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LISCIA, GASATA O PRIVATIZZATA?

 

E’ o no l’accesso all’acqua un diritto universale al pari dei diritti economici, sociali e culturali oggetto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo di cui il 10 dicembre celebriamo il sessantesimo anno? E’ o no l’acqua un bene comune, un bene sociale da condividere e per questo da sottrarre alla logica del profittodelle società private in particolare dalle avide e ingorde multinazionali come Acea, Bude, Hera, A2A, Suez, Ve-Olia? E’ vero o è falsa la convinzione che solo una gestione privata dell’acqua garantisce un uso adeguato di essa da parte delle donne e degli uomini delle nostre piccole e grandi città? Questi gli interrogativi, le problematiche che venerdì 7 novembre 2008 nella sala di rappresentanza di Palazzo Tursi sono state al centro dell’incontro dal titolo “Acqua: Genova come Parigi” organizzato dal Comune di Genova in collaborazione con varie associazioni tra cui l’Arci , Legambiente e Attac italiano.

Da una parte Genova, città democratica e di sinistra, che dal 2006 con Torino ha dato vita a Iride Spa, una multiutility che si occupa di acqua, gas, energia, una multiutility controllata per il 58,2 % dalla Finanziaria Sviluppo Utility, a sua volta controllata pariteticamente dal comune di Torino e di Genova e per il restante 41,8 % da diversi azionisti tra cui San Paolo Imi Spa. Con quali risultati? Incremento di dividendi, investimenti finanziari in Sicilia, incremento consistente di tariffe, scarsi investimenti per arginare le perdite idriche e il paradosso che se i cittadini volessero ridurre gli sprechi e consumare di meno degli attuali 250 litri di acqua al giorno a testa, le tariffe potrebbero essere aumentate di più, secondo la perversa logica privatistica e affaristica secondo la quale più si consuma più si fanno profitti.

E’ quanto, del resto, ha messo in luce il dossier dell’Osservatorio prezzi e tariffe di cittadinanza attiva dove si dice che nel 2007 le famiglie italiane hanno speso in media circa 230 euro in più, mentre l’Istat, nel rapporto sullo stato degli acquedotti 2008, segnala un regresso nella capacità di distribuzione della rete idrica confrontata con i livelli del 1999.

Dall’altra parte Parigi, come altre città della Francia, si sta attrezzando per uscire dalla logica della privatizzazione e ritornare ad una gestione municipalizzata dell’acqua. Anne Le Strat, presidente generale di Eaux de Paris, ha detto con chiarezza e fermezza che i limiti, le diseconomie, le disuguaglianze provocatedalla precedente gestione dell’acqua hanno indotto il governo pubblico della città ad intraprendere un nuovo corso; e tutto ciò è stato fatto e si sta facendo con la partecipazione della cittadinanza, con il débat public che non solo mira a far comprendere che la gestione del servizio idrico ha a che fare con un diritto e non solo con un bisogno primario della cittadinanza ma serve a costruire una consapevolezza matura dell’uso, del consumo e del costo dell’acqua, costo differenziato a seconda delle fasce di reddito della popolazione in modo che l’accesso all’acqua sia garantito a partire da uno standard base uguale per ogni cittadino/a. Di qui la decisione che si sta per assumere entro il 31 dicembre 2008 e cioè alla scadenza dei contratti con le società private di riportare sotto la gestione municipale il servizio idrico che sarà sotto la vigilanzadi un comitato di cui fanno parte rappresentanti del governo cittadino e della società civile.

Ma noi in Italia dobbiamo fare i conti con l’articolo 23bis, inserito come modifica apportata in sede di conversione al decreto legge 25 gennaio 2008 n. 112 e approvato, mentre gran parte delpaese era in vacanze, nel silenzio pressoché generale dei media e con la complicità delle forze politichedi governo e di opposizione, alla Camera il 6 agosto scorso (legge 133/2008 ) . La suddetta norma praticamente impone ai governi locali di mettere a gara la gestione di servizi pubblici locali “a rilevanza economica” compreso il sevizio idrico, imposizione peraltro che non contempla, contrariamente a quanto espresso dalla Direttiva Europea, la possibilità di mantenere le municipalizzate, come ha sottolineato Marco Bersani in suo intervento molto puntuale e fortemente critico nei confronti dei processi di privatizzazione più o meno mascherate messi in atto dai vari governi succedutesi negli ultimi 15 anni in Italia.

Quali le posizioni espresse dai rappresentanti della Giunta comunale e provinciale di Genova presenti all’incontro? L’assessore alle risorse idriche del Comune, Carlo Senesi,ha espresso la sua personale convinzione che il servizio idrico e quello dei rifiuti va posto sotto il controllo e la gestione del Comune ma non ha potuto garantire che questo sia l’orientamento della giunta. L’assessore alle politiche dell’acqua della Provincia, Paolo Perfigli, invece, ha ripetuto più volte che i servizi pubblici vanno ispirati a criteri di efficienza e di economia, che la Provincia ha profuso un grande impegno per dare servizi di qualità, ma non ha mai accennato alla possibilità che la giunta provinciale possa almeno riflettere su un ritorno ad una gestione pubblica del servizio, e neanche ha dato risonanza al fatto che la Regione Liguriaassieme alle regioni Piemonte ed Emilia Romagna ha impugnato di incostituzionalità l’art.23 bis e che nei prossimi mesi ben 144 comuni della Lombardia faranno il referendum per l’abrogazione di alcuni articoli della legge regionale 19/2006 grazie alla quale si è stabilito l’affidamento ai privati dell’erogazione dell’acqua.

E’ per sconfiggere questa rassegnazione che a Genova si è formato un Comitato Provinciale Acqua Pubblica che ha raccolto 144.000 , dando un forte contributo alla campagna di raccolta delle 466.00 firme, a sostegno della legge di iniziativa popolare consegnata al parlamento nel 2007 ma lasciata nei cassetti.

E’ per sconfiggere la logica del “dado è tratto” che il 22-23 novembre, a due anni e mezzo dal primo Forum del marzo 2006,ad Aprilia si sono riunite le rappresentanze di tutte le mobilitazioni contro la privatizzazione dell’acqua presenti sul territorio italiano, in connessione con la Carovana per il diritto all’acqua, bene comune, che per due settimane ( 8-23 novembre ) ha attraversato quattro paesi centroamericani, Nicaragua, Honduras, Guatemala, Salvador. Infatti, come ha ribadito Maurizio Gubbiotti, della segreteria nazionale Legambiente, la lotta per il diritto all’accesso all’acquaè una lotta mondiale in quanto tocca la vita di milioni di donne e di uomini che vivono sul pianeta terra dove 700 milioni di persone sono alla sete, oltre 1 miliardo di esseri umani non hanno accesso all’acqua potabile, dove soltanto il 3% dell’acqua è potabile e di questo appena lo 0,7% è accessibile all’uso umano e per questo sempre più minacciato dal tentativo di accaparramento da parte dei più forti.

Se è così, quale l’impegno di coloro che dicono di essere alla sequela di Gesù di Nazareth? E’ quello, ha dichiarato don Andrea Gallo, di immergersi nelle mobilitazioni che sul territorio si vanno sviluppando perché si rafforzi il potere attivo della cittadinanza , capace di confrontarsi con i governi locali e di persuaderli ad un cambiamento di rotta, cambiamento possibile se siamo capaci di espandere la consapevolezza che il tema dell’acqua ha a che fare con la democrazia, con i diritti fondamentali delle persone. Don Gallo hachiuso l’intervento leggendo quanto mons. Infanti, vicario apostolico di Aysén in Patagonia, ha scritto nella Lettera pastorale dal titolo “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana”: “attraverso il tema dell’acqua ho scoperto l’intreccio diprofondiinteressi sociali etici, politici, religiosi, culturali, economici. Ho potuto capire la rotta della storia della nostra umanità, le politiche economiche in un mondo globalizzato, la vocazione e la missione dell’essere umano su questa terra, l’urgente e profetico ruolo del cristiano nella sua responsabilità di farsi strumento di Dio per la costruzione di un mondo di armonia, pace, giustizia, solidarietà ed equità. Infine ho scoperto l’intima relazione che deve esserci tra l’essere umano e Dio, tra l’essere umano e i beni della sua creazione”.

Un’utopia irrealizzabile? No, una sacrosanta chiamata ad un impegno attivo e creativo.

Peppino Coscione