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Religione universale

     Mentre si fa vivo il dibattito interreligioso è forse utile porsi ancora una volta una domanda importante e forse essenziale: ma Gesù di Nazareth ha voluto fondare una nuova religione o ha voluto insegnare e praticare un nuovo modo di essere religiosi?

      Incide non poco, nel cercare una risposta a questa domanda il come si definisce la religione.

      Lattanzio, cristiano, fa discendere questa parola dal latino re-ligare; cioè ri-legare. La religione è dunque un insieme di dottrine, di narrazioni epiche, di riti, di prescrizioni morali da conservare ed osservare per ottenere protezione dalle “potenze superiori” e remunerazione soddisfacente. Ne consegue che se una popolazione ha il suo dio deve sapere quale è la sua religione e praticarla con ossequio delle regole e dei sacerdoti o sciamani. Se si pensa che ci sia un solo dio, creatore e signore dell’universo, allora il problema si fa delicato ed escludente: non ci possono essere varie religioni per un solo dio, una è quella vera le altre, possono avere frammenti di verità ma sono praticamente false. Coerentemente quindi S.Tommaso d’Aquino, sulla scorta di Lattanzio, conclude che la religione è: un retto ordine verso Dio.Quindi una sola è quella vera: la religione cristiana nella quale siamo legati col vincolo della fede.

       Prima di Lattanzio Cicerone invece aveva concepito la religione come  re-legere, cioè rileggere e l’aveva imparentata con intus-legere, di-ligere, e-ligere cioè tornarci sopra a ogni giro di pista, riformulare il proprio amore e le proprie scelte e non dare mai per scontato di avere capito tutto e avere fatto tutto.    

      Gesù di Nazareth, senza conoscere Cicerone sembra più vicino a lui che a Lattanzio. Quando dice alla Cananea: “la tua fede ti ha salvato”, presumibilmente lo dice ad una persona che non essendo ebrea, praticava altri riti, forse anche politeistici, ma Gesù non la converte all’ebraismo e tanto meno la converte al cristianesimo e se la tira dietro, annettendola al gruppo.

      Gesù, senza abbandonare l’ebraismo lo ri-legge in chiave profetica. Per questo se la sua religione resta quella ebraica la sua forma religiosa, il suo modo di essere religioso è universale perché è compatibile con diverse culture. Qualsiasi induista, come Gandhi o Vinoba Bahve, qualsiasi islamico, qualsiasi animista può seguitare tranquillo ad abbigliarsi come dice la cultura della sua gente, mangiare o non mangiare secondo le abitudini culturali, seppellire i morti o attendere l’aldilà con varie tensioni nella speranza ma deve farlo nella forma gesuana perché questa è compatibile e non è escludente. In questa capacità di rilettura delle proprie radici nella novità di ogni situazione, credo sia l’universalità di Gesù che peraltro non è esclusiva perché anche altri c’erano arrivati. 

                        Giovanni Franzoni

 CdB di San Paolo - Roma


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NOTA:

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