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IL DUPLICE SCANDALO DI PAPA RATZINGER

Filippo Gentiloni

il manifesto 26 agosto 2009

 

Non si è spenta l'eco del discorso del papa di qualche giorno fa all'Angelus. L'equiparazione fra nichilismo e nazismo ha scandalizzato profondamente, anche al di là della reazione amareggiata di Adriano Sofri su La Repubblica e di quella di Paolo Flores d'Arcais sulle nostre pagine.

Duplice il motivo dello scandalo: da una parte la ambiguità della considerazione del nazismo, dall'altra il disprezzo e la condanna del nichilismo. Su questo disprezzo vale la pena di riflettere ancora: si tratta, infatti, di un discorso tipico della propaganda cattolica e della maniera cattolica di affrontare il mondo e la cultura contemporanei. Un tema e un discorso che papa Ratzinger eredita dalla polemica cattolica antica e moderna e rilancia con decisione ed energia.

Un discorso che non è difficile compendiare. Si constata la diffusa immoralità del mondo contemporaneo nonché la scarsità dei mezzi disponibili per fronteggiarla e correggerla. Si passa poi, immediatamente a indicarne le cause. Anzi, la causa: la mancanza di un'etica stabile e sicura, accettabile da tutti. Tale mancanza è - sarebbe - dovuta alla mancanza di una legge morale universale, con il suo legislatore, inevitabilmente Dio. Proprio quella legge che la chiesa cattolica annuncia e proclama, ma senza essere sufficientemente ascoltata. Ovvia la soluzione-conclusione: ascoltare la voce di Dio, proclamata da Roma. Tutti, credenti e non. Altrimenti l'inevitabile successo del nichilismo e della immoralità diffusa.

La via verso il nichilismo è proprio il relativismo: se tutte le vacche sono nere, non c'è rimedio alla diffusa immoralità.

Dunque l'unico rimedio al disastro è dunque la fede in un Dio legislatore universale, proprio quella fede che Roma proclama.

Contro questa fede non è facile argomentare. Il mondo laico è in imbarazzo. Si possono, comunque, indicare due tipi di ragionamento, due percorsi già presenti del dibattito di questi giorni, ma che vale la pena di approfondire.

La prima via è indicata, fra gli altri, da Vito Mancuso. Si tratterebbe di accettare la necessità del supremo legislatore, ma togliendo al concetto di Dio alcuni aspetti che sembrano difficili da far rientrare nella cultura contemporanea. Mancuso preferisce insistere sul concetto di spirito invece che di Dio. Per molti - anche per Flores d'Arcais, un «escamotage» difficile da accettare, una soluzione insufficiente. Comunque non si può negare che il dibattito su una presunta legge naturale conduca inevitabilmente a interrogarsi sul concetto di Dio e sul suo presunto ruolo di fondamento dell'etica. Una eterna discussione irrisolta.

Forse è più feconda un'altra strada, quella che accetta il dubbio e il cammino senza sicurezze. Un'etica affidata alla ragione umana e al percorso degli uomini che si confrontano e si correggono a vicenda. Una posizione difficile, ma sostenuta da molti, credenti e non. Fra gli studi più recenti, segnalo il dialogo «Libertà» firmato fa Dario Antiseri e Giulio Giorello (Bompiani).

Antiseri cita Ratzinger: «Nell'uomo c'è un inestinguibile desiderio di infinito. Nessuna delle risposte che si sono cercate è sufficiente: solamente il Dio che si è reso finito per infrangere la nostra finitezza e condurla nella dimensione della sua infinità è in grado di venire incontro alle esigenze del nostro essere». Dunque soltanto Dio sarebbe a garanzia della verità.

Ma Giorello, invece, cita Pascal e Kierkegaard e tutti i sostenitori del valore del dubbio: «Dal punto di vista cristiano la fede abita nell'esistenziale. Dio non si è esibito in veste di docente che ha alcune tesi: no, prima bisogna credere e poi comprendere». E ancora Giorello: «Il relativismo, a differenza dello stereotipo popolare, non coincide affatto con la notte in cui "tutte le vacche sono nere". Piuttosto, è l'atteggiamento che contesta che una qualche credenza o forma di vita si arroghi il monopolio della verità e della giustizia».

Spazio, dunque, alla laicità e al relativo che la accompagna, contro le pretese degli assoluti.