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Filippo Gentiloni

LA CHIESA TRA MEDIA E FEDE

il manifesto, 7 dicembre 2008

 

Mai come in questi giorni le autorità cattoliche sono state presenti nei mass media: titoli dei libri e soprattutto dei giornali. Fra l'altro l'opposizione alla carta delle Nazioni unite sui diritti dei disabili e il no alla depenalizzazione della omosessualità proposta dalla Francia.

Ultima la polemica sui tagli statali alle scuola cattoliche. Per non parlare, poi, del caso Englaro e del testamento biologico, della polemica sul Crocefisso in Spagna, eccetera.

Se il Vaticano teme soprattutto l'invisibilità e la riduzione a una morale soltanto privata, bisognerebbe parlare di un successo. Ma si tratta veramente di un successo, misurabile non dai mass media ma dal messaggio evangelico? Se ne può dubitare e è giusto discuterne.

L'altra faccia della medaglia è, forse, meno vistosa ma non meno preoccupante: crisi dei matrimoni in chiesa, crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose, diminuzione costante della frequenza alla messa e così via.

Segnali, dunque, contrastanti. Rivelatori, comunque, di una tendenza dei vertici cattolici di questi anni, nonostante il Concilio.

L'insistenza è soprattutto sulla morale sessuale e familiare: il cattolicesimo paladino di un tipo classico di famiglia che sarebbe «naturale», valida cioè per tutti i tempi e tutti i paesi e le civiltà. Un codice che, secondo Roma, esige l'appoggio degli stati e dei governi, ai quali Roma, da parte sua, offre il suo appoggio. Si cammina decisamente verso una «religione civile» forte di un abbraccio fra stato e chiesa (cattolica). Roma si assicurerebbe, così, quella pubblicità e visibilità a cui tiene soprattutto. Che il peccato sia anche reato.

Ma molti interrogativi si aprono. Fra gli altri quelli sul rapporto con le altre religioni, soprattutto l'islam. E Obama sarà d'accordo? E soprattutto come conciliare questa tendenza alla «civil religion» con le pagine del vangelo?