L’AMORE DEL PATRIARCA

di Paolo Bonetti
da www.italialaica.it

Il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia è, fra i gerarchi della Chiesa cattolica, uno di quelli che maggiormente, in questi ultimi anni, ha cercato il dialogo con la cultura dei laici non credenti. Ricordiamo, a tal proposito, il dibattito che si svolse alla Normale di Pisa con Paolo Flores d’Arcais e che venne poi trascritto nel volume “Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede” pubblicato nel 2008 da Marsilio. Non è che i due si intendessero molto, data la radicale diversità delle premesse filosofiche da cui partivano, ma il dialogo fu comunque rispettoso nel tentativo di trovare, almeno, qualche punto in comune sul piano dei valori.

Qualche giorno fa il patriarca ha concesso un’intervista ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, che il quotidiano milanese ha voluto intitolare, un po’ ad effetto, “Il cardinale Scola: sull’amore serve una riforma della Chiesa”. L’abbiamo subito letta con molta attenzione e speranza, perché, considerata l’influenza che le gerarchie vaticane continuano ad avere sui nostri legislatori, sarebbe davvero importante se la Chiesa cattolica modificasse certe sue posizioni sulla sessualità e sulla famiglia.

Non dico che dovrebbe radicalmente mutarle, perché questo è chiaramente impossibile anche alla luce delle attuali e più volte ribadite indicazioni del Magistero, ma certo sarebbe positivo se la Chiesa, ispirandosi a quella carità che è fondamentale fra le virtù teologiche, si aprisse ad una considerazione meno astratta e più simpateticamente umana della sessualità e dell’affettività. Purtroppo sono rimasto deluso: tante belle parole, tante frasi suggestive ma generiche, nessun tentativo di capire che cosa s’intende per famiglia nelle società secolarizzate dell’Occidente, ma anche di altre parti del mondo. La Chiesa cattolica, a quanto pare, non riesce ancora a capire che siamo di fronte non a una crisi della fede, ma a una vera e propria frana della morale ecclesiastica.

Che cosa dice, in sostanza, il patriarca a Cazzullo? Parte da una giusta premessa, ammettendo la difficoltà a “comunicare che lo stile di vita affettiva e sessuale indicato dalla Chiesa è buono e conveniente per l’uomo di oggi”. Ma dopo questa ammissione, non c’è nessuna analisi antropologica, sociologica ed economica (per quanto inevitabilmente sommaria in una intervista giornalistica) dei motivi per cui gli uomini e le donne del nostro tempo tendono sempre più ad abbandonare i modelli familiari indicati dalla Chiesa come naturali e universalmente validi. Al contrario il patriarca, citando anche Tommaso d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio, si perde (con tutto il rispetto per questi due filosofi) in vaghezze sull’idea biblica del “bell’amore” e invoca la “capacità di coniugare l’amore alla bellezza, di vederlo scaturire da essa e percepirlo come ‘diffusivo’ di bellezza, capace di farla splendere sul volto dell’altro”.

A questo punto, senza voler mancare di rispetto all’illustre uomo di chiesa e alla indubbia sincerità delle sue convinzioni, ci permettiamo di chiedere con la necessaria franchezza: il patriarca ha mai avuto una qualche esperienza, eterosessuale od omosessuale che sia, di un rapporto coniugale nel senso più ampio della parola? Ha mai conosciuto le difficoltà molte concrete (di natura economica, sessuale, ambientale e perfino legislativa) che minano continuamente la convivenza fra due persone che pure si amano? Si è mai reso conto che viviamo in una società che, per il suo intrinseco dinamismo e per l’enorme mobilità della vita di relazione, non permette più la sopravvivenza del tipo di famiglia che Scola vorrebbe a tutti i costi conservare, impedendo, ad esempio, che la legislazione italiana intervenga per prendere realisticamente atto che ci sono molteplici forme di famiglia e che questi nuovi rapporti, sempre più diffusi, hanno urgente bisogno di una qualche regolazione che sancisca diritti e doveri?

La realtà davvero preoccupante è che la gerontocrazia vaticana (che supera largamente, è tutto dire, quella della classe politica italiana), abbia ormai perduto ogni contatto con la vita sociale effettiva e con i bisogni e gli affanni psicologici non solo dei semplici fedeli (che ascoltano infastiditi certi discorsi che sono soltanto aria fritta), ma perfino con larga parte del suo clero che vive davvero a contatto col popolo di Dio e sa benissimo che certe prediche sulla bellezza della castità appaiono ai più una semplice esercitazione retorica.

Intendiamoci: quando il patriarca denuncia i pericoli del riduzionismo neurofisiologico dell’amore ha pienamente ragione, ma lasci perdere le nostalgie improbabili sulle “tante generazioni vissute nella logica del bell’amore”. Agli esempi indubbiamente veri e commoventi che egli ricorda, si potrebbe facilmente contrapporre un numero ben maggiore di casi in cui il cosiddetto bell’amore era soltanto la violenza esercitata dagli uomini sulle donne, una violenza vissuta nel silenzio e nella paura. Perciò, abbandoni la retorica sentimentale che non giova a nessuno e cominci ad esercitare la pietà cristiana, riconoscendo a tutti il diritto di amare nella libertà e nel rispetto integrale delle differenze.