Un’istituzione lontana…

Angelo Fracchia
Il Granello di senape

Lo studio della storia presenta facilmente il quadro di una Chiesa, intesa sempre solo come istituzione, che si pone come potere tra gli altri poteri. Inevitabilmente conservatore e poco attento ai bisogni dei più umili, come tutti i poteri. Ci consoliamo spesso pensando che si tratti di un quadro del passato.

È sempre più di un’illusione. Allo sconcerto e sconforto con cui tante persone oneste hanno assistito, negli ultimi lustri, alla degenerazione della modalità con cui si gestisce la “cosa pubblica” in Italia (il tutto concentrato intorno a una persona, lo sappiamo, sebbene in quella non esaurito), si aggiunge per i credenti lo sconcerto e sconforto nel vedere che proprio questa persona sembra essere stata scelta dalle gerarchie espicopali italiane e dal Vaticano come “nuovo Ciro”. L’unico motivo razionale sembrerebbe per averne in cambio la minestra di lenticchie di alcune norme favorevoli non all’annuncio del vangelo, ma alla struttura ufficiale della Chiesa italiana.

Chi vive dall’interno la vita ecclesiale percepisce il fastidio e lo scollamento tra la lettura che di questa situazione fanno tanti credenti, laici e non, e quella che pare valere in tanti palazzi romani. Chi guarda dall’esterno, però, non può che ritenere che la vecchia Chiesa dei prìncipi e degli eserciti resti quella di oggi, magari appena aggiornata (ufficialmente i titoli nobiliari non valgono più, in Vaticano, e l’esercito non c’è; ma lo stesso non si può dire di quella alta finanza che oggi ha in gran parte sostituito gli eserciti).

L’esito è che chi cerca una parola di speranza, di vita, si volge comprensibilmente altrove. Questa nostra Chiesa, soprattutto dall’esterno, non può che dare la sensazione di essere non certo un vaso di coccio, ma della parola di Dio che quel vaso dovrebbe contenere… e ci si chiede anzi se non sia ormai vuoto, dopo tanti scossoni dati volontariamente agli altri vasi.

Molti dei lettori del “Granello” hanno vissuto le speranze della stagione conciliare. Oggi resta nella chiesa un clima asfittico, percepibile nei documenti, nelle prese di posizione e persino nelle liturgie, di nuovo pesanti e cariche di ori; resta la percezione di un potere, lontano dai poveri e umili; resta la sensazione di un’istituzione, remota, capace di distribuire giudizi e anatemi ma mai speranza.

Ovviamente si ripete che la quotidianità della formazioni e dell’ascolto biblico e liturgico rimangono. Altrettanto ovviamente, vale per chi è dentro, e non per chi cerca parole di vita. Per quanto sia pessimista dirlo, pare che oggi la lampada sia stata posta sotto il moggio. Magari dicendo che così la si difende da chi la vuole spegnere.