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ROSARNO - CASTEL VOLTURNO: PASSATA È LA BEFANA

... è questo il tragitto “crudele” che parte degli africani cacciati/fuggiti da Rosarno hanno fatto il giorno dopo la Befana che, per una ironica quanto crudele sorte,  “tutte le feste si porta via”.

Un anno dopo i tragici avvenimenti di Castel Volturno siamo nuovamente chiamati a riflettere sulla nostra capacità di convivenza e accettazione verso i “foresti”, in particolare quelli che maggiormente assumono nel nostro immaginario questo ruolo.

Sembra che i fatti di Rosarno siano stati innescati da un negro che con una “pisciata” fuori luogo ha acceso la miccia scatenando il malumore che covava negli abitanti del luogo.

Di fatto le ragioni sono ben altre, anche se ancora abbastanza oscure, ma forse collegate a quanto avvenuto qualche giorno prima a Reggio Calabria dove una bomba è esplosa davanti alla Procura.  

La criticità di una convivenza - derivante dalla massiccia presenza di braccianti in prevalenza africani nella piana di Rosarno - fortemente condizionata da una situazione ambientale deteriorata dalla opprimente presenza di una malavita organizzata, ormai tra le più crudeli al mondo, ha fatto da detonatore ad una situazione esplosiva in cui la differenza di culture e abitudini sociali e comportamentali era ormai diventata difficilmente sostenibile.

Come spesso in questi casi gli “errori” da ambo le parti si coagulano fino  a realizzare un combinato ingestibile di comportamenti e reazioni incontrollate.

In un contesto simile la violenza contro gli immigrati e l’atteggiamento xenofobo sono spesso un modo, che poco ha a che fare con la presenza degli immigrati, per sfidare l’ordine dello stato e le sue istituzioni.

Gli immigrati, bianchi o neri che siano, hanno abitudini spesso conflittuali – nel bene e nel male - con le nostre.

Sono - in particolare gli africani - curiosi, chiacchieroni, allegri ma anche, chiassosi, sporchi (non sempre per negligenza), difficilmente assimilabili, e sopratutto poco “rispettosi” del nostro “essere in casa nostra”.

E quando sono neri è più facile identificarli, “additarli” a minaccia sociale e politica, aiutati anche dal nostro immaginario fiabesco e popolare: l’uomo nero e la pecora nera,...

Pur sapendolo, troppo spesso facciamo finta di ignorare che l’immigrato quasi sempre non ha una casa ed è costretto a vivere in condizioni spesso peggiori (considerato il contesto italiano) di quelle di provenienza.

Ci rubano il mestiere. Mestieri che sempre più frequentemente rifiutiamo perché faticosi, sporchi, umilianti, ma soprattutto spesso gestiti da un malaffare che ci ha troppo a lungo oppresso, ma dal quale non ci siamo liberati.

La splendida lezione di Di Vittorio, nata proprio tra i braccianti agricoli del meridione sembra purtroppo ormai dimenticata.

E questi fatti sono la cartina al tornasole della nostra attuale sconfitta.

Quella di una nazione che non ha saputo realmente emanciparsi da un giogo che tuttora tiene in scacco almeno tre ragioni nelle quali lo stato e le istituzioni sono incapaci di fronteggiare situazioni che si trasformano costantemente in emergenze siano esse i rifiuti, piuttosto che la buona amministrazione, l’acqua o la sanità.

E purtroppo neppure il fatto che gran parte dei braccianti africani fossero cristiani – alcuni di loro frequentavano le parrocchie del luogo – è in qualche modo servito a far si che almeno una parte della popolazione si dissociasse da quanto è accaduto.

Solo la voce isolata di alcuni e di qualche parroco ha debolmente squarciato il velo di ipocrisia e di finto antixenofobismo sfociato nella manifestazione di lunedì 11.

Lotta alla 'ndrangheta e difesa dei diritti sono le due facce della medesima moneta.

Una moneta che ci auguriamo possa rivalutarsi attraverso l’impegno di chi già ora in quelle terre combatte faticosamente e in solitudine, ma sopratutto attraverso una nuova consapevolezza che ci sono molte altre Rosarno sparse nella nostra penisola e nelle quali il nostro impegno non può ridursi a quella solidarietà di facciata che troppo spesso è stato l’unico contributo contro l’avverarsi di fatti simili.

 

Massimiliano TosatoCdB di Bologna

Bologna, 13 gennaio 2010


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