Russia in Sudan a caccia d’acqua

di Carlo Benedetti
da www.altrenotizie.org

Dalle armi all’industria petrolifera, dalle joint-venture ai rapporti economici. Ed ora per il Cremlino, impegnato da molti anni nel Sudan, scatta l’operazione “acqua potabile”. E così parte all’attacco del paese africano con un piano di sviluppo che prevede trivellazioni in tutte le zone e la realizzazione di stazioni di filtraggio. I tecnici inviati da Mosca sono già all’opera e la loro forma di intervento trova il pieno appoggio della popolazione locale, purtroppo abituata alle incursioni di un occidente avido di affari e di petrolio da esportare. Ed ecco che la Russia, che però non trascura l’oro nero, sceglie come facciata, la battaglia per l’oro bianco. E’ una scelta d’intervento economico, ma è soprattutto un tentativo per distinguersi dagli altri paesi presenti in questa tormentata zona dell’Africa.

Lo spiega alla stampa il russo Michail Markelov che a Kharthoum rappresenta la dirigenza russa. E’ lui che ricorda come con la firma della pace si è ora aperta una nuova difficile fase di ricostruzione del paese che coinvolge praticamente tutti gli ambiti della società sudanese. Rendere, ad esempio, disponibili i servizi di base tra cui l’accesso alle fonti di acqua potabile sarà dunque essenziale per il pacifico rimpatrio di centinaia di migliaia di rifugiati in tutto il sud e per il futuro sviluppo dell’intero Paese. E’ noto – sottolinea Markelov – che la mancanza di acqua potabile è una delle piu delicate emergenze nel Sud. Essa è strettamente legata alle condizioni sanitarie e igieniche della popolazione che non avendo ampie disponibilita di risorse idriche è costretta a procurasi l’acqua con mezzi altamente insicuri e in zone contaminate come stagni, ruscelli e persino acquitrini formatisi durante le pesanti piogge stagionali; sorgenti tutte che spesso vengono contaminate da agenti esterni ed ambientali come animali domestici e attivita umane.

Questa situazione – ricordano i tenici russi che partecipano alle operazioni di trivellazione nel Sudan – favorisce la diffusione di malattie legate soprattutto ad una mancanza di igiene e di acqua potabile causando talvolta epidemie di colera (malattia la cui contaminazione avviene nella maggior parte dei casi attraverso acqua contaminata), epatiti e tifo. Per questo motivo, la creazione di punti idrici sicuri sul territorio come boreholes (pozzi artesiani), wells (pozzi) o bacini di acqua potabile (water catchment) rappresentano tutt’oggi una importante risorsa per quelle popolazioni che vivendo ancora isolate a causa della guerra, non possono raggiungere facilmente i principali centri urbani. Durante la guerra civile, molte persone abbandonarono infatti le proprie abitazioni nei dintorni dei principali villaggi per trasferirsi nelle zone montane; luoghi certamente piu sicuri per sfuggire alle rappresaglie degli Arabi e ai bombardamenti, ma definitivamente molto più carenti per quanto riguarda la fornitura di cibo e soprattutto di acqua potabile. Notevole quindi il contributo dei tecnici russi e delle tecnologie messe a disposizione del Sudan.

Intanto negli ambienti della Croce Rossa di Mosca si fa notare che nelle zone dell’Eastern Equatoria, e in particolare in quelle delle Contee di Torit e Kapoeta, continua l’emergenza alimentare, resa ancor piu acuta dalle scarse precipitazioni e dal cronicizzarsi della siccità, che dagli anni ‘80 impoverisce la regione. Si assiste, infatti, ad un’anomala distribuzione delle precipitazioni nella zona. I rilievi condotti negli ultimi anni hanno mostrato precipitazioni fino a 3.000 mm. nella zona dell’Upper Tallanga e precipitazioni intorno ai 1.000 mm. nella zona Acholi, Madi, Torit; Lafon invece si attesta su valori intorno agli 800 mm. Quanto alla situazione politica attuale del Sudan i russi che seguono le vicende di Kharthoum rilevano che la situazione generale è sempre a rischio perchè il “vento” che soffia dalla vicina Somalia potrebbe sconvolgere il paese.

C’è soprattutto il problema collegato alla gestione nazionale. Perchè si dispiegano sempre più forze ostili al presidente del Sudan, Omar Hassan al-Bashir, accusato di genocidio da parte del Tribunale penale internazionale dell’Aja in riferimento, soprattutto, alla questione del Darfur. Secondo gli osservatori russi (che in questi ultimi tempi tengono sotto tiro la situazione sudanese) tra i tanti problemi c’è quello che si riferisce al fatto che il presidente ha favorito una islamizzazione radicale senza tener conto che gran parte degli abitanti sono cristiani. Di qui lo scontro tra Nord e Sud. Ora la Russia – per favorire la penetrazione nel paese – utilizza l’arma dell’economia scegliendo come terreno d’intervento quello dell’acqua. Ma non trascura la corsa verso le infastrutture. In particolare – lo rende noto il quotidiano moscovita “Kommersant” – nel settore dei trasporti. Favorita in questo dal fatto che l’intero parco ferroviario del Sudan era stato fornito dagli americani, ma che col passare degli anni tutto è obsoleto e, praticamente, inutilizzabile.

La Russia offre ora le sue attrezzature per i 4764 chilometri di strade ferrate. Parla di acqua. Ma è chiaro che pensa all’oro nero. E in proposito va ricordato che ci fu a suo tempo una missione guidata da Medvedev. Il quale, era accompagna toda una delegazione composta da circa quattrocento uomini d’affari e rappresentanti del mondo industriale, tra i quali, in particolare, i dirigenti dei principali colossi russi, quali Rosatom, Lukoil e Gazprom. Nel tentativo di avvicinarsi all’intensità di affari della Cina (obbiettivo particolarmente difficile tanto che lo stesso Presidente russo dichiarò apertamente che la Russia avrebbe dovuto iniziare ad instaurare rapporti commerciali con i Paesi africani da lungo tempo), Medvedev puntò l’attenzione, in particolare, sul campo energetico. Tanto che fu raggiunto un accordo tra il gigante dell’energia Gazprom e l’azienda nazionale Nigerian National Petroleum Corporation per la creazione di una società congiunta impegnata a concedere, al colosso russo un accesso diretto alle risorse gassifere e petrolifere del Paese. Per Mosca il problema, ora, consiste nel decantare le tensioni accumulate in una regione dove, purtroppo, la conflittualità è endemica, storica, secolare.