Invadere le piazze per invadere la società: se non ora, quando?

Enzo Mazzi (Cdb Isolotto – Firenze)
l’Unità 2 marzo 2011

Una chance anche per le donne rom. Oltre le splendide manifestazioni, le buone pratiche diffuse

L’invasione delle piazze del Nord Africa ha oscurato la splendida conquista delle piazze, nel nostro paese e non solo, da parte delle donne. Ma non ha annullato anzi forze ha rafforzato la forte spinta femminile alla liberazione. Le donne non sono scese in piazza per motivi contingenti, come si è voluto far credere. Se non ora, quando? è un grido di lotta che viene da lontano ed è destinato a risuonare per molto ancora.

E’ un grido di forte consapevolezza contro la devastazione del modello neoliberista verso la cultura femminile del corpo, della sessualità, del lavoro di cura e della cura del lavoro. L’usa e getta ha coperto di rifiuti non solo la faccia della terra ma anche la memoria, i segreti, le competenze femminili accumulate in millenni di cultura della cura, dell’attenzione amorosa per la vita, della preoccupazione e responsabilità verso le persone. E di nuovo, come in altri momenti tragici della storia, la soggettività femminile riemerge alla ricerca di varchi e di barlumi nella notte.

Invadere le piazze per invadere la società, per conquistare egemonia culturale: se non ora, quando? Ed è per questo che molti cartelli portati da giovani donne nelle recenti manifestazioni inneggiavano alla creatività femminile come risorsa essenziale per uscire dall’immobilismo necrofilo della cultura patriarcale.

Si rivelano preziose le buone pratiche femminili in atto magari da anni come quella raccontata nel libro “Donne per le donne” (a cura di Luciana Angeloni, EDIESSE Roma 2010, 10 euro).

L’esperienza è nata quindici anni fa nel quartiere fiorentino dell’Isolotto dalla complicità che si è creata fra un gruppo di donne del territorio e di donne del confinante campo rom del Poderaccio.

La donna ha sempre rappresentato nella cultura del popolo rom un elemento fondamentale dell’economia familiare, in un contesto però fortemente patriarcale e maschilista. Nell’incontro con la nostra cultura questo ruolo non è molto cambiato. I pregiudizi, l’emarginazione, le pessime condizioni ambientali in cui si sono trovate a vivere hanno impedito alle donne rom ogni possibilità di inserimento lavorativo ed esse hanno dovuto mettere in atto strategie di sopravvivenza quotidiana, soprattutto l’accattonaggio, legate ai residui della nostra economia di consumo. L’integrazione non può escludere la donna rom. Anzi forse è proprio da lei che l’integrazione deve partire, cioè dalla realtà doppiamente esclusa ma che costituisce l’anima profonda della società rom.

E’ questa l’idea che si trova al fondo della creazione di un laboratorio di piccola sartoria e stireria che funziona tutt’ora.
Le protagoniste di questa esperienza sono state apripista. Ispirandosi a loro, altre esperienze simili sono nate in diverse parti d’Italia.