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Beppe Manni

C’È UN TEMPO PER FARE LA MAMMA E UN TEMPO PER FARE LA NONNA

Gazzetta di Modena, 14 novembre 2010

Dai risultati dell’indagine annuale dell’ufficio di Statistica del Comune di Modena. L’anno scorso i matrimoni sono stati 589 dei quali 345 civili e 235 religiosi.  Venti anni prima i matrimoni erano stati 785 dei quali 234 civili e 785 religiosi. Ancora: mediamente un giovane si sposa a 36 anni una ragazza a 33. Sono dunque diminuiti i ‘matrimoni’, ma come sappiamo sono aumentate le convivenze. Molti giovani decidono di ‘mettere su casa’ senza il sigillo giuridico né dello stato né della chiesa. Ad un primo esame questi risultati sembrano indicare una certa incapacità dei giovani ad assumersi responsabilità. Ma forse sono il segnale di una maggiore libertà e perché no di una maturità anche superiore di coloro che scelgono matrimoni ufficiali dove si sperperano migliaia di euro in una sola giornata, obbligando le famiglie a indebitarsi.

Sono aumentati i matrimoni civili e dimezzati i matrimoni religiosi. E’ un buon segno se questo vuol dire scelta responsabile, maggiore laicità e meno ipocrisia. Ma teniamo conto anche che sono aumentati i matrimoni tra italiani e stranieri o tra divorziati che se non hanno ottenuto la dichiarazione di nullità dal tribunale ecclesiastico, non si possono sposare in chiesa.

Più preoccupante  invece è l’età media dei giovani che si sposano: 36 anni i maschi e 33 anni le femmine. I giovani per le attuali incertezze lavorative, non si sentono pronti a formare una famiglia e quindi almeno per la generazione attuale, i giovani restano più lungamente nella famiglia di origine. Gli stranieri invece si sposano molto giovani non solo per le loro tradizioni e per la loro cultura, ma perché trovano in una nuova famiglia un luogo sicuro nell’ambiente spesso ostile che li circonda.

Legato a questa riflessione è la scarsa natalità nelle giovani famiglie. Le politiche familiari italiane, sono molto carenti e non aiutano certamente i giovani a procreare, spostando oltre i 35 anni la decisione di mettere al mondo il primo e spesso unico figlio. Ma, come direbbe Qoelet, c’è un tempo per fare le mamme e un tempo per fare le nonne…

Questi risultati sono certamente allargabili a gran parte dell’Italia e sono usciti mentre si concludevano i lavori della II Conferenza Nazionale della Famiglia tenuta a Milano dall’8 al 10 novembre. Purtroppo sui giornali sono apparse solo le polemiche nate intorno alle discutibili affermazioni del ministro Sacconi e del ministro modenese Carlo Giovanardi chiamato a sostituire Berlusconi nell’apertura del convegno. Conosciamo un Giovanardi per certi versi attento alle problematiche familiari e giovanili e ci spiace che si sia lasciato trascinare in polemiche che rischiano, per il desiderio di voler appoggiare certe posizioni della gerarchia, di sviare ancora una volta l’attenzione dai reali problemi delle famiglie. Nel convegno infatti è stata fatta a più voci, un’analisi approfondita sul ruolo della famiglia nella società italiana, sui servizi, sul ruolo della donna nell’assistenza e nella cura di anziani e minori; sull’educazione dei  figli; sull’ affido e sulle adozioni; sul lavoro giovanile e femminile ecc. Il card Tettamanzi ha affermato che “la bontà di un albero non si riconosce dalle radici ma dai frutti”.

E mentre si siccute sul tipo di famiglia tradizionale o no, sulle copie di fatto e sulle biotecnologie,  si rischia di non sostenere i giovani che si impegnano a creare nuovi nuclei familiari capaci di accogliere i figli.