Don Cantini – la veglia di riparazione non sia solo un punto d’arrivo

Enzo Mazzi, cdb Isolotto (Firenze)
La Repubblica, 9 giugno

Finalmente il vescovo di Firenze, dopo anni di pressanti richieste da parte delle vittime e non solo, ha deciso di compiere un pubblico gesto di “penitenza, purificazione e riparazione” per gli abusi di minori commessi da don Lelio Cantini. Si tratterà di una veglia alla SS. Annunziata. Soddisfazione è stata espressa dal gruppo delle vittime ma con riserve e non di poco conto.

Vogliono essere protagoniste della veglia affinché questa non si traduca in un bel colpo di spugna. Pretendono che il gesto pubblico non sia un punto di arrivo per blindare tutta la vicenda nel bunker delle nebbie fitte ma invece costituisca una vera apertura verso una chiesa trasparente, perennemente vigilante, meno preoccupata dei suoi interessi istituzionali e più attenta alla vita delle persone, “libera dalla paura che induce a posizioni di difesa”.

E non sono affatto soli. E’ diffusa anche qui da noi una pubblica opinione che vuole chiarezza assoluta sulla emergenza ormai mondiale della pedofilia del clero. La veglia dovrà consentire a tutti e in primo luogo alle vittime di manifestare perplessità, dissenso e condanna non solo verso le colpe di don Cantini, ma verso la fitta rete di coperture e di favori curiali di cui per decenni egli ha potuto godere.

Ad esempio, è vero che fin dagli anni ’60 gli ambienti curiali erano al corrente della pedofilia di don Cantini e non hanno mosso un dito perché la sua pastorale del controllo totale che sfornava un prete all’anno doveva risultare esemplare e vincente?

E’ vero che gli ambienti curiali, a partire da questi preti dell’ovile cantiniano divenuti addirittura vescovi o sistemati in posti di grande responsabilità, senza mai un minimo segno di presa di distanza dalla formazione ricevuta da don Cantini, hanno impedito che i misfatti del loro idolo venissero denunciati in tempo alla magistratura in modo da favorire la loro cancellazione con una più che sospetta amnistia?

Un tale comportamento di autosufficienza giurisdizionale da parte della gerarchia è un residuo dell’ordinamento medioevale: il mondo del sacro può essere giudicato solo dal potere ecclesiastico. Ma oggi questo è molto pericoloso. Quanti altri misfatti di preti e religiosi vengono coperti dalla coltre sacrale? Con quale fiducia i genitori posso mandare i loro figli in parrocchia?

E’ vero che pedofilia e pastorale del controllo totale delle coscienze sono da considerare una specie di blocco sistemico? Lo afferma con una chiarezza inusuale qui in Italia l’arcivescovo di Poitiers, mons. Albert Rouet, scrivendo su Le Monde del 4 aprile 2010. “Perché ci sia pedofilia sono necessarie due condizioni, una profonda perversione e un potere.

Questo vuol dire che ogni sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato è un pericolo. Quando una istituzione, compresa la Chiesa, si erge in posizione di diritto privato e si ritiene in posizione di forza, le derive finanziarie e sessuali diventano possibili. E’ quanto rivela l’attuale crisi e tutto questo ci obbliga a tornare all’Evangelo: la debolezza del Cristo è costitutiva del modo di essere Chiesa”.

Sono anni che la chiesa conciliare dice queste cose. Il cardinale Giacomo Lercaro, nel 1967, fu “dimissionato” da vescovo di Bologna per aver detto cose simili. Da allora fu uno stillicidio di rimozioni, sospensioni, scomuniche contro comunità e preti che praticavano e annunciavano la dimensione profetica della povertà, della debolezza, della trasparenza, della democrazia di base, del non-potere.

La chiesa dei Lercaro, del serio riformismo conciliare e delle comunità di base fu chiamata dispregiativamente “chiesa del dissenso”. E’ venuto forse il tempo del suo riscatto. Se la Chiesa cattolica non vuol finire nel calderone del folklore come residua monarchia teocratica non resta che affidarsi alla dimensione profetica tenuta viva da queste realtà che si rivelano una grande risorsa.

La Veglia potrebbe essere l’occasione per aprire un dibattito animato magari dai protagonisti della “Lettera alla Chiesa fiorentina”, che il 30 maggio si sono ritrovati in tanti all’Isolotto per riaprire un laboratorio che “dia spazio ad alcune delle molteplici voci profetiche che ancora (r)esistono nella nostra chiesa e a coloro che, di fronte ai troppi scandali, non smettono di gridare: Sentinella, quanto resta della notte?”.