Grameen bank: “la civilta’ della tenerezza”?

di Rosa Ana De Santis
da www.altrenotizie.org

La Grameen Bank, l’istituto del microcredito, arriverà in Italia. A dare l’annuncio, durante una conferenza stampa presso la Fondazione Cariplo a Milano, è stato Muhammad Yunus, premio nobel per la pace nel 2006, economista e fondatore della banca dei poveri. Il progetto è agli accordi finali e a sedersi intorno al tavolo ci sono, in qualità di partner, l’Unicredit e l’Università di Bologna, ateneo che ha sempre riconosciuto dignità accademica al pensiero dell’altromercato. Grameen Italia non è il primo caso di esportazione del progetto. Negli Stati Uniti conta già risultati che Yunus definisce “eccellenti”. Si potrà partire forse già da quest’anno e la congiuntura sfavorevole della crisi economica sarà probabilmente la cornice più difficile e nello stesso tempo il banco di prova più attraente per misurare il giusto valore di questo coraggioso esperimento dell’economia. Coraggioso e scientifico.

Va smentita infatti la tentazione di interpretare la Grameen Bank come grande Caritas: non c’è lotta autentica alla povertà finchè c’è elemosina. E’questo il primo dogma di Yunus. E il secondo, la prova più importante di tutte, non è una lezione cattedratica da università, non è sapienza libresca. E’ un fazzoletto di terra, piccolissimo e funestato da inondazioni e carestie senza speranza, ricamato da strade d’inferno dantesco dove il 40% della popolazione non arriva a soddisfare i bisogni di sussistenza giornaliera. Parliamo del Bangladesh, dove Yunus è tornato dopo gli studi negli Stati Uniti. Dove ha deciso di contaminare l’economia con i visi e le mani della miseria, nei villaggi rurali del suo paese, con lo spirito di un combattente contro la povertà. La storia inizia nel piccolo villaggio di Jobra, vicino all’Università di Chittagong, con un prestito di 27 dollari USA per le donne che producevano mobili in bambù.

Quello che hanno fatto Yunus e i suoi collaboratori non é stato soprassedere per zelo di eccezioni compassionevoli alle dinamiche procedurali dei prestiti bancari a vantaggio dei poveri, piuttosto invertirne la logica con una scelta alternativa iniziale: includerli, sfidando le regole storiche del mercato ordinario e preferendo sostituire il criterio della solvibilità – quello imperante e falsamente rivendicato dall’economia forte – con quello della fiducia. Proprio quella che è crollata definitivamente insieme alle borse e alle piazze degli affari, rosicchiata dalla crisi economica, denunciando senza scampo né attenuanti che é stata data alle persone sbagliate, senza regole di alcun tipo nell’ossessione sfrenata dell’arricchimento. Virtuale, incontrollato, spogliato da ogni orientamento etico-politico di proiezione pubblica, concentrato sulla singolarità e sull’affare personale, il cosiddetto libero mercato annaspa. Questa crisi è la crisi della fiducia, quella che ha globalizzato sulle spalle di tutti il debito di pochi: i più ricchi.

Il microcredito è oggi diffuso in oltre cento stati, ha insegnato qualcosa ai grandi esperti della Banca Mondiale, che hanno iniziato ad usarlo come metodo pilota di molti progetti di cooperazione, ha strappato dall’indebitamento permanente lavoratori che avrebbero passato la vita a vendere i prodotti finiti ai fornitori di materie prime al prezzo da essi stabilito, senza guadagno alcuno. Tutti i progetti che le banche tradizionali rifiutano per i rischi elevati che comportano, per l’assenza di garanzie di chi costituisce queste cooperative, per i “piccoli numeri”della loro incidenza la Grameen Bank li accoglie, con l’organizzazione e le regole di una banca a tutti gli effetti: consulenza per la gestione dei capitali, concessione di mutui, pianificazione dei rientri. E i numeri dei gruppi di solidarietà, che garantiscono la restituzione del prestito, dicono che funziona. Dal 1976 a oggi 5 miliardi di dollari e 5 milioni di richiedenti, il 90% dei prestiti sono per le donne: le più affidabili nella restituzione del denaro e le più capaci di coniugare il successo di un impresa economica con la dimensione collettiva, sia essa della famiglia o di una piccola comunità.

L’esperimento di Yunus sembra poter dare un lume di evidenza empirica alle analisi sulla povertà di Amartya Sen, tanto affascinanti sul piano filosofico da aver portato nella letteratura scientifica un nuovo indicatore della povertà e della ricchezza. A fare la differenza non è solo il PIL di un paese o il reddito individuale, ma quella miscela di scelte possibili che costituiscono le capacità dei singoli. Il concetto di capacità individuale, nuovo indicatore della ricchezza e del benessere – e quindi il suo sviluppo e la sua eccellenza – sono legati alla distribuzione dei vantaggi economici e non solo alla crescita aritmetica della ricchezza, consegnando tutto il primato delle decisioni alla politica. E’ qui che Sen e Yunus con due diverse esperienze culturali e di metodo, legati però dalla stessa sensibilità e da una vision assai simile, ci insegnano come il libero mercato per essere fedele a se stesso non possa progredire in totale autosufficienza.

Non può soppiantare la politica e i criteri correttivi che le competono per sopravvivere, allo stesso modo per cui in un contesto etico-politico di ispirazione liberale l’egoismo dei singoli non può svincolarsi in toto, anche solo per ragioni razionali di prudenza, dalla relazione con gli altri. Esiste una necessità quasi razionale, e non solo una velleità morale – secondo Nagel – di pensare l’altruismo nella società contemporanea. Questo può spiegare in buona parte il perché del successo del microcredito in Bangladesh a differenza di tanti fallimentari piani strutturali.
E’ presto dire cosa accadrà della Grameen Italiana. A cosa possa servire invece lo possiamo capire fin d’ora. A mettere sotto una lente d’ingrandimento le ragioni della crisi insegnando anche fuori confine come proprio la rimozione del criterio fiduciario nel sistema economico imperante ne abbia consentito la più sfrenata deregolamentazione a uso e consumo di pochi, compromettendo, alla fine della fiera, proprio il puntello della rigorosa solvibilità e finendo per mettere un cappio intorno al collo dei più poveri.

Il banchiere dei poveri ha mostrato senza edulcorazioni di sorta come il mercato si nutra di un’ingiustificabile oltre che inutile categoria di violenza. E’ probabile che il metodo del microcredito sia destinato a rimanere vincente nei piccoli numeri, non tanto per una difficoltà di esportazione fuori dal Bangladesh, rischio che sembra già sventato, ma per un inevitabile limite antropologico per il quale si riesce molto meglio – nei grandi numeri – a governare le ragioni del male, che non a valorizzare l’eccellenza del bene. E’ per questo forse che potremo fare poco altro che cercare quella che padre Alex Zanotelli ha definito la “civiltà della tenerezza”, continuando ad avvertire il senso di una nostalgia antica per non averla vista nemmeno un giorno.