No al nuovo cristianesimo “etnico”

di Un gruppo di cristiani modenesi

E’ in corso nel nostro paese una strategia politica che non si fa scrupolo di sfruttare la religione cristiana e di alcuni suoi simboli con l’unico scopo di istigare all’odio razziale, alla paura e al disprezzo verso gli immigrati. E questo proprio da parte di chi aveva a suo tempo puntato su grotteschi riti celtici neopagani o sulla riesumazione di un modello di cattolicesimo preconciliare, regressivo, violentemente ostile a ogni idea di pluralismo e laicità. Convergendo in questo con un più ampio e variegato fronte neo-clericale. Lo scopo reale di questa operazione consiste nel portare altra acqua al mulino della xenofobia e del razzismo. Si sta delineando con chiarezza una nuova forma di cristianesimo etnico, imperniato su una equivoca interpretazione della tradizione cristiana come espressione esclusiva della nostra cultura tradizionale, legata alla nostra terra: scritta, come si ama dire, nel nostro DNA.

Al contrario la fede cristiana e la sua tradizione consiste in un messaggio non localistico, ma universale, fondato sull’amore di Dio e del prossimo. Contrapposto ai valori mondani dell’egoismo individuale o collettivo. Un messaggio di solidarietà, accoglienza e condivisione con gli ultimi. Una parola universale che riconosce dignità alla sofferenza al di là dell’apparente sconfitta: questa ci pare che sia la Croce, non un’ arma da brandire! Questo esprime anche la bella tradizione del Presepio creata da Francesco d’Assisi, uomo di pace e non di crociate, che voleva testimoniare la dignità della povertà, l’accoglienza verso lo straniero e il primato degli ultimi, nell’accogliere come i pastori, il buon annuncio.

Altro che “la nostra terra” e “il nostro DNA”! Diamo a queste espressioni il loro “vero” significato, che è “Suolo” e “Sangue”, famigerate parole d’ordine del vecchio Nazionalsocialismo, fatte proprie, dal “Regionalsocialismo” nostrano: sia nel suo paganesimo di fondo, sia nel suo tentativo di riproporre operazioni messe in atto dalla Germania nazista. Anche allora ci si adoperò per conquistarsi le simpatie e l’accondiscendenza delle Chiese tedesche offrendo a quella cattolica un Concordato, anche in seno al protestantesimo tedesco si ebbe buon gioco a provocare un’adesione purtroppo maggioritaria a una deformazione nazionalista e razzista del Cristianesimo. Pochi cattolici allora ebbero la lucidità di denunciare il carattere puramente strumentale del Concordato e pochi protestanti, tra cui i teologi Barth e Bonhoeffer, poi fatto impiccare da Hitler, seppero denunciare il carattere idolatrico dell’ideologia nazista e il carattere eretico di una Chiesa ariana. Queste vicende insieme alle nefaste indulgenze o complicità verso il Franchismo e, più recentemente, verso le dittature latinoamericane apparentemente ossequiose verso il cattolicesimo, come il Cile di Pinochet o l’Argentina dei desaparecidos, dovrebbero aver insegnato alle Chiese l’illusorietà di ogni scorciatoia clericale per garantire la presenza pubblica della religione.

Oggi le Chiese dovrebbero scegliere i rischi, ma anche i vantaggi di una società aperta, democratica, pluralista; dove non ci sono religioni obbligatorie per legge, ma la libera scelta di restare o entrare in una comunità religiosa sulla base dei propri convincimenti e della credibilità sia del messaggio sia di chi lo propone con parole e stile di vita. I testi e l’ispirazione di fondo del Concilio Vaticano II esprimano un nuovo modello di Chiesa: incentrato su una rimeditazione del messaggio evangelico, una nuova concezione del dialogo interreligioso, un atteggiamento di apertura alla modernità. A partire da qui nasce la necessità di denunciare senza alcuna esitazione e con tutta l’energia profetica necessaria, ogni tentativo di riproporre sciagurate deformazioni della fede e dell’identità cristiana.

Questo stravolgimento della fede e del Vangelo viene in particolare da chi ha mostrato chiaramente in passato tutta la propria insofferenza verso un pastore di grande sapienza biblica e apertura culturale come il Cardinal Martini e che oggi attacca violentemente un pastore di grande umanità e coerenza evangelica come il Cardinale Tettamanzi. Il quale, reagendo con pacatezza, ma anche con estrema fermezza, ha ricordato che compito dei pastori è “Vigilare sul gregge e così difenderlo dagli assalti delle bestie spirituali, ossia dagli errori di quei lupi rapaci che sono gli eretici”. Appunto: gli eretici di oggi che con questo uso strumentale della religione e della fede dividono il gregge e si mettono fuori dalla comunità cristiana.