Gentile Michele Serra, prima di parlare della Chiesa cerchi di capire bene di cosa sta parlando

Gianni Geraci
Portavoce del Guado – Gruppo di riflessione e di ricerca su Fede e omosessualità (Milano)

Dopo aver letto il commento scritto da Michele Serra e pubblicato su «Repubblica» del 7 Maggio 2011 (potete leggerlo QUI), ho deciso che non potevo non reagire e ho deciso di scrivergli quesa lettera.

Gentile Michele Serra,
una delle cose che più ci offende è sentire qualcuno che pontifica su di noi senza conoscere le nostre storie.

Lo fanno gli uomini di chiesa che parlano di un’omosessualità fatta di trasgressione e di incapacità di impegnarsi in una relazione d’amore responsabile che assomiglia così poco a quella che vediamo nei nostri gruppi: forse hanno in comune con noi una visione del mondo che parte dal Vangelo, ma non capiscono niente della nostra omosessualità.

Lo fanno tanti omosessuali impegnati che ci dicono che il nostro desiderio di restare nella chiesa cattolica è assurdo: loro probabilmente conoscono la nostra omosessualità, ma non ci capiscono in quanto credenti e non si rendono conto che il nostro desiderio di continuare a restare in comunione con la Chiesa non è un capriccio, ma è qualche cosa di profondamente radicato nella nostra struttura personale.

Lo fanno quelli come lei, che possono scrivere di tutto su un grande quotidiano nazionale, senza nemmeno chiedersi se quello che scrivono c’entra con il vissuto delle persone di cui si parla. E che lei abbia poco in comune con degli omosessuali credenti, caro Serra, lo si capisce da quello che scrive.

In particolare parla dell’atteggiamento della chiesa di Palermo e lo definisce “giusto” senza avere la minima idea di quale sia la posizione ufficiale della Chiesa cattolica in materia, non tanto di omosessualità, quando di violenza e di aggressioni omofobe.

Perchè se lo sapesse, caro Serra, non capirebbe, come del resto non lo capiamo noi, come mai nella Curia di Palermo ci siano persone che hanno problemi a dare spazio a chi (indipendentemente dal proprio orientamento sessuale) vuole pregare pubblicamente per le vittime di questa violenza.

Nessuno ha chiesto alla Curia di Palermo di avvallare pubblicamente una delle tante unioni tra persone dello stesso sesso che, in privato, molti preti e diversi vescovi approvano e incoraggiano. Questo sarebbe sì in contrasto con il magistero ordinario della Chiesa cattolica e non si può chiedere a un vescovo di dissociarsi pubblicamente da questo magistero, anche se, diciamolo una volta per tutte, quanto questo stesso magistero ha definito in materia di omosessualità, non è mai stato dichiarato nè infallibile nè definitivo e può quindi non essere condiviso non solo da un laico come me, ma anche da una persona che ha posizioni di responsabilità all’interno della Chiesa.

Nessuno ha chiesto alla Curia di Palermo di ospitare una manifestazione per il riconoscimento delle unioni tra le persone dello stesso sesso. Anche qui, proprio perché si tratta di una questione squisitamente politica, la Chiesa farebbe bene a chiamarsi fuori da certe rivendicazioni rispettando la laicità dello Stato.

Quello che hanno chiesto gli organizzatori della veglia di Palermo era di invitare le comunità cristiane della città a pregare per le vittime dell’omofobia: pregare cioè per tutti quelli che sono stati derisi, sono stati insultati, sono stati aggrediti, sono stati picchiati, sono stati imprigionati, sono stati cacciati dalla loro casa e dal loro paese, sono stati uccise solo perché erano omosessuali.

Tutte queste cose il magistero della Chiesa le condanna in maniera inequivocabile. Chi si incontra per pregare per le vittime della violenza omofoba non fa niente di contrario alle indicazioni della Chiesa stessa che non solo “può”, ma che addirittura “deve” aiutare i suoi figli quando intendono rivolgersi a Dio per chiedere ciò che la Chiesa stessa indica come giusto e condivisibile. Una chiesa che si rifiuta di ospitare una veglia per le vittime della violenza omofoba è una chiesa che viene meno alla sua missione e tradisce il mandato che Gesù le ha dato.

Ecco perché noi omosessuali cattolici, insieme a tanti altri cattolici che omosessuali non solo, chiediamo alla Chiesa di aiutarci a vivere questa forma di preghiera.

E nel farlo, lo ricordi caro Serra, non abbiamo a cuore solo la difesa dell’integrità fisica delle persone omosessuali, ma abbiamo altrettanto a cuore la capacità della Chiesa di cui ci sentiamo figli di aderire al Vangelo predicato da Gesù.