24 marzo 1980

di María López Vigil

Da San Salvador Mons. Romero aveva sollecitato un’udienza personale con Giovanni Paolo II. E andò a Roma sicuro che, per quando fosse arrivato, tutto sarebbe stato sistemato. I curiali non volevano che incontrasse il Papa.

La domenica, dopo la messa, il Papa scese nel grande salone, dove lo aspetta una moltitudine per la tradizionale udienza generale. Monsignor Romero si era alzato molto presto per riuscire a mettersi in prima fila.

E quando il Papa passò salutando, gli afferrò la mano e lo trattenne. “Santo Padre – gli disse – sono l’arcivescovo di San Salvador e la supplico, mi conceda un’udienza”. II Papa acconsentì.

Monsignor Romero portò dei rapporti di tutto ciò che stava succedendo nel Salvador in una scatola e li mostrò ansioso al Papa appena iniziato l’incontro. “Santo Padre, qui potrà leggere lei stesso come tutta la campagna di calunnie contro la Chiesa e contro di me viene organizzata nella stessa casa presidenziale”. II Papa non toccò un foglio. Né aprì il fascicolo. Nemmeno chiese nulla.

Si lamentò soltanto. “Vi ho già detto di non venire carichi di tanti fogli! Qui non abbiamo il tempo di leggere tante cose”. Monsignor Romero rabbrividì ma cercò d’incassare il colpo.

In un’altra busta aveva portato al Papa anche una foto di Octavio Ortiz, il sacerdote che la Guardia aveva ucciso alcuni mesi prima insieme a quattro giovani. “Io conoscevo molto bene Octavio, Santo Padre, ed era un bravo sacerdote. L’avevo ordinato io e sapevo tutti i lavori in cui era impegnato. Quel giorno stava dando un corso sul Vangelo ai ragazzi del quartiere…”.

“Guardi, Santo Padre, come gli hanno spappolato la faccia…”. Il Papa fissò la foto e non chiese altro. Guardò poi gli occhi umidi dell’arcivescovo Romero e mosse la mano indietro, come volendo togliere drammaticità al sangue raccontato.

“Lo hanno ucciso tanto crudelmente, dicendo che era un guerrigliero…”, ricordò l’arcivescovo. “E per caso non lo era?”, rispose freddamente il pontefice. Qualcosa gli fece tremare la mano: doveva esserci un malinteso.

Seduti uno di fronte all’altro il Papa inseguiva una sola idea. “Lei, signor arcivescovo, deve sforzarsi di avere una relazione migliore con il governo del suo Paese”. Monsignor Romero lo ascoltava e la sua mente volava verso il Salvador, ricordando ciò che il governo del suo Paese faceva al popolo del suo Paese.

La voce del Papa lo riportò alla realtà. “Un’armonia tra lei e il governo salvadoregno sarebbe la cosa più cristiana in questi momenti di crisi…”. Monsignore continuava ad ascoltare. Erano argomenti con i quali, in altre occasioni, era già stato pressato da altre autorità ecclesiastiche.

“Se lei superasse le proprie divergenze con il governo, potrebbe lavorare cristianamente per la pace…”. Il Papa insistette tanto che l’arcivescovo decise di smettere di ascoltare. Terminarono gli argomenti ed anche l’udienza.

Tutto ciò me lo raccontò Monsignor Romero, quasi piangendo, l’11 maggio 1979; a Madrid, mentre rientrava affrettatamente nel suo Paese, costernato dalle notizie di un massacro nella cattedrale di San Salvador.

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Frammenti di omelie di mons. Oscar Arnulfo Romero
( tratto dal libretto di Mauro Castagnaro edito dal Comune di Crema)

“La Chiesa non può tacere di fronte a queste ingiustizie economiche, politiche e sociali. Se tacesse, la Chiesa sarebbe complice di chi si emargina e dorme in un conformismo imbelle e peccaminoso o di chi approfitta di questo assopimento del popolo per compiere abusi e fare incetta di beni economici e politici, ed emarginare l’immensa maggioranza del popolo. È questione di vita o di morte per il Regno di Dio su questa terra” (24-7-1977).

“Un Vangelo che non tenga conto dei diritti degli uomini, un cristianesimo che non costruisca la storia della terra, non è l’autentica dottrina di Cristo, ma semplicemente uno strumento del potere. Lamentiamo che in qualche epoca anche la nostra Chiesa sia caduta in questo peccato, ma vogliamo modificare questo atteggiamento e, secondo questa spiritualità autenticamente evangelica, non vogliamo essere giocattoli dei poteri della terra, ma la Chiesa che porta il Vangelo autentico, coraggioso, di nostro Signore Gesù Cristo, anche quando fosse necessario morire come Lui sulla croce” (27-11-1977).

“Dio vuole salvarci come popolo. Non vuole una salvezza isolata. Ecco perché la Chiesa di oggi, più che mai, sottolinea l’essere popolo. E perciò soffre conflitti. Perché la Chiesa non vuole la massa, vuole il popolo. Massa è l’insieme della gente il più addormentata e conformista possibile. La Chiesa vuole risvegliare nelle persone il senso di essere popolo. Che cos’è il popolo? Una comunità di persone in cui tutti concorrono al bene comune” (5-1-1978).

“C’è un criterio per sapere se Dio è vicino a noi o lontano: chiunque si preoccupa dell’affamato, di chi è nudo, del povero, dello scomparso, del torturato, del prigioniero, di tutta questa carne che soffre, ha vicino Dio” (5-2-1978).

“Chi, con questa fede nel Risorto, opera per un mondo più giusto, protesta contro le ingiustizie del sistema attuale, contro i soprusi di un’autorità illegale, contro i disordini di uomini che sfruttano altri uomini, chiunque lotti ispirandosi alla Risurrezione del Grande Liberatore, solo questi è un autentico cristiano” (26-3-1978).

“Molti vorrebbero che il povero dicesse sempre: ‘È volontà di Dio’ che io viva così. Non è volontà di Dio che alcuni abbiano tutto e altri non abbiano nulla. Non può essere di Dio. Di Dio è la volontà che tutti i suoi figli siano felici” (10-9-1978).

“Ogni persona che lotta per la giustizia, ogni uomo che cerca rivendicazioni giuste in un ambiente ingiusto, sta lavorando per il Regno di Dio e può darsi non sia cristiano. La Chiesa non esaurisce il Regno di Dio. Il Regno di Dio va ben oltre le frontiere della Chiesa e perciò la Chiesa apprezza tutto ciò che è in sintonia con la sua lotta per instaurare il Regno di Dio. Una Chiesa che cercasse solo di conservarsi pura, incontaminata, non sarebbe una Chiesa al servizio di Dio e degli uomini. La Chiesa autentica è quella cui non importa dialogare perfino con le prostitute e i pubblicani, come Cristo con i peccatori: con i marxisti, con quelli del Blocco [popolare rivoluzionario] e coi diversi gruppi, pur di portare loro il vero messaggio di salvezza” (3-12-1978).

“Se con autoritarismo dicessi a un sacerdote ‘non fare questo!’ o a una comunità cristiana ‘non andare in quella direzione!’, e mi volessi ergere come se fossi io lo Spirito Santo per fare una Chiesa a mio piacimento, starei spegnendo lo Spirito” (17-12-1978).

“Una Chiesa che non subisce persecuzione, ma gode dei privilegi e dell’appoggio delle cose terrene, non è la vera Chiesa di Cristo” (11-3­-1979).

“A che servono le belle strade e l’aeroporto, i belli edifici con grandi appartamenti se sono impastati col sangue dei poveri, che non ne beneficeranno ?” (15-7-1979).

“Pregare e attendere tutto da Dio ‘senza far nulla non è pregare. Questa è pigrizia, è alienazione, è passività, è conformismo. Non è più tempo, cari fratelli, di dire: è volontà di Dio. Molte cose che accadono non sono volontà di Dio. Quando. l’uomo può fare qualcosa per migliorare le situazioni e chiede a Dio il coraggio di compierlo, questa è preghiera” (20-7-1979)

“Un cristiano che si fa. solidale con la parte che opprime non è un vero cristiano. Un cristiano che difende posizioni ingiuste solo per mantenere il posto non è più cristiano” (16-9-1979).

“Una vera conversione cristiana oggi deve scoprire i meccanismi sociali che fanno dell’ operaio e del contadin
o persone emarginate. Perché il povero contadino guadagna qualcosa solo nella stagione del caffè, del cotone e della canna da zucchero ? Perché questa società ha bisogno di avere contadini disoccupati, operai mal, pagati, gente senza salario giusto? Si devono scoprire questi meccanismi non come fa chi studia sociologia o economia, ma come cristiani, per non essere complici di questa macchina che produce gente sempre più povera, emarginata, indigente” (16-12-1979).

“Oggi è ora di guardare il bambino Gesù non nelle graziose immagini dei nostri presepi, ma cercandolo tra i bambini denutriti che sono andati a letto questa notte senza aver da mangiare, tra i poverelli venditori di giornali che dormiranno avvolti nei quotidiani là ai portali, nel povero lustrascarpe che forse si è guadagnato il necessario per portare un regalino alla mamma o, magari, nel piccolo strillone che non è riuscito a vendere i quotidiani e riceverà una tremenda sgridata dal patrigno o dalla matrigna. Come è triste la storia dei nostri bambini!” (24-12-1979).

“Il grido di liberazione del nostro popolo è un clamore che sale fino a Dio e ormai nulla e nessuno può fermare” (27-1-1980).

“I poveri hanno segnato il vero cammino della Chiesa. Una Chiesa che non si unisce ai poveri per denunciare, a partire dai poveri, le ingiustizie che si commettono nei loro confronti non è autentica Chiesa di Gesù Cristo” (17-2-1980).

“Vedendo il pericolo di perdere il proprio completo dominio sugli investimenti e sull’agroesportazione, e il quasi monopolio della terra, l’oligarchia sta difendendo i propri interessi egoistici, non con ragioni, non col sostegno popolare, ma con l’unica sua risorsa: il denaro, che le permette di comprare armi e pagare mercenari, i quali stanno massacrando il popolo e soffocando qualunque legittima richiesta di giustizia e libertà” (24-2-1980).