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LA CULTURA DEL DIRITTO AL PRIVILEGIO

La convinzione di poter agire al di fuori del  diritto comune si manifesta ormai in modo particolarmente pervasivo:  le norme si considerano in vigore solo per gli altri;   come utenti della strada, condomini, dipendenti, dirigenti, alunni, ecc.  tendiamo ad esentarci, nelle diverse situazioni della vita quotidiana, dai vincoli insiti  nella stretta interrelazione tra diritti e doveri.

Su un piano più  generale, inoltre, anche i recenti fatti della  cronaca  politica  contribuiscono a logorare  il prezioso e delicato  tessuto della nostra Carta Costituzionale.

Eppure il nostro continua ad essere uno dei migliori progetti di convivenza sia per l’apporto di orientamenti politici diversi al modello di società e di stato sia per gli  elementi di flessibilità  che consentono  adeguamenti  necessari ai mutamenti storici. Infatti le rapide trasformazioni sociali degli anni successivi al 1948  hanno potuto trovare codificazioni coerenti con i  principi fondamentali  nelle prime  riforme scolastiche, nel diritto di famiglia, nello statuto dei lavoratori, ecc. nonostante  la  presenza sempre  forte di  opposizioni ed ostacoli  interni ed internazionali. Ciò nonostante, questo quadro di riferimento  normativo, in vigore per tutti,  continua ad essere disatteso e  sempre più apprezzato solo retoricamente. Si  sa che remano contro la Costituzione la mafia, i servizi segreti, la P2, le brigate rosse,…..ecc.

La comunità cattolica nel complesso  pensa di   essere esente da responsabilità. E’  proprio così? Ad esempio in questi giorni di riapertura delle scuole ripensiamo, tra i gli innumerevoli loro problemi aggravati dalle scelte di politica economica, anche alle conseguenze della revisione del Concordato nel 1984. La pervicacia con cui si persegue lo svuotamento di quella innovazione significativa rappresentata dal carattere facoltativo dell’ insegnamento di religione cattolica, riaffermato da  ben due sentenze della Corte Costituzionale, costituisce  la premessa  per un’organizzazione scolastica  con sottovalutate e rimosse discriminazioni, per di più di solito a danno delle fasce più deboli  della popolazione; tutto ciò non contribuisce certo a promuovere la legalità costituzionale.

Quanto sia mistificante la retorica  diffusa sull’importanza della cultura religiosa si coglie subito se si riflette su che cosa implicano due ore di insegnamento  di r.c. nella scuola di base a partire dai bambini di tre anni. In questa fase dell’età evolutiva l’irc viene preteso per insegnare a pensare come  cattolici condizionando precocemente persino le domande possibili sui grandi problemi della vita. Il genitore che non sceglie di avvalersi dell’irc si deve rassegnare ad accettare un trattamento di serie B; in ogni caso si trova a dover subordinare i propri diritti educativi alle esigenze  della gerarchia cattolica. L’adolescente, di fatto sin dall’età di tre anni sperimenta, in mille concrete situazioni, che  alcuni, per motivi di coscienza, sono più eguali di altri e questo proprio all’interno di quel luogo pubblico che ha il compito di far percepire l’eguaglianza sostanziale di ogni persona.

La difesa ad oltranza del controllo ecclesiastico su gli insegnanti di r.c. e dell’attribuzione di crediti scolastici a chi ne frequenta le lezioni si traduce in opposizione a importanti acquisizioni del Concilio Vaticano II  e rafforza gli ostacoli ai percorsi di reciproca comprensione e integrazione fra le persone con diversi orizzonti spirituali, sostenendo con barriere invisibili le innumerevoli divisioni già presenti.

Aver scelto la strada delle forzature costituzionali per soddisfare interessi di parte – sia pure ad maiorem Dei gloriam – costituisce un permanente elemento di debolezza  nella resistenza ad altri indebiti appetiti, aprendo la strada a ulteriori eccezioni al diritto comune che si trasformano rapidamente in diritti acquisiti da difendere a tutti i costi. Di fronte agli esempi secolari, ostentati ed spesso anche ammirati, di una chiesa costantiniana perché  sorprendersi quando ci si trova di fronte a spregiudicati ricatti?

Una riflessione serena sulla cronaca che ha visto recentemente  in primo piano le contraddittorie relazioni tra Santa Sede, Cei, governo e partiti potrebbe, per il futuro della democrazia e delle stesse radici cristiane dell’Italia, sollecitare a riscoprire come essere davvero sale e lievito evangelici .

Anna Maria Marenco (Gruppo di Controinformazione ecclesiale - Roma)


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