Messina: abusivismo e omissioni

da www.aprileonline.info

Un geologo, un meteorologo e un ingegnere civile affiancheranno i magistrati che, da ieri, indagano sul disastroso nubifragio che ha sventrato interi centri urbani nella zona jonica della provincia messinese e provocato un numero ancora imprecisato di morti, comunque decine. Una maxi consulenza idrogeologica potrebbe essere una delle chiavi dell’inchiesta in cui si ipotizza il reato di disastro colposo e che, a due giorni dalla tragedia, resta iscritta a carico di ignoti

I pm della città dello Stretto sono tornati a riunirsi, stamani, per fare il punto sulle deleghe dell’indagine che sarà coordinata dal sostituto Francesca Ciranna e dagli aggiunti Franco Langher e Vincenzo Barbaro. Per la scelta degli esperti la Procura potrebbe chiedere consiglio ai colleghi campani che, 11 anni fa, cercarono di far luce su un’altra immane tragedia: quella dell’alluvione di Sarno.

Ma l’analisi dello stato di un territorio devastato da anni di speculazione edilizia, incendi e disboscamento, non sarà l’unico fronte dell’indagine. La Procura ha delegato ai carabinieri del nucleo operativo l’acquisizione di tutta la documentazione amministrativa degli ultimi sei anni – licenze edilizie, piani regolatori e di assesto geologico – conservata negli archivi dei Comuni: quello di Messina, che ha visto annientate sotto cumuli di fango e detriti intere frazioni, e quello di Scaletta Zanclea.

Un’inchiesta, quella dei pm, che deve necessariamente andare indietro nel tempo per accertare eventuali responsabilità di amministratori e tecnici in una lottizzazione selvaggia che ha sfidato la natura. E che si occuperà a fondo anche di un importante precedente: la frana che, nel 2007, si abbattè sugli stessi territori sconvolti ora dal nubifragio. Anche in questo caso saranno gli amministratori a dover spiegare perché, nonostante i danni milionari dell’alluvione di due anni fa, le opere di riqualificazione del territorio e di consolidamento non sono mai state realizzate.

Domande che si fanno anche gli ambientalisti, cassandre di un disastro annunciato, ma anche denunciato agli stessi magistrati di Messina. “La Procura di Messina ha archiviato due delle quattro denunce su lottizzazioni pericolose e possibili disastri idrogeologici nel territorio che abbiamo presentato nell’ultimo anno. E adesso aprono un’inchiesta…”, commenta polemica Anna Giordano, del Wwf di Messina, molto nota per le sue battaglie ambientaliste.

La richiesta che giunge da Legambiente e dall’Ordine dei Geologi siciliani è quella di un grande progetto di “manutenzione straordinaria” del territorio al posto del “piano casa”. Chiedono anche un “atto di responsabilità e coerenza” alle istitituzioni siciliane. “A poche ore dalla frana che ha travolto alcuni quartieri di Messina con un pesantissimo bilancio di perdite umane, la riflessione delle istituzioni è stata unanime: dal Presidente della Repubblica al ministro dell’Ambiente, dal presidente Lombardo agli amministratori locali, tutti hanno parlato di ‘tragedia annunciata’”, dichiarano il presidente di Legambiente Sicilia, Mimmo Fontana, e il presidente dell’Ordine dei Geologi della regione, Gianvito Graziano.

“Le violenze subite dal nostro territorio negli ultimi decenni, fatte di incendi boschivi, abusi edilizi e piani regolatori dissennati che hanno consentito di edificare in aree a rischio, hanno creato- sottolineano Fontana e Graziano- le condizioni perché si compisse il disastro. Sperando che queste dichiarazioni non siano state rilasciate sull’onda dell’emozione, ma siano il segno di una consapevolezza finalmente acquisita dalla classe dirigente di questo Paese e di questa Regione, a seguito di questa ennesima sciagura, e’ necessario che alle parole seguano fatti coerenti”.

“Proprio in questi giorni- proseguono Fontana e Graziano – l’Assemblea regionale sta esaminando il testo del Piano casa siciliano proposto dal Governo. Chiediamo un atto di responsabilita’ e di rispetto per le vittime: la Sicilia rinunci ad approvare una norma che prevede un considerevole aumento delle cubature edilizie e di consumo di suolo in una realtà già pesantemente pregiudicata, in cui l’80 per cento dei Comuni è a rischio di dissesto idrogeologico”.

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Le bugie sul Ponte e sul territorio
da www.carta.org

Se si fossero avviate le opere collaterali al Ponte, forse il disastro sarebbe stato inferiore, dice il ministro delle infrastrutture. Il Ponte sarà realizzato dai privati, fa eco il presidente della Regione Siciliana. Dunque il Ponte si fa e i soldi per la messa in sicurezza del territorio vanno cercati altrove.

In pochi mesi saranno pronte le case per tutti gli sfollati di Messina, con la celerità e la meticolosità riservate a L’Aquila. Case pronte per essere abitate, dotate di tutto, dai mobili alle pentole alle lenzuola. Ma addirittura più semplici da realizzare, visto che non sono richiesti i costosi e complessi criteri anti sismici necessari in Abruzzo. Tutto questo lo ha detto e promesso il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, come al solito incontinente in annunci, numeri e cifre.

«Sono 520 le persone che hanno dovuto lasciare le loro abitazioni e per loro prevediamo che, con l’intervento della Regione e del governo, si possa avviare un’attività di costruzione di quartieri in cui queste comunità possano riformarsi. L’esperienza dell’Aquila, unica al mondo, ci offre la possibilità di prevedere che questi quartieri potranno essere realizzati in quattro o cinque mesi – ha detto il premier, che ha promesso anche – uno stop al pagamento di imposte e tasse e dei mutui: nessun cittadino colpito da queste tragedie naturali può dire di essere stato abbandonato». E’ l’aggettivo «naturale», aggiunto per qualificare la tragedia, che dà il segno della colpevole irresponsabilità di Berlusconi e del suo governo, insieme alle amministrazioni regionali e locali.

«Un disastro», ha detto il ministro delle infrastrutture, Altero Matteoli, che ha raccontato di aver fatto il punto della situazione con il sottosegretario Bertolaso, il sindaco di Messina Buzzanca e il presidente della Regione Siciliana, Lombardo. «Ma poteva andare molto, molto peggio, come ha detto il presidente del consiglio, perché la montagna poteva smottare ancora di più di quello che è accaduto, travolgendo centinaia e centinaia di persone», ha aggiunto Matteoli. Al di là della leggerezza di una tale affermazione, il ministro ha subito rilanciato il Ponte sullo stretto di Messina, sostenendo l’insostenibile: cioè che, se si fossero avviate le opere collaterali al Ponte, forse il disastro sarebbe stato inferiore. «Migliorie al territorio» che quindi, sostiene il ministro, non mettono assolutamente in discussione il Ponte.

E riguardo all’affermazione del presidente della repubblica, che ha invocato maggiore sicurezza per il paese e meno opere faraoniche, Matteoli dice di non essere sicuro che Napolitano si riferisse esattamente al Ponte, e che comunque il Ponte non c’entra con quello che è accaduto a Messina: non è stato ancora costruito, non si è posata nemmeno la prima pietra, come si può mettere sotto accusa quest’opera? In merito poi alle risorse, Matteoli, così come il presidente della Regione Lombardo, sostiene che non potrebbero essere dirottate per mettere in sicurezza il territorio, perché il Ponte lo costruiscono i privati.

«Tanto per essere chiari, i soldi del Ponte di Messina non potranno essere spesi né su Scaletta Zanclea né su Giampilieri, perché si tratta in gran parte di progetto di finanza, quindi chi parla d’altro dice sciocchezze senza sapere di dirle – bacchetta Lombardo – Il motivo per cui si fa il Ponte è proprio quello che ci sono altre infrastrutture da realizzare. Non è una cattedrale nel deserto perché ci auguriamo di percorrerlo e di inaugurarlo».

Quindi, ci dicono che il Ponte verrà costruito con soldi privati: questa è un’ottima notizia,
perché vuol dire che non si farà mai. Insieme all’arroganza delle affermazioni, dovrebbero infatti spiegare quali sarebbero i privati disposti a investire i 4,4 miliardi di euro che mancano per coprire il costo previsto dell’opera, valutabile in oltre 6 miliardi di euro ma certamente suscettibile di aumenti. Per ora, gli unici fondi di cui si ha notizia sono quelli pubblici: si tratta di 1,3 miliardi di euro, resi teoricamente disponibili dal Cipe per la società Stretto di Messina. Siamo sicuri che neppure questi potrebbero essere dirottati alla messa in sicurezza del territorio?