Ripartire dalla cultura
della convergenza
Elaborare lo shock per la bruciante sconfitta
elettorale non vuol dire piangersi addosso. Non significa nemmeno
riaprire il teatrino dell’Opera dei pupi dove "marionette armate"
confliggono con fragore di sciabole.
Occorre ripartire subito ponendo al centro il
tema di una nuova convergenza in quanto vera e propria cultura e non
certo come formula dell’alchimia politica. Quella che chiamo
convergenza è una cultura sistemica che si nutre del senso del
limite, della finitezza e del bisogno dell’altro e può ricevere una
spinta da questo doloroso passaggio attraverso il deserto E’ qui, io
credo, la vera alternativa di valore al berlusconismo e al leghismo,
che invece si fondano sulla cultura della competizione e si nutrono
della guerra di tutti contro tutti.
Non partiamo affatto da zero. Fra gli ambiti in
cui la cultura della convergenza ha animato i processi di
trasformazione voglio farne presente uno in cui sono stato e sono
inserito e di cui quindi ho viva esperienza. Si tratta dello storico
cambiamento di paradigma sociale e culturale nel rapporto fra mondo
operaio e mondo cattolico ecclesiale: dalla contrapposizione al
dialogo alla contaminazione all’integrazione nell’ambito di visioni
del mondo, di modi di vivere, di valori. E’ un processo che si è
sviluppato per tutto il secolo scorso ma che ha avuto una forte
accelerazione nella resistenza, si è sviluppato durante la guerra
fredda in forma un po’ sotterranea e fiorirà nel periodo del
“dialogo alla prova” e nella stagione conciliare, s’ingrotterà nel
tempo della restaurazione, negli anni di piombo e nel
rimbecillimento degli anni ’80, fino a riemergere nella grande
stagione dei diritti globali e dei nuovi movimenti come unica
prospettiva di cambiamento, fino a sfociare nella ricerca attuale di
nuove sintesi politiche.
Quel processo dalla contrapposizione alla
integrazione non nasce come obiettivo politico, non è dettato dalle
cattedre e dai luoghi del potere, è invece radicato nella coscienza
profonda delle persone in carne ed ossa, nella loro vita reale, nel
profondo dei loro rapporti, nella loro fatica, nel lavoro, nelle
mani, negli ideali e nei sogni. Basta pensare ad esempio all’idea
del “Cristo socialista” che ha in parte animato la nascita stessa
del socialismo
Un stimolo in questa direzione viene ora dal
tema del Convegno delle comunità cristiane di base, aperto a tutti e
ospitale:
“Società sobria equa e solidale. Culture e pratiche dal basso”. Si
svolgerà a Castel San Pietro Terme (Bologna) nei giorni 25-27 aprile. L’intento è
quello di prendere meglio coscienza della violenza insita
nell’attuale modello di sviluppo, nelle sue strutture economiche e
politiche, nelle dimensioni culturali e in quelle del sacro più
sottili e più pericolose. Ma l’obiettivo più ambizioso del Convegno
è quello di scoprire e valorizzare le esperienze, le vie
percorribili, le pratiche capaci di inserirsi nelle contraddizioni e
negli interstizi dell’attuale sistema di dominio, in modo da aprire
varchi e sentieri orientati alla costruzione di un’economia, di una
politica e di una vita ecclesiale partecipative, di condivisione
solidale, promotrici dell’integrità ecologica e della liberazione da
ogni alienazione.
Enzo Mazzi
CdB dell'Isolotto
Firenze 22 aprile 2008
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