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Enzo Mazzi

CHIESA, DALL'ALTO NESSUNA SPERANZA DI CAMBIAMENTO

Il manifesto 11 maggio 2010

Viste dai luoghi del non-potere le polemiche interne all'alta gerarchia cattolica appaiono come una diatriba folcloristica. Ha fatto scalpore, ma solo per gli addetti ai lavori, l'attacco polemico del card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, contro l'ex segretario di stato Angelo Sodano. Schönborn è stato allievo di Ratzinger, gli è stato vicino nel lungo lavoro di redazione del nuovo Catechismo ed è tutt'ora affine alla sua impostazione teologica. Il cardinale di Vienna deve aver ricevuto una potente frustata dalla sua base ecclesiale, quella chiesa austriaca da tempo in posizione critica nei confronti della restaurazione anticonciliare dei vertici vaticani. Ed ha preso la decisione di esporsi pubblicamente accusando il potente Sodano di aver coperto gli abusi sessuali del  clero e di aver pensato più al buon nome dell'Istituzione che ai diritti delle vittime. Si può vederci uno spiraglio di apertura alle dinamiche democratiche. Ma la speranza che dall'alto possa venire un serio cambiamento in senso evangelico è molto esile, se non nulla. Che fiducia può avere negli uomini di potere la base ecclesiale impedita di ogni espressione che non sia obbedienza supina? La sfiducia verso la gerarchia cattolica si lega alla sfiducia verso le cricche di potere mondano, alla sfiducia dei giovani eternamente precari considerati nulla negli stessi luoghi della ricerca scientifica, gli operai su cui si scarica la competizione liberista senza voce alcuna nei luoghi della produzione, gli insegnanti senza strumenti per influire su programmazioni didattiche decise da burocrazie senza volto e ostacolati nella sperimentazione di forme democratiche di condivisione del sapere, gli anziani relegati nelle discariche sociali e le donne private in quanto genere perfino del potere di decisione sul proprio corpo e sulla capacità generativa, colpevolizzate, esautorate e zittite nella società, nella politica e soprattutto nella Chiesa che nega loro l'accesso al sacerdozio proprio in quanto donne. Ma papa Giovanni? La sua genialità e ispirazione profetica sta tutta nell'essersi smarcato dalla ragnatela del palazzo. Eletto papa ben presto Roncalli si accorse che egli, dal centro, poteva solo reprimere e soffocare. La riforma della Chiesa non poteva partire da lui. Non voleva essere un papa riformatore. E concepì il Concilio proprio per rompere il centralismo romano, liberare le esperienze conciliari delle periferie e dare spazio ai «segni dei tempi». La carriera di diplomatico  aveva portato Roncalli a contatto con alcuni snodi storici cruciali del dopoguerra: la Bulgaria e la Turchia delle frontiere ecumeniche col mondo ortodosso e islamico, la Francia delle parrocchie missionarie e dei preti operai e infine l'Italia dell'opposizione all'assolutismo e all'anticomunismo pacelliano. Ma ormai diviene sempre più chiaro che l'attuale struttura ecclesiastica è una fortezza-prigione totalmente impenetrabile, capace di annullare ogni buona volontà riformatrice. Il Vangelo lo vediamo vissuto fuori dalle strutture ecclesiastiche, nei luoghi del non-potere, della insignificanza, della emarginazione, della povertà e della lotta contro l'ingiustizia. Un cambiamento della Chiesa in senso evangelico può venire solo dal basso o dalla periferia che si avvia, sempre più coscientemente, a divenire soggetto storico della ineludibile riforma della Chiesa.

 


Giova ricordare che un mese prima Enzo Mazzi aveva scritto:

 

Enzo Mazzi

LA CHIESA HA UNA SOLA STRADA: LA CHIAREZZA

l’Unità 11 aprile 2010

Le vittime della pedofilia del clero chiedono che il papa apra finalmente gli archivi vaticani e quelli diocesani. Piena luce e non solo parole o provvedimenti tardivi contro gli abusi: è questa la richiesta pressante che sale da tutto il mondo. E non soltanto dalle vittime dirette. Tutti ci sentiamo e siamo in qualche modo vittime di questo immenso scandalo che investe la Chiesa cattolica con una progressione impressionante. E tutti chiediamo luce. Sin dal medioevo l'impresa araldica dei Papi fa vedere - insieme allo stemma di famiglia o personale del pontefice - due chiavi, in segno della trasmissione di ciò che viene formalmente denominato il "potere delle chiavi". E le parole di Cristo a Pietro, "A te darò le chiavi…" sono scritte in nero su oro con lettere cubitali sul cornicione della navata della Basilica di S. Pietro. Ebbene, è il momento di usarle queste chiavi non solo per condannare o assolvere i peccati del mondo ma anche per sradicare quelli della Chiesa incominciando con l’aprire la segretezza degli archivi.

E’ ormai sentire comune che sia un grande errore questo imponente arroccamento in difesa dell’istituzione ecclesiastica e della persona del papa. Anzi è l’errore di fondo. Non è l’istituzione o la gerarchia che va difesa ma le vittime. C’è un dissenso diffuso verso questa ostensione di potere da parte dei vertici vaticani, come fossimo ancora in pieno medioevo al tempo degli scontri fra papato e impero. E’ un dissenso che penetra, per ora larvatamente, fra gli stessi vescovi. Si manifesta solo in alcune situazioni più aperte. Ad esempio in Francia dove l’arcivescovo di Poitiers, mons. Albert Rouet, esplode scrivendo su Le Monde del 4 aprile. “Ogni sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato è un pericolo. Quando una istituzione, compresa la Chiesa, si erge in posizione di diritto privato e si ritiene in posizione di forza, le derive finanziarie e sessuali diventano possibili. E' quanto rivela l'attuale crisi e tutto questo ci obbliga a tornare all'Evangelo: la debolezza del Cristo è costitutiva del modo di essere Chiesa. Bisogna scendere dalla montagna, scendere in pianura, umilmente”.

Sono anni che la chiesa conciliare dice queste cose. Il cardinale Giacomo Lercaro, nel 1967, fu “dimissionato” da vescovo di Bologna per aver detto cose simili. Da allora fu uno stillicidio di rimozioni, sospensioni, scomuniche contro comunità e preti che praticavano e annunciavano la dimensione profetica della povertà, della debolezza, della trasparenza, della democrazia di base, del non-potere. Mentre verso i preti pedofili si usava “cura paterna”, si coprivano i loro misfatti e si lasciavano sconsideratamente in mezzo ai bambini.

La chiesa dei Lercaro e delle comunità di base fu chiamata dispregiativamente “chiesa del dissenso”. E’ venuto forse il tempo del suo riscatto. Se la Chiesa cattolica vuol rinnovarsi non resta che affidarsi alla dimensione profetica tenuta viva da queste realtà che si rivelano una grande risorsa.