Le miniere della vergogna

di Michele Paris
da www.altrenotizie.org

Il comportamento in Colombia dell’azienda estrattiva americana Drummond Company è finita nuovamente sotto accusa nei giorni scorsi, quando un’associazione sindacale di Pittsburgh, in Pennsylvania, ha inviato una lettera ufficiale di protesta nei suoi confronti al segretario di Stato Hillary Rodham Clinton. Di stanza a Birmingham, nell’Alabama, questa società si è infatti resa protagonista del licenziamento illegittimo dei propri dipendenti appartenenti al sindacato e impiegati nella miniera colombiana di La Loma. Questo purtroppo non appare come un episodio isolato, dal momento che nel recente passato erano già emerse responsabilità ben più gravi nell’ambito dell’attività della compagnia statunitense nel paese sudamericano politicamente più vicino a Washington.

Lo scorso mese di marzo, centinaia di minatori della Drummond Company in Colombia avevano preso parte ad uno sciopero indetto in seguito alla morte del loro collega, Dagoberto Clavijo, precipitato in un pozzo mentre era alla guida di un mezzo pesante. In risposta all’interruzione dei turni di lavoro, la dirigenza dell’azienda americana ha deciso il licenziamento degli organi direttivi locali del sindacato Sintramienenergetica. Come se non bastasse, la stessa società detentrice dei diritti di sfruttamento della miniera colombiana ha chiesto al Ministero del Lavoro colombiano il permesso per licenziare altri 4 mila suoi dipendenti, tutti appartenenti ad associazioni sindacali.

Secondo il sindacato colombiano, sarebbero state le pessime condizioni delle vie di comunicazione presso la miniera ad aver causato l’incidente mortale. Per questo motivo, e in base alla legge sul diritto del lavoro attualmente in vigore nel paese sudamericano e alle convenzioni approvate dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, lo sciopero appariva del tutto legittimo. Per sostenere la battaglia dei loro colleghi colombiani e per protestare contro i licenziamenti, il sindacato americano United Steelworkers International (USW) ha così indirizzato una lettera alla ex first lady lamentando la condotta della Drummond Company.

Sottoscritta dal presidente della USW, Leo W. Gerard, la missiva intende convincere il Dipartimento di Stato a far pressioni sul governo di Bogotà per bloccare i licenziamenti e migliorare le condizioni di lavoro nella miniera, ma anche far luce sulle passate attività della Drummond Company per contrastare la sindacalizzazione dei propri addetti. Solo negli ultimi due anni la compagnia dell’Alabama si è infatti vista trascinare nei tribunali americani per tre volte, dovendo affrontare accuse gravissime.

Il primo processo risale al mese di luglio 2007, quando un giudice federale di Birmingham aprì un dibattimento riguardante fatti accaduti nel 2001. In quella circostanza, decine di minatori della Drummond Company a bordo di un autobus vennero improvvisamente fermati e fatti scendere da un gruppo di 15 individui armati, alcuni dei quali indossavano uniformi miliari colombiane. Tra i lavoratori fermati, vennero scelti tre leader sindacali – Valmore Locarno Rodriguez, Victor Hugo Orcasita e Gustavo Soler – successivamente torturati e assassinati.

Secondo le dichiarazioni giurate di alcuni testimoni, il presidente della divisione colombiana della Drummond Company – Augusto Jimenez – avrebbe personalmente consegnato 200 mila dollari in contanti ad un capo di un gruppo paramilitare locale di estrema destra come compenso per l’esecuzione dei tre sindacalisti. La vicenda sollevò molto scalpore negli USA, tanto che la sottocommissione Affari Esteri del Congresso, presieduta dal deputato democratico Bill Delahunt, le dedicò una seduta molto accesa. Nonostante le prove a carico, la Drummond Company alla fine riuscì ad evitare una sentenza di condanna, anche se a marzo di quest’anno i figli dei tre minatori assassinati sono riusciti a far riaprire il processo dopo aver ottenuto accesso ad una nuova testimonianza.

Più recentemente, nel mese di maggio, un altro procedimento è stato avviato in base alle accuse di aver pagato milioni di dollari al gruppo paramilitare Autodefensas Unidas de Colombia (AUC), responsabile dell’uccisione di 67 operai iscritti al sindacato. Anche in questo caso sarebbero documentati incontri tra dirigenti della Drummond Company e membri di alto grado dell’AUC per concordare gli obiettivi di una vera e propria strategia volta ad assassinare e terrorizzare (tramite rapimenti e percosse) i lavoratori impegnati nell’attività sindacale e i loro famigliari. Da parte sua, l’azienda mineraria statunitense continua a sostenere la propria estraneità ai fatti, facendo notare come violenze di questo genere in Colombia siano ampiamente diffuse e legate ad altri fattori che nulla hanno a che vedere con la sua attività nel paese.

La Drummond Company, la quale acquistò la miniera di La Loma negli anni Ottanta e da allora ha visto crescere vertiginosamente le proprie esportazioni di carbone, fino ad una quantità di quasi 23 milioni di tonnellate nel 2007, non ha d’altra parte mai mostrato troppi scrupoli per i propri dipendenti (soprattutto se sindacalizzati) nemmeno in territorio americano. Con il crescere degli affari in Colombia, la compagnia ha proceduto nell’ultimo decennio alla chiusura di molte miniere nell’Alabama e al licenziamento di migliaia di persone. Tra il 1994 e il 2001, cinque siti hanno terminato le operazioni e 1.700 operai iscritti al sindacato hanno perso il loro posto di lavoro. Solo pochi mesi fa, sono stati licenziati altri 56 minatori nella contea di Jefferson, sempre in Alabama, dove l’azienda fondata nel 1935 da H. E. Drummond mantiene tuttora in vita alcune operazioni estrattive.

La collaborazione tra grandi aziende americane e gli squadroni della morte colombiani non è cosa nuova o isolata. Nel 2007, ad esempio, Chiquita Brands International accettò di versare 25 milioni di dollari nell’ambito di un procedimento che la vedeva accusata di aver effettuato versamenti di denaro al gruppo paramilitare AUC tra il 1997 e il 2004. La stessa famosa compagnia produttrice e distributrice di banane è tuttora coinvolta presso il tribunale distrettuale di Miami in un nuovo processo, avviato dai parenti di altre vittime dell’AUC. “Questo genere di comportamenti da parte delle corporation che fanno affari in Colombia non è purtroppo inusuale”, ha affermato uno degli avvocati dell’accusa in aula. “I gruppi paramilitari collusi con esse hanno agito nella totale impunità e in assenza di qualsiasi intervento governativo”.

A fare le spese delle violenze in Colombia sono soprattutto i membri dei sindacati. Questo paese ha infatti il primato mondiale di omicidi di sindacalisti. A partire dal 1986, ne sono stati assassinati ben 2.694, mentre 4.200 sono state le minacce di morte documentate. Quel che è peggio poi, è che la tendenza risulta in crescita. Nel 2008, gli omicidi sono passati a 49, dai 39 nel 2007. Il tutto senza praticamente che nessun colpevole venga assicurato alla giustizia. La percentuale di assassini di sindacalisti rimasti impuniti è addirittura del 96%. Questa è insomma la realtà di un paese con il quale gli Stati Uniti del presidente Obama, come di Bush in precedenza, continuano a mantenere strettissimi rapporti economici, politici e militari.