“Quell’Italia che ignora il Brasile”

di Fabio Porta
da www.musibrasil.net

Le relazioni del governo italiano con il paese verdeoro sono inadeguate in rapporto al ruolo internazionale di quest’ultimo. E carente appare anche l’attenzione per la comunità italobrasiliana. Se il 2008 è stato l’anno della visita del presidente Lula in Italia, il 2009 sarà quasi sicuramente l’anno della visita di Berlusconi in Brasile. Così sintetizzata, la relazione tra i due Paesi sembrerebbe non potere andare meglio, e proprio in linea con quanto auspicato dagli oltre 30 milioni di italodiscendenti brasiliani e da un plotone (fortunatamente sempre più folto) di “tifosi” del Brasile in Italia, convinti della necessità per il nostro Paese di un rapporto privilegiato e sempre più stretto con la potenza sudamericana.

In realtà, purtroppo, le cose non vanno proprio in questa direzione; la relazione con il Brasile non viene ancora considerata dai nostri governanti con la dovuta e adeguata attenzione che si deve ad una delle grandi economie emergenti del pianeta, mentre sul piano dei servizi e della valorizzazione della nostra grande comunità italobrasiliana la situazione è ancora peggiore.

La visita di Lula in Italia

A riprova della “disattenzione” italiana rispetto al Brasile cito alcune gaffe che hanno contraddistinto la visita del presidente Lula a Roma. Normalmente ad accogliere un importante capo di stato al suo arrivo a Ciampino è il ministro degli Esteri, in alcuni casi lo stesso presidente del Consiglio; nel caso del presidente del Brasile a rappresentare il governo era… il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, che ha riservato a Lula un discorsetto datato e retorico sui bambini che muoiono di fame in Brasile e sulla lotta alla povertà.
Il presidente del Brasile Lula e il ministro italiano delle Pari opportunità, Mara Carfagna

Il festival degli stereotipi sul Brasile non si è fermato ovviamente a Ciampino. A Villa Madama, la residenza della presidenza del Consiglio dove si sono svolti l’incontro e la conferenza stampa di Lula e Berlusconi, il nostro primo ministro ha pensato bene di fare una “sorpresa” all’incredulo collega brasiliano: da Milanello, con jet privato, sono arrivati i “suoi” giocatori di calcio brasiliani; il risultato è stato, oltre alla perpetuazione della banale equazione Brasile=calcio, quello di fare andare su tutte le furie gli altri giocatori brasiliani in Italia, a partire dalla nutrita pattuglia di romanisti (Doni, Cicinho, Taddei, Juan…). Infine, parlando con Lula, Berlusconi ha confermato il proprio desiderio di venire in visita ufficiale in Brasile, magari – ha aggiunto – a febbraio, mese del carnevale e delle ferie collettive di tutti i brasiliani (sarebbe come venire in Italia ad agosto).

Si tratta, si potrebbe osservare, di peccati veniali, di «carinerie», come suole dire proprio il nostro caro presidente del Consiglio. Può darsi, ma chi (come i lettori di “Musibrasil”) crede e sostiene da anni la tesi secondo cui il Brasile non può essere ridotto allo stereotipo carnevale-Ronaldinho-favelas, non può che ribellarsi a tutti quegli atteggiamenti che producono come conseguenza il rafforzarsi di tale immaginario collettivo; soprattutto se a farlo non è un semplice cittadino, ma i massimi rappresentanti del nostro governo.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi accoglie Lula insieme ai calciatori brasiliani del Milan

Non voglio con questa lunga premessa sminuire il grande valore politico e anche gli importanti risultati della visita del presidente brasiliano in Italia; gli incontri istituzionali con Napolitano e Fini, ma anche quelli con gli imprenditori e i sindacati sono stati momenti di altissimo livello sicuramente destinati a produrre effetti benefici nella relazione tra i due Paesi. Nel corso di tutti i suoi interventi in Italia il Presidente Lula ha insistito su tre temi: la crisi finanziaria internazionale e la necessità di un nuovo ordine mondiale, l’importanza di incentivare le relazioni commerciali ed economiche tra Italia e Brasile e – infine – la sempre più attuale discussione sull’immigrazione straniera in Europa.

Proprio riferendosi a questo ultimo punto, Lula ha in più di una occasione ricordato l’accoglienza che milioni di italiani hanno trovato nel corso del secolo passato in Brasile e quindi la straordinaria importanza e vitalità della presenza italiana in Brasile; nel corso dell’incontro con il presidente della Camera Fini si è anche parlato del grande numero di pratiche di cittadinanza italiana giacenti presso i consolati generali italiani in Brasile.

Il governo Berlusconi e gli italiani all’estero

E qui si apre un’altra pagina nera di questo 2008 che ci siamo lasciati alle spalle: per alcuni è stato forse l’anno nel quale l’Italia, con la manovra finanziaria presentata dal governo e approvata dal parlamento, ha chiuso definitivamente lo storico capitolo «italiani all’estero».
Il Museo di arte contemporanea dell’Università di San Paolo

Le risorse normalmente destinate a mantenere questo importantissimo legame con le nostre collettività di italiani e oriundi residenti all’estero sono state decurtate di quasi il 70 per cento; tagli profondi sui capitoli «lingua e cultura» e «assistenza», ma anche una generale riduzione degli stanziamenti per le nostre rappresentanze all’estero, con conseguenti gravissime ricadute sulla qualità dei servizi a favore della nostra comunità, come pure sulla diffusione della cultura italiana nel mondo.

Su tutti questi punti ho dato battaglia, nei limiti del possibile e delle mie prerogative di parlamentare, nella convinzione che servizi capillari, efficienti ed adeguati alla grandissima presenza della nostra collettività in Brasile siano necessari non soltanto a chi vive in questo enorme e straordinario Paese ma – soprattutto – all’Italia, che trarrebbe soltanto benefici diretti e indiretti da un più forte e organico rapporto con il Brasile e con la sua collettività ivi residente.

Alla fine del 2007 la finanziaria approvata dal governo Prodi aveva inserito, proprio con una particolare attenzione al Brasile, un incremento di risorse destinate all’organizzazione di una task-force presso i consolati sudamericani che consentisse di azzerare in pochissimi anni l’arretrato di pratiche di cittadinanza; questa misura è attualmente in corso di realizzazione, ma non è ancora partita del tutto a causa delle lentezze della macchina del nostro ministero degli Esteri e rischia di impantanarsi nei primi mesi del 2009 e addirittura di fermarsi prima di partire a causa della mancanza di risorse…

Visita della Federazione veneta presso il Consolato di San Paolo

Sugli istituti di cultura di San Paolo e Rio (gli unici, ahimè, di tutto il “continente” brasiliano) ho presentato una interrogazione urgente in commissione Esteri denunciando la grave riduzione dei fondi necessari alla loro sopravvivenza, anche a fronte della perdita cambiale avvenuta nel corso del 2008 a favore del real rispetto all’euro.

Il colpo finale del governo rispetto alla valorizzazione delle nostre collettività all’estero è stato dato con la decisione di rinviare le elezioni degli organismi di rappresentanza democratica, i comites, già previste per la primavera del 2009. Sarebbe stata una importante occasione per rinnovare tali organismi e svecchiare, anagraficamente e culturalmente, questi comitati, che se riempiti di entusiasmo e di rappresentanti competenti potrebbero costituire un importante volano nella strategia di mantenimento del rapporto tra l’Italia e l’Altra Italia e nel rafforzamento in prospettiva di tale relazione.

A questo punto la Conferenza dei Giovani italiani nel mondo, al quale hanno partecipato a dicembre una quarantina di bravissimi rappresentanti degli italobrasiliani, rischia di vedere mortifi
cate le proprie potenzialità di successo nel medio e nel lungo termine, dando cosi’ ragione a chi in Italia con cinica miopia l’aveva bollata come una «parata di fannulloni» (sic).

L’anno che verrà

Di fronte a questo scenario oggettivamente desolante, quali le prospettive per il 2009 e gli anni che ci stanno di fronte? Sono per natura un ottimista e anche davanti al quadro più nero non riesco a non trovare qualche segnale di fiducia e di speranza. Anzitutto perché la forza della relazione tra Italia e Brasile sta nella sua gloriosa storia di emigrazione prima, di integrazione poi, e di successo di una comunità che è riuscita a inserirsi producendo in tutti i settori (cultura, economia, politica, sport…) risultati straordinari.

In secondo luogo perché i numeri ci dicono che il Brasile sta crescendo, e continuerà a farlo a un ritmo nettamente superiore rispetto a quello di un’Italia anzi in recessione. E ciò significa per forza di cose un aumento dell’interesse e dell’attenzione del mondo della piccola e media impresa italiana rispetto a questa parte del mondo.

E poi perché credo fortemente a quel progetto sotterraneo che ogni giorno di più accomuna tanta parte della società civile, economica, politica del nostro Paese; “Musibrasil” è soltanto uno dei tanti esempi di questo variegato mondo italiano che, non da oggi, guarda al Brasile con occhi nuovi, lontano dagli abusati stereotipi e vicino a quel futuro che tutti vorremmo. E’ l’astronave di un futuro che – parafrasando Toquinho – tocca a noi pilotare verso il porto sperato.