Febbre suina, facciamo chiarezza

di Mario Figoni – membro OISG, Capitano Medico della Croce Rossa Italiana
da http://www.aprileonline.info/

Già nel passato si era avuta un altra epidemia di origine suina: a Fort Dix nel New Jersey (USA), nel 1976 , con circa 200 casi tra i soldati presenti nel campo. Causò solamente un decesso. Il sottosegretario al Welfare, Ferruccio Fazio, si è detto “ottimista”, in quanto finora il virus “si sta dimostrando molto poco aggressivo”. Tuttavia, ha aggiunto, è verosimile che anche in Italia possano verificarsi “a brevissimo” i primi casi. Ci si prepara comunque ad affrontare l’eventuale arrivo del virus: in serata è previsto un incontro fra ministero della Salute e Regioni per verificare l’operatività dei piani pandemici regionali. Domani, a Lussemburgo, la riunione dei ministri della Salute Ue

L’influenza è una malattia infettiva acuta causata dai virus influenzali di tipo A (epidemico), B (sporadico) e C (che provoca infezioni inapparenti perlopiù tra bambini). Il virus A, in base alle modificazioni di due antigeni H, emoagglutinina ed N, neuraminidasi, origina ciclicamente vari tipi e sottotipi. Sono noti, fino ad ora, 15 tipi di emoagglutinina (H1-H15) e 9 tipi di neuraminidasi (N1-N9) La famigerata “spagnola” del 1918 era di tipo H1N1. La cosiddetta “asiatica” del 1957 era un H2N2. Quella di Hong Kong del 1968 era di tipo H3N2.

Ogni specie di mammiferi ha i propri virus influenzali. Un pericolo ulteriore nella trasmissione di qualunque virus è il cosiddetto “salto di specie”. Per il nuovo organismo ospite un virus in origine abbastanza blando, potrebbe diventare molto pericoloso. E’ successo ad esempio con l’HIV, virus dell’immunodeficienza umana, che abbiamo ereditato dal SIV, ovvero dalle scimmie.
Negli anni passati in tutto il mondo c’è stata, e c’è ancora, l’allerta per l’aviaria (H5N1); ma le pessimistiche previsioni di mostruose pandemie hanno, fortunatamente, fatto flop.

Stavolta il “salto di specie” è stato fatto dal virus influenzale dei suini (H1N1).
Sembra che Adele Maria Gutierrez Cruz, messicana, 39 anni, ricoverata ai primi di aprile all’ospedale di Oaxaca con una grave polmonite sia la paziente “zero”. Cioè nella donna si sarebbe verificata la mutazione del virus: lei lo ha ricevuto dai suini e lo ha trasmesso ad altri uomini. Questa notizia è stata già confutata, spostando di due settimane indietro nel tempo il contagio (15 marzo): il caso “zero” sarebbe un bambino, sopravvissuto nel paese di La Gloria, a sud di Città del Messico,

Oltre al Messico e agli Stati Uniti, primi Paesi colpiti dal virus H1N1, casi di febbre suina sono stati registrati in Nuova Zelanda, Spagna, Scozia, Israele e Canada.

A Napoli, da qualche ora, nell’ospedale di Malattie Infettive “Domenico Cotugno” dove sto svolgendo il servizio di guardia medica notturna dei reparti AIDS, sono isolate, come sospette, due pazienti (si attendono le risposte degli esami praticati, di biologia molecolare: la famosa PCR (Protein Chain Reaction).

Come per la paura dell’aviaria è la psicosi a gestire queste prime fasi. I sintomi dell’influenza suina sono simili a quelli della “classica” influenza stagionale: febbre, sonnolenza, perdita d’appetito, tosse. Alcune persone con influenza suina hanno manifestato anche raffreddore, mal di gola, nausea, vomito e diarrea.

Il virus non si trasmette mangiando carne di maiale, ma direttamente attraverso la diffusione di goccioline di secrezioni naso-faringee con la tosse e lo starnuto. Le persone possono anche infettarsi indirettamente, toccando superfici contaminate con secrezioni infette e e poi portando alla bocca e al naso le mani. Ma naturalmente ci vuole una alta carica infettante ambientale. Non è certo il caso di questi primi momenti di epidemia. E, ancora, come tutte le epidemie, è più probabile che si estingua da sè. Poche sono quelle che veramente hanno fatto danni e sono pietre miliari della storia. Ma oggigiorno sono così tante e rapide le contromisure che possiamo stare tranquilli in una efficace circoscrizione dei casi e quindi in un abbattimento dell’epidemia stessa.

Per quanto riguarda un vaccino, è decisamente troppo presto per parlarne, ma abbiamo usato negli anni scorsi dei nuovi farmaci: gli inibitori della neuraminidasi (zanamivir e oseltamivir), che sembrano molto efficaci anche in questa nuova epidemia. Già nel passato si era avuta un altra epidemia di origine suina: a Fort Dix nel New Jersey (USA), nel 1976 , con circa 200 casi tra i soldati presenti nel campo. Causò solamente un decesso.

La Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – Uff. III, del Ministero della Salute ha già allertato la rete USMAF (Uffici di Sanità Marittima ed Aerea di Frontiera). Invito comunque a collegarsi col sito del Ministero della Salute per essere aggiornati in tempo reale (durante un epidemia ogni cosa che si scrive è già “vecchia”).