciare ancora una volta le diversità tra uomini e donne, le caratteristiche storiche dei popoli, le condizioni culturali e le scelte sessuali o di relazione di ciascuna o ciascuno di noi, per condizionare la legge da un punto di vista unilaterale.

In una parola, anziché partire dalle persone, che in uno Stato di diritto, sono le“prime” ad essere tutelate, si passerebbe ad una sfera di regolamentazione astratta secondo le esigenze del connubio tra trono e altare.

Andare invece alla ricerca della nostra identità creatrice, di quella che, forse con troppo timore di essere fraintese, noi donne delle cdb chiamiamo la Dea Madre, significa avere il coraggio e l’ostinazione di offrire, metaforicamente parlando, un grembo materno ricettivo: offrire cioè le maggiori opportunità possibili, essere spazialmente sconfinate rispetto alle cause del mondo, disponibili alle relazioni e agli imprevisti, attente ed accoglienti verso la ricerca e la scienza, vedere la creazione come luogo del divenire, dell’indefinito, della cura e rispetto degli altri e delle altre, della diversità da noi, dell’accettazione dello straniero e della straniera… una identità che è in continua crescita e non ha timore di confrontarsi quotidianamente con l’evoluzione del diritto e guarda invece all’essenzialità della legge fatta per l’uomo e la donna e non per il sabato.

 Catti Cifatte, 

della Comunità Cristiana di base di Oregina

 

Genova , 16 ottobre 2005

 

 


 

NOTA

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