Battere Berlusconi, ma non «con i suoi mezzi»

di Giuseppe Giulietti
da www.confronti.net

Ilregime mediatico di cui il presidente del Consiglio è espressione nonlo si batte utilizzando lo stesso linguaggio, le stesse urla, le stessemodalità politiche e comunicative che hanno segnato la stagione delladestra del conflitto di interessi, ma occorre tentare di mettere inrete le diverse identità che non intendono accettare la «reductio adunum», o meglio la subalternità a questo pensiero unico.

Sipuò parlare di regime mediatico per definire la situazione italiana?Per anni i cosiddetti benpensanti, anche qualcuno che si definiva disinistra, hanno respinto con orrore e sdegno questa espressioneritenendola una manifestazione di estremismo, una sorta di variantemoderna di quel radicalismo infantile tanto inviso al vecchio Lenin.Purtroppo questi presunti saggi avevano torto e il loro difetto stava esta nella incapacità di leggere la novità e la modernità, sia purenegativa, che ha segnato l’esperienza berlusconiana.

Il regimemediatico consiste nell’intreccio terribile che si è determinato tra laproprietà dei media, gli affari e il diretto controllo del governo.Attraverso questa commistione, chiamata conflitto di interessi, unasola persona ha riunito in sé funzioni che il pensiero liberaleclassico aveva tenute distinte per impedire che dall’assettodemocratico si passasse ad una sorta di regime oligarchico dovecontrollore e controllato tendono a coincidere annullando la funzionedei poteri di controllo.

Questa pulsione ha sempreattraversato la storia nazionale, trovando la più compiuta definizionenel progetto della loggia P2 e nel progetto di rinascita nazionaleispirato da Licio Gelli, non a caso tornato in circolazione egiustamente orgoglioso di veder concretizzato l’antico sogno.Fantapolitica? Cattiverie di golpisti per male, come direbbe ilministro Brunetta? Proviamo ad analizzare i fatti.

In quel progetto viene teorizzato l’avvilimento delle Camere e della funzione legislativa. Dacirca un anno questa solidissima maggioranza usa il voto di fiduciacome uno strumento ordinario per aggirare la libera discussione e illibero voto.

Quanto alla funzione giudiziaria, non passagiornata che il servizio d’ordine del presidente imputato non scagliquintali di fango contro i magistrati, contro il Consiglio superioredella magistratura, contro la Corte costituzionale. Dal momento che nonriescono ad acquistarli in blocco, tentano la strada delladelegittimazione, della calunnia, della riduzione della autonomia deigiudici attraverso provvedimenti come quello sulle intercettazioni chepuntano in modo esplicito a impedire un serio controllo di legalità,come hanno scritto e denunciato tutte le componenti della magistraturasenza eccezione alcuna, altro che le toghe rosse!

Il terzopilastro del progetto di Gelli – ma guarda che combinazione – reclamavail dissolvimento della Rai, la creazione di un polo unico e ilcontrollo progressivo delle risorse pubblicitarie.

Cosa staaccadendo? Il «polo RaiSet» è ormai una realtà, gli editori e igiornali ancora non allineati vengono minacciati, il diritto di cronacaè sottoposto a continui colpi di piccone, il presidente del Consiglio èarrivato anche ad invitare gli industriali, restati in rispettososilenzio, a non investire più nei giornali a lui ostili, quelli cheancora si ostinano a dare dell’Italia un’immagine falsa e distorta.

Sembra di risentire il ministro Scelba quando negli anni Sessantatuonava contro quel «culturame» che osava raccontare i mali d’Italia,invece di magnificare le sorti del regime; non a caso il ministroBrunetta, sempre lui, ha usato la stessa espressione quando ha invitatoil suo collega Bondi a non dare più contributi a quei film e a queglispettacoli che sporcano l’immagine di questa bella Italia che questisignori vorrebbero popolata solo da tronisti, veline e grandi fratelli.

Nulla di nuovo sotto il sole dunque? Sarebbe grave il solo pensarlo. Labrutalità è quella di sempre, ma questa volta va aggiunta anche ladisperazione e dunque la pericolosità di un vecchio leader che si sentebraccato e agli ultimi fuochi.

Berlusconi è un piccolissimostatista, ma conosce come pochi altri le modalità d’uso delle armimediatiche combinate con il controllo della politica e degli apparatidi sicurezza. Prima di passare la mano le tenterà tutte, ma propriotutte. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi potrebbe chiederespiegazioni all’ex direttore dell’Avvenire Dino Boffo o al presidentedella Camera Gianfranco Fini, passati nel giro di poche settimane dalruolo di alleati affidabili a quello di pericolosi avversari, ai qualiriservare un rude «massaggio mediatico»; e non solo mediatico…

Eppurec’è qualcosa di più e di più grave. Nel 2002 fu preparata una lista diproscrizione, detta editto bulgaro, che conteneva i nomi di alcunigiornalisti e autori, da Biagi a Santoro, da Luttazzi a Travaglio, chenon piacevano al sovrano. Questi signori dovevano essere colpiti inmodo esemplare per intimidire tutti gli altri, insomma una sorta di«punirne uno per educarne cento».

Questa volta il progetto èassai più ambizioso. Certo, restano i nemici di sempre: Santoro,Travaglio, Gabanelli, Rai3, il Tg3, Fabio Fazio, Ballarò… ma a questisi aggiungono quanti, anche in modo mite e moderato, si permettono ditoccare temi considerati sgraditi, quelli – per usare le sue parole –che fanno venire l’ansia al presidente perché parlano di un’Italia chenon ce la fa, che protesta, che fatica ad arrivare alla terzasettimana, che reclama scuole e ospedali pubblici efficienti e che sioppone alla macelleria sociale.
In questo elenco possonoterminare soggetti e movimenti lontanissimi dalla sinistra ma che,proprio per questo, non devono osare contrastare l’ordine costituito elo spot unico di regime.

Così nel mirino sono finiti i vescoviquando hanno osato definire il reato di clandestinità «il peccatooriginale», Dino Boffo per qualche tardivo buffetto sulla questionemorale, i sindacati di polizia perché hanno avuto da ridire sulle rondein camicia verde, per non parlare di Famiglia cristiana cheper aver dedicato alcune inchieste alla povertà e alle mense dellaCaritas si è vista bersagliata da ogni tipo di infamia.

Questi esempidovrebbero essere sufficienti per comprendere come, in questo contesto,il nemico non coincida più con il «rosso sovversivo», secondo latradizionale retorica berlusconiana, ma coincida con la nozione stessadi diversità, di pluralismo politico, sociale, religioso persino.Chiunque può terminare nella lista di proscrizione se solo si ostina afrequentare mondi e soggetti sociali che, per la loro stessa esistenza,diventano incompatibili con le ragioni della propaganda.

Dal videodovranno essere espulsi tutti quei temi che possono creare imbarazzo:dall’immigrazione alle conseguenti e durissime critiche degli organismiinternazionali, dalla crisi economica e sociale al fallimento dellepolitiche interventiste decise da Bush e condivise da Berlusconi; sequalcosa dovesse proprio sfuggire sarà compito dei direttori difamiglia provvedere o all’espulsione dall’universo dellarappresentazione o alla demonizzazione del soggetto o del movimento«deviato e deviante», per usare l’espressione adoperata da Berlusconiper bollare giornali come la Repubblica e l’Unità.

Questastrategia, niente affatto banale e carica di insidie per lo stessoordinamento democratico, ha un solo limite e consiste nellapretesa-necessità di annullare la realtà fattuale, di imporre lafinzione come modo di essere e come unica percezione possibiledell’esistente.

Non si tratta di un’operazione semplicissima, neppure per il padrone diun immenso patrimonio mediatico e affaristico. Molti indicatori stannoa testimoniare che il grande bluff comincerebbe a mostrare la corda,non a caso il malessere sociale, sia pure in forme contraddittorie enon sempre lineari, sta tornando a manifes
tarsi sotto forma di protesteautogestite e auto-organizzate.

Chiunquevoglia davvero contrastare Berlusconi e soprattutto il berlusconismo,che tanti guasti ha già prodotto anche tra i suoi oppositori, dovrebberipartire da qui e tentare di mettere in rete le diverse identità chenon intendono accettare la «reductio ad unum», o meglio la subalternitàad un pensiero unico omologato e omologante.

Il regimemediatico – che esiste, come abbiamo cercato di dimostrare – non lo sibatte utilizzando lo stesso linguaggio, le stesse urla, le stessemodalità politiche e comunicative che hanno segnato la stagione delladestra del conflitto di interessi.

Al contrario, occorre la capacità dicontrapporre al narcisismo di sé, all’esibizione del potere, allacelebrazione della politica politicante, la centralità della questionesociale, la visibilità di chi è stato cancellato, la capacità, comecerca di fare da sempre questa rivista e le realtà che la esprimono, dimettere anche il proprio ego in rete, di realizzare comunità econdivisione senza rinunciare alla propria libertà, alla laicità, aldiritto-dovere di non tacere.