Pensaci Benedetto, pensaci!

di Giovanna Romualdi
da www.womenews.net

In occasione dei cinquantanni dalla approvazione della pillola contraccettiva da parte dell’US Food and Drug Administration , il presidente dell’associazione Catholics for a fre choice ha scritto un interessante articolo che ripercorre la storia della messa al bando della pillola da parte della Chiesa Cattolica e si chiede se non sia il caso di rivedere questa posizione.

John O.Brien, autore del testo, parte dal ricordare che in prima linea nello sviluppo della ricerca e nell’introduzione dell’uso della pillola c’era John Rock, medico cattolico irlandese che non aveva alcuna intenzione di mettersi in contrasto con il Vaticano: era infatti sicuro che il Vaticano avrebbe approvato questa scoperta e che finalmente anche il mondo cattolico avrebbe potuto accedere ad una sicura ed effettiva pianificazione familiare.

Il dottor John Rock era un’esperto sull’infertilità, e nel corso del suo lavoro aveva incontrato molte donne cattoliche che volevano distanziare la nascita dei figli e qualche volta evitare di averne. Sapeva dunque bene che per molte cattoliche era inaccettabile e per molte difficile, se non impossibile praticare i metodi di contraccezione “naturali” ammessi dal Vaticano. Il dottor Rock, che lavorava con il biologo Gregory Pincus nella ricerca sulla pillola, era convinto che “ogni coppia dovrebbe poter scegliere liberamente il numero di figli che può permettersi – materialmente ed emotivamente – di mettere al mondo”. Pensava anche che il Vaticano avrebbe potuto accettare un metodo come la pillola ormonale che sopprimesse l’ovulazione.

Nel 1930 con l’enciclica Casti connubii il Vaticano aveva imposto il divieto dei metodi di contraccezione “artificali”, ma in effetti l’avvento della pillola aggiungendo nuove questioni al problema riaccendeva il dibattito all’interno della chiesa sulla questione della pianificazione familiare. Certo è che nel 1963 Papa Giovanni XXIII, all’interno dei lavori del concilio Vaticano II istituiva una commissione sul controllo delle nascite, confermata ed ampliata nel numero dei membri anche da Paolo VI. Composta di vescovi, preti e popolo laico, comprese donne cattoliche sposate, la Commissione lavorò per cinque anni tenendo conto di teologia cattolica, progressi scientifici e vita delle persone sposate, dichiarandosi a grande maggioranza con raccomandazioni alla Chiesa per abrogare il divieto sulla contraccezione.

Le posizione della commissione e di molti teologi in questa direzione erano ben note fra il popolo laico della chiesa cattolica e fu pertanto uno shock per molte e molti nell’estate del 1968 la promulgazione da parte di Paolo VI della enciclica Humanae vitae: l’insegnamento della chiesa sulla contraccezione non cambia ed è immutabile. Le raccomandazione erano disattese.

Ora per Catholics for a free choice c’è la necessità di riconvocare una commissione di studio in materia. Non tanto per rimettere in discussione il fatto che sia stato ignorato il risultato della commissione, quanto perché si è molto andati avanti in fatto di salute riproduttiva . Anche senza tener conto delle questioni di mortalità materna e Hiv/Aids “ci sono miliardi di buone ragioni per permettere alle donne di pianificare le loro famiglie e decidere quando e come avere figli”.

Negli Usa il 97% delle donne cattoliche sessualmente attive oltre i 18 anni hanno usato una qualche forma di contraccezione bandita dal Vaticano: che senso ha continuare su questa strada? “fa più danno al Vaticano e alla sua autorità magistrale che non cambiarla”.
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DI FRONTE ALLA SINDONE DECADE LA SCOMUNICA PER ABORTO. PAROLA DEL CARDINAL POLETTO

di Cecilia M. Calamani
da www.cronachelaiche.it, 17 maggio 2010

Il cardinal Severino Poletto, arcivescovo di Torino, ha emanato un decreto per revocare la scomunica automatica (latae sentientiae) in cui sono incorse tutte le donne cattoliche che hanno abortito, a patto che queste si confessino proprio a Torino durante l’ostensione della Sindone.

Tutto ciò al fine di “mostrare concretamente la misericordia del Padre nei confronti di chi è pentito di un delitto commesso”. I sacerdoti “che siano regolarmente abilitati a ricevere le confessioni dei fedeli per l’intero territorio della città di Torino” hanno quindi “la facoltà di rimettere nell’atto della confessione sacramentale la scomunica non dichiarata relativa all’aborto procurato”.

Come noto, per la Chiesa l’aborto è un peccato molto più grave della pedofilia, tanto che mentre per il primo la scomunica è automatica, il secondo può essere ‘lavato’ da una semplice confessione. Che poi rimanga un crimine orrendo e un reato severamente perseguito dalla Legge non sembra aver preoccupato granché, almeno fino ad oggi, le gerarchie ecclesiastiche.

Ora, in modo veramente grottesco e anacronistico, la Chiesa ricorre all’espediente della Sindone per cancellare la scomunica alle fedeli che hanno abortito.

Quello che somiglia a un semplice ‘condono’ in casa cattolica, in realtà cela significati molto più profondi che, in alcuni casi, stridono profondamente con il messaggio cristiano di cui la Chiesa di fa promotrice.

Innanzitutto perché palesa che le donne non sono tutte uguali davanti a Dio. Alcune, e precisamente quelle che si troveranno in questo periodo a Torino, sono ‘più uguali’ delle altre, condannate latae sententiae e senza speranza di amnistia a convivere con una colpa che le porterà a bruciare nel fuoco eterno.

In secondo luogo per un ricorso anacronistico e strumentale alla superstizione. L’adorazione delle reliquie costituisce fuori da ogni dubbio un comodo mezzo per rimpinguare le casse del Vaticano, ma utilizzata come arma di ricatto, come in questo caso, potrebbe sortire l’effetto di allontanare i cattolici adulti e istruiti, quelli che non credono a un dio impresso su un lenzuolo di lino o disciolto nel sangue di un santo. Al contrario, il loro dio trascendente non può perdonare sulla base di arbitrari criteri geografici definiti dal cardinale di turno.

A tal proposito, merita menzione il comunicato delle Comunità cristiane di base del Piemonte: “Riteniamo gravissima la scelta del vescovo di Torino di utilizzare la sua autorità per concedere alle donne che, nei giorni dell’ostensione della sindone, confessano a un prete di aver abortito, l’automatica cancellazione della scomunica che, altrettanto automaticamente, era stata loro comminata. […]La gerarchia della chiesa cattolica insiste nel culto delle reliquie; non ci stupisce, ma ci amareggia profondamente, perché così facendo sposta l’attenzione dei fedeli dalla testimonianza alla superstizione”.

In ultima analisi, questo decreto cardinalizio dimostra ai cattolici – se già non lo avessero sufficientemente chiaro – che le ‘leggi di Dio’ non sono altro che leggi scritte da uomini che si definiscono, senza alcuna prova, suoi rappresentanti, tant’è che le cambiano a seconda dell’esigenza (o convenienza) del momento. Se la Sindone può riportare qualche pecorella all’ovile perché non cavalcare l’onda?

Il cardinal Poletto, lo stesso che inneggia all’obiezione di coscienza sui temi etici perché “la legge di Dio è superiore a quella degli uomini“, ha addirittura conferito alla legge divina – universale per definizione – una valenza locale: solo alle donne che si confesseranno a Torino, e solo in questo periodo, potrà essere rimessa la scomunica derivante dall’aborto. Sarà stato l’esito delle recenti elezioni regionali in Piemonte, dove la Lega ha stravinto, a suggerire al cardinale questo piglio federalista?

Ciò che più stupisce, ancora una volta, è l’atteggiamento dei cattolici, lontani dal ribellarsi ad essere rappresentati da un’istituzione anacronistica, misogina e antiscientifica che arriva a decretare amnistie ‘a tema’ sul peccato, dando un’immagine di se se stessa più vicina a quella di un esercizio commerciale alle prese con i saldi promozionali che di guida spirituale di cui reclama il primato per l’umanità intera.