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Beppe Manni

PRETE ASSASSINO

Gazzetta di Modena, 29 dicembre 2009

La sera della vigilia di Natale il parroco di Brodano di Vignola (MO), don Giorgio Panini di 57 anni, dopo un furibondo litigio ha ucciso con venti coltellate un vecchio amico e ferito gravemente sua moglie. E’stato fermato dal figlio che ha colpito il prete con un candelabro. La famiglia ospitava don Giorgio nella propria villa, da venti anni.

 Il fatto ha suscitato un enorme “scandalo”. A Modena e in Italia.

Non è solo pettegolezzo pruriginoso, ma una risposta proporzionata alla figura del prete cattolico costruito e proposto come, superman, un uomo perfetto. Quando l’idolo cade non c’è solo scandalo, ma sdegno e disprezzo.

Mai pietà e misericordia.

Questo fatto di sangue, ma anche gli episodi che riguardano episodi di pedofilia dei preti, sollecitano alcune riflessioni.

Un mese fa quando si è scritto su questo giornale della situazione dei sacerdoti a Modena in occasione dell’anno sacerdotale, ci eravamo ripromessi di approfondire anche l’aspetto psicologico della crisi del prete oggi.

Solo nel cattolicesimo, il capo religioso è un “sacerdote” sacra dans, una persona sacra, lontana dal popolo, senza famiglia, mestiere e senza casa. Non ha amici ma solo fedeli. Veste una divisa riconoscibile, tonaca o clergyman, si chiama don (dominus), monsignore, eccellenza, eminenza o santità: padrone, colui che eccelle, che sta sopra, che è santo. E’ l’uomo del sacro, dotato di poteri straordinari e terribili. Battezza, consacra il pane e il vino, assolve i peccati, benedice. I suoi gesti operano ex opere operato, producono “qualcosa” automaticamente quasi “magicamente”. L’infallibilità del Papa emana fino a lui. Come ad un oracolo si chiedono responsi e risposte sicure su tutto.

E poi il sacerdote è obbligatoriamente casto o celibe. Se negli anni cambia la decisone iniziale, non può affezionarsi a una donna e farsi una famiglia. Né avere una relazione omosessuale. Tutto deve rimanere segreto, con la paura di ricatti e scandali. Se nascono dei figli i prezzi sono pagati specie dalla donna e dai figli ai quali non viene riconosciuto nessun diritto.

Deve essere obbediente il prete cattolico, non solo perché lo ha promesso al vescovo il giorno dell’ordinazione, ma perché dipende in modo completo finanziariamente dalla curia e all’interno della chiesa non esiste la democrazia. Possibilità di vero dibattito. Al massimo gli è permesso la mormorazione ma non l’affermazione apertis verbis delle proprie opinioni.

Il prete sessantenne di oggi, come don Giorgio, è stato preparato da 13 anni di seminario. Dall’età di 11 anni.

Tutto questo nel prete crea una doppia o tripla personalità. Da una parte l’uomo dalla veste nera “don Pietro”, deve corrispondere alle attese dei parrocchiani che lo vuole disponibile, preparato, senza famiglia, virtuoso e sempre sorridente. E’ prete 24 ore su 24.  Dall’altra c’è “Pietro” l’uomo come tutti gli altri intrappolato in una maschera pirandelliana, con tutte le esigenze di uomo vivo, con i suoi progetti, sentimenti e passioni. Da tenere sorvegliate. Cercando con fatica di perseguire gli ideali di gioventù attraverso la preghiera e il controllo della direzione spirituale e della presenza dei “fedeli”. E’ un uomo profondamente solo.

In misura simile anche se meno eclatante, il discorso vale per le donne-suore.

E se a un certo punto gli equilibri saltano, le barriere si incrinano e le idealità o addirittura la fede vengono messe in dubbio? Non ci sono molte vie di fuga. Allora può capitare di tutto. Crisi, depressione. Affari economici non sempre corretti. Anche gesti inconsulti come l’aggressione e il suicidio.

Senza minimamente giustificare gesti criminosi come quello di Vignola, bisognerebbe cercare anche altre responsabilità.

E allora verrebbero in mente parole non solo di condanna, ma di pietà e forse di comprensione. Anche tenendo conto del bene che questi preti e gli altri sacerdoti avevano fatto e stanno facendo.

Le autorità religiose dovrebbero cambiare progressivamente la figura e il ruolo del prete. Riportarlo in terra, tra gli uomini, togliere dalle sue spalle il grave peso che gli hanno messo sul groppone in mille anni di storia. Farlo diventare un uomo comune. Normale. Libero di scegliersi la propria vita in ogni stagione della sua esistenza.

Un uomo che vale per la sua testimonianza non per i titoli dei quali lo hanno caricato.

Anche dio nel natale si è fatto uomo, lontano dai recinti del tempio e dei palazzi.

Solo così saranno liberate tutte le potenzialità di chi sceglie di fare il pastore.

E saranno aperte le porte a uomini e donne che desiderano partecipare alla meravigliosa avventura di chi decide di regalare la propria vita o una parte di essa agli altri, a noi.