Chi c’è dietro gli attacchi di Mumbai

di Enrico Piovesana
da www.peacereporter.net

Un attacco made in Pakistan o un affare tutto indiano? Chi sono i terroristi che hanno attaccato Mumbai?

La pista pachistana. I servizi segreti di Nuova Delhi puntano il dito contro il Lashkar-e-Toiba (Esercito dei Puri), il principale gruppo armato indipendentista kashmiro, sostenuti dai servizi segreti pachistani e legati ad Al Qaeda e al Movimento della Jihad Islamica (Huji).

L’attacco, secondo loro, sarebbe diretto contro la ripresa dei negoziati tra India e Pakistan per una soluzione del conflitto in Kashmir: proprio oggi a Nuova Delhi i ministri degli Esteri dei due Paesi si incontravano per riannodare le fila del dialogo.

L’ipotesi dei servizi indiani si baserebbe sulle confessioni di un terrorista catturato nella notte a Mumbai, un pachistano, che avrebbe raccontato di essere un membro del Lashkar-e-Toiba e di essere arrivato in città assieme ai suoi compagni via mare, a bordo di motoscafi, dalla città pachistana di Karachi.

Gli 007 indiani scartano quindi la pista del jihadismo domestico. Secondo loro l’email di rivendicazione dei Mujaheddin del Deccan (o Mujaheddin Indiani) – a loro dire inviata da un indirizzo IP russo – sarebbe falsa: un depistaggio orchestrato dai servizi segreti di Islamabad per coprire la reale matrice pachistana degli attacchi.

I dubbi degli esperti. A parte il fatto che lo stesso Lashkar-e-Toiba ha seccamente smentito ogni coinvolgimento nell’attacco, molti esperti di terrorismo islamico però non condividono affatto la pista kashmiro-pachistana-quedista dell’intellegence indiana.

“Gli indiani hanno tutto l’interesse ad accusare il Pakistan e Al Qaeda, ha presentare questi attacchi come l’11 settembre indiano, ma questa in realtà è una faccenda tutta interna”, ha dichiarato Chrtistine Fair, nota studiosa di terrorismo sud-asiatico alla Rand Corporation. “Gli attacchi a Mumbai non hanno nulla delle tipiche azioni del Lashkar-e-Toiba o di Al Qaeda, basate sugli attacchi suicidi, non sulla presa di ostaggi e su attacchi con fucili e bombe a mano”.

La pensa così anche Bruce Hoffman, esperto di terrorismo della Georgetown University e autore del libro ‘Dentro il terrorismo’: “In questi attacchi non c’è traccia del modus operandi di Al Qaeda”.

La pista domestica. A sostegno della pista interna – quella dei Mujaheddin Indiani (o del Deccan) – ci sarebbe un messaggio dello scorso 13 settembre, in cui il gruppo rivendica i precedenti attentati di Nuva Delhi, Ahmedabad, Bangalore e Jaipur e avverte che il prossimo obiettivo di un “mortale atatcco” sarà Mumbai e minaccia direttamente l’antiterrorismo indiano – il cui direttore è stato ucciso negli attacchi della notte scorsa. Il messaggio afferma la volontà di vendicare le crescenti persecuzioni contro i musulmani indiani, i violenti raid della polizia condotti nei mesi scorsi nelle periferie di Mumbai.
Secondo la già citata Chrtistine Fair, la radice degli attacchi di Mumbai è ancora più profonda: “I musulmani indiani si sono radicalizzati dopo i tragici eventi del 2002 in Gujarat. Il governo indiano rifiuta di riconoscere questa realtà, ma è così”.

Duemila musulmani indiani furono massacrati sei anni fa in Gujarat durante i pogrom anti-islamici scatenati da un attacco di estremisti musulmani contro un treno di pellegrini indù. Altri seicento indiani musulmani erano stati uccisi nel corso delle violenze religiose che sconvolsero proprio la città di Mumbai all’inizio degli anni ‘90 in seguito alla demolizione dell’antica moschea di Babri: la vendetta dei musulmani islamici arrivò con gli attentati di Mumbai del 12 marzo ‘93, costati la vita a 257 persone. Dietro quelle bombe c’era il potente mafioso terrorista indiano Dawood Ibrahim, che oggi vive a Karachi sotto protezione dei servizi segreti pachistani.