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Ci sono ferite e ferite e tanti alberi spogli.

 

Il sei mattina di questo mese di giugno, la radio ha dato una notizia: un  vescovo – mi pare  di Viterbo  - ha negato le nozze a due giovani innamorati,  perché lui,   ridotto su di una sedie a rotelle per un incidente d’auto, era dubbio che potesse procreare. Giusto: la norma dice che fini del matrimonio sono la procreazione, l’educazione dei figli e, terzo, pudicamente scritto in latino anche nei testi italiani, remedium concupiscientiae. E la norma non sopporta ferite.

Un amore così grande, invece sì.

E due essere umani, innamorati, sfortunati e coraggiosi, pure.

Sull’ultimo numero di Carta, a proposito delle dichiarazioni  del papa circa le ferite inferte dalla 194 alla società italiana, don Sardelli ricorda un episodio di 46 anni fa: “un giorno, la povera Teresa si trovò incinta. Sbiancò e arrossì… Dopo qualche mese di angoscia” si inerpicò  per una mulattiera sino ad una praticona perché la “liberasse”. E la praticona  la liberò davvero, anche di tutto il suo sangue. Il parroco negò i funerali religiosi. Così “Teresa, passando per la mulattiera, fu portata direttamente al camposanto”. Giusto: la norma dice che chi muore di aborto i funerali in chiesa non può averli. E la norma non sopporta ferite.

Teresa invece sì. Abbandonata  dal marito emigrato in Germania che l’aveva lasciata a tirar su da sola i loro due figli, invece poté essere ferita. E i suoi parenti, straziati tre volte, dal dolore, dalla “vergogna” (per un amore illecito), dal rifiuto dei “conforti religiosi”, pure.

Anche a Pier Giogo Welbi i funerali furono negati in chiesa. Per lo stesso motivo: la norma non li consente ai suicidi. Ed allora per ricordarlo, per pregare insieme, i familiari  vennero in comunità.

Ed in comunità, un paio di decenni prima, erano pure venuti a sposarsi due giovani innamorati cui  era stato negato il diritto di amarsi  essendo terribilmente spastici. Anche in quel caso alla norma non era stato possibile infliggere una ferita. Ma a quell’amore così terribilmente bello, sì. E a due esseri umani, tanto sfortunati e forti, pure.

Sabato 7 al gay pride è stato inibito l’accesso in piazza San Giovanni. Il diritto di amarsi, “ognuno come gli va”  non può essere invocato nei pressi della Basilica. Vi si può eseguire un concerto; ma non la  celebrazione di amori che feriscono la norma. Milioni di uomini, di donne e di trans, invece sì, possono essere feriti tutti i giorni. Anche dalle norme di santa romana chiesa.

Ma Gesù – a quanto mi spiegò un giorno un prete – non aveva detto che non l’uomo (e la donna) è fatto per il sabato, ma questo per l’uomo? Ma allora: sbaglio io nel ricordo, sbagliava forse quel prete a spiegarmi così, oppure al papa, al vescovo di Viterbo, a un po’ di cardinali e di parroci non l’hanno  spiegato cosa ha detto e fatto Gesù?

E per questo sono tante le ferite. Mi fanno venire in mente i  versi di Davide Turoldo:

…. Solamente so che per questi

pertugi – quasi ferite

al costato – ho potuto

esprimere pensieri come fiori

dire segreti negati a me stesso

seminare speranze fino

a rimanere tu

- passata la tempesta –

albero spoglio.

 

Quanti alberi spogli ci sono nel mondo. E la tempesta non ancora è passata.

            Nino Lisi

         Comunità di San Paolo - Roma


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