Il 1° maggio: un rito di papolatria contro la festa dei lavoratori

Marcello Vigli
da www.italialaica.it

“Santo subito” fu il grido che si levò dalla folla convenuta in piazza San Pietro in occasione della morte di Giovanni Paolo II. Si corse il rischio di tornare ai tempi in cui i santi si proclamavano a furor di popolo. Rischiarono di essere travolte le complesse procedure per giungere alla definizione delle virtù eroiche di un cristiano, per renderlo esempio di vita e oggetto di venerazione. Costruite nel tempo, lo stesso papa Wojtyla le aveva innovate e rese più sbrigative per moltiplicare, durante il suo pontificato, il numero dei beati, milletrecentotrentotto, e dei santi, quattrocentottantadue, più di quanti ne abbiano proclamati i suoi predecessori negli ultimi quattro secoli.

In verità il rigore formale di tali procedure non aveva impedito eccezioni o patteggiamenti; le congregazioni e gli ordini religiosi più ricchi le hanno usate per ottenere più in fretta l’onore degli altari per i propri fondatori, è un segno di “nobiltà” liturgica. Recentemente esempi di accelerazione si sono avuti nei processi di beatificazione di Madre Teresa di Calcutta e di Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Nel 2000 la beatificazione del papa “innovatore” Giovanni XXIII fu, invece, patteggiata con quella del suo predecessore “conservatore” Pio IX !!!

L’acclamazione a furore di popolo per Giovanni Paolo II è stata ritardata solo per le resistenze di parte della curia, meno compromessa col papa polacco, e per la complessità delle scelte operate nei lunghi anni di pontificato, molte delle quali suscitavano dubbi e perplessità, come scrive l’agenzia Adista nel numero 29/2011 intitolato Santo… dubito.

Benedetto XVI nel dicembre del 2009 le ha fugate riconoscendo “eroiche” le virtù di Karol Wojtyla e aprendo la via per la beatificazione che sarà proclamata il I maggio prossimo. La necessità per il Comune di Roma di gestire la presenza in quel giorno di centinaia di migliaia di “pellegrini” che affluiranno a Roma per l’occasione, fa uscire questo episodio di vera e propria papolatria, il terzo papa beatificato in dieci anni, dalla dimensione di fatto interno all’istituzione ecclesiastica.

L’accoglienza dei pellegrini partirà dall’aeroporto di Fiumicino, dalla stazione Termini e da Civitavecchia. In città sarà rafforzato il trasporto pubblico. Saranno realizzati 5.046 nuovi posti pullman per 267.438 persone trasportate. Le linee della metropolitana saranno eccezionalmente aperte anche nelle ore notturne, mentre attualmente la linea A è invece chiusa la sera dalle 21 per lavori. L’Ama precetterà 1.210 dipendenti per il servizio h24. Nelle vie limitrofe al Vaticano saranno installati 400 bagni chimici. L’Ares 118 ha predisposto un piano che prevede l’apertura di un ospedale da campo in piazza Risorgimento, a pochi passi da San Pietro, e un secondo in un’area ancora da definire, oltre 87 ambulanze e 14 posti medici avanzati. Per i costi dell’intera operazione il sindaco ha parlato di una spesa pari a 3,5 milioni, di cui per i 2,6 servizi essenziali, 900mila per l’accoglienza e circa 500mila come contributo dell’Opera romana pellegrinaggi.

Ma non basta! Sarà svelata il 18 maggio, una statua, interamente realizzata in bronzo, alta 4 metri, dedicata a Giovanni Paolo II e posta alla stazione Termini. È stata finanziata da una fondazione privata e il Comune darà solo lo spazio, ha assicurato il sindaco che ha aggiunto: L’opera servirà anche a chiudere un equivoco che si trascina da molto tempo la stazione Termini è una stazione dedicata a Giovanni Paolo II nonostante le polemiche che ci sono state negli ultimi tempi. L’ha anche ribadito, più volte, l’ad delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti.

Potrà così essere soddisfatto Walter Veltroni che, quando era ancora sindaco di Roma, il 23 dicembre 2006 all’insaputa del grande pubblico e mentre era in corso uno sciopero dei mezzi di informazione aveva deciso di intitolare a Giovanni Paolo II la Stazione Termini. Contro questo ennesimo attacco al carattere laico delle istituzioni, denunciato come negazione del pluralismo culturale, politico e religioso della società italiana, si mobilitarono le forze democratiche della città sollecitate da alcune associazioni laiche, fra le quali l’Associazione Italialaica.

L’operazione fu bloccata, ma ora sembra destinata ad essere realizzata grazie alla solerzia di Alemanno.

E’ da considerare un ulteriore segno del processo di confessionalizzazione della Repubblica che, negli ultimi mesi, sembra essersi accelerato, come rivelano recenti interventi della gerarchia cattolica e la stessa scelta del 1° maggio per proclamare la beatificazione di papa Wojtyla.

Il cardinale Bertone segretario di Stato, silenzioso su tante ben peggiori forme di violazione dei diritti, biasima l’Europa che ha perso il suo spirito profondo di grande solidarietà esortandola ad aiutare l’Italia sulla questione delle distribuzione di tunisini. Gli fa eco il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che, come scrive l’Avvenire, ha definito «necessaria» una «convergenza d’azione» che sia «rapida e concreta » dell’Europa nelle vicende migratorie di questi giorni.

Il problema migratorio, ha sottolineato Bagnasco è «in crescita», ma «dovrebbe e deve essere l’occasione perché l’Italia abbia una sola voce verso l’Europa» e, da parte della Ue, l’occasione per dimostrare di essere «una realtà con un cuore unico che affronti i problemi in sinergia e con responsabilità. Si può convenire o meno con le parole dei due prelati, ma è innegabile che i loro interventi interferiscono con l’azione diplomatica degli organi della Repubblica competenti in politica estera, sembra che Santa Sede e Cei si siano aggiunte alle cinque istituzioni alle quali la Costituzione affida il governo dell’Italia.

L’interrogativo diventa ancora più inquietante se si considera la coincidenza della data della beatificazione: è ormai patrimonio comune e indiscusso che il 1° maggio è la festa dei lavoratori. La gerarchia cattolica interviene quindi, senza alcun rispetto per la storia, per riaffermare con un suo uomo simbolo, papa Wojtila, una prepotente immagine di sé, un prestigio scosso da tante vicende recenti e da una leadership contraddittoria. Lo scrivono in un loro comunicato le Comunità cristiane di base italiane aggiungendo che il 1° maggio è e deve rimanere nella memoria collettiva, la festa dei lavoratori, contro la prepotenza del Vaticano e la torpida acquiescenza delle autorità civili.