Tra disperati e indignati, il bisogno di una nuova etica
Gianni Rossi
www.paneacqua.eu, 12 agosto
La crisi economica infuria ovunque e nel frattempo arrivano le cronache dei disordini in Gran Bretagna, degli “indignati” in Spagna e in Cile. Per contrastare le violenze e gli atti di teppismo ci vogliono le forze dell’ordine. Ma a lungo andare la “risposta militare” da sola è controproducente. Tocca a una nuova classe politica e di intellettuali, all’opinione pubblica impegnata, quella che ha costruito attraverso la Rete percorsi di “Indignazione” ed è riuscita ad organizzare manifestazioni strapiene di gente, gettare i semi della speranza
Il caos giovanile, che irrompe dai media mondiali verso le coscienze dell’opinione pubblica intorpidita dal caldo, non è un fenomeno di ordine pubblico né solo generazionale né tantomeno un “luddismo” del sottoproletariato delle periferie verso i beni effimeri della società consumistica. E’ un sintomo apicale della crisi generale che stanno vivendo le società capitalistiche avanzate.
Per il neo – consevatore leader britannico, David Cameron (sponsorizzato dallo “Squalo” Murdoch e in crisi di consensi proprio per gli scandali delle intercettazioni illegali), il problema è la mancanza di responsabilità delle famiglie, di scarsa educazione da parte delle scuole. Insomma, i Desperados che hanno messo a ferro e fuoco le zone periferiche di Londra e di altre città inglesi, sarebbero l’espressione delle colpe dei genitori e delle scuole pubbliche. Unico rimedio del “Neocon” Cameron l’aumento della repressione e tagli allo stato sociale, ai sussidi, alle sovvenzioni dell’epoca laburista.
Se, da una parte, i Desperados, così come in altra maniera, chi con la non-violenza, come gli Indignados spagnoli, e chi con la violenza, come quelli cileni, si battono contro lo “scintillio” della società consumistica in piena crisi di identità; dall’altra, i loro “padri”, i “timonieri” dei governi, delle aziende, della politica, dei media annaspano nei giudizi e nelle misure correttive. E spesso tentano di correre ai ripari, con una “strambata”, voltando il percorso della storia, navigando controvento, a vista.
Il cortocircuito non è generazionale, come avvenne nel ’68 e nei primi anni Settanta, bensì di classe, di culture, di assenza delle tanto deprecate ideologie. Quelle stesse ideologie messe così in fretta nei cassetti della politica e chiuse a doppia mandata nel 1989, quando crollò il vergognoso Muro di Berlino e il “Socialismo reale” morì per sempre, giustamente.
Ma da allora in poi è prevalsa un’ideologia su tutte, quella dell’iperliberismo: “mani libere” per la speculazione mondiale, arricchimento “mordi e fuggi”. Un “Tutto e subito”, senza rispetto dell’etica sociale, eppure tanto cara ai padri del liberismo, con la politica amorale che si consuma sui media e l’incultura che annebbia le coscienze.
Certo, per contrastare le violenze e gli atti di teppismo ci vogliono le forze dell’ordine. Ma a lungo andare la “risposta militare” da sola è controproducente. Basta vedere le tante “risposte militari” in giro per il mondo: dalle guerre antiterrorismo in Iraq, Afghanistan, alle repressioni antidemocratiche in Siria, Egitto, Yemen, Tunisia, Libia. Se “il sonno della ragione genera mostri”, la faccia feroce della repressione genera solo altro sangue.
Ai malesseri della società, variamente esternati, non si può rispondere con la forza e senza ascoltarne le ragioni, senza affrontarne le cause.
Ma affrontare le cause di questi “rumors”, di questi clamori di guerriglia urbana, significa fare i conti con il declino della società capitalistica, con l’enorme disoccupazione giovanile, con l’assenza di prospettive future, con le ingiustizie sociali, con l’appiattimento culturale, che premono strati di popolazione originale o immigrata all’esterno delle grandi città, in “terre di nessuno”, in quelle periferie realizzate dai grandi gruppi immobiliari, che hanno speculato sulle aree edificabili, elargito “mazzette” agli amministratori e che da tempo hanno reinvestito i loro utili nei media e nella speculazione finanziaria.
Abbiamo scritto che Berlusconi è un “epifenomeno” di questo sistema, di questa società in declino: palazzinaro, spalleggiato dalla politica del centrosinistra meneghino, poi “imprenditore” dei media, sostenuto dalla classe politica socialista e democristiana nell’era Tangentopoli, leader di governo grazie ai “poteri” forti ed occulti.
Come lui, impelagati nei “bassifondi del clientelismo politico”, lo sono tanti imprenditori italiani, europei, americani, che oggi vorrebbero fornire lezioni di rigore e di sacrifici, attraverso le loro “lunghe mani” (una sorta di “mano morta” del capitalismo imperante), inzuppate di conflitti di interessi, come le loro società di rating, i loro fondi di investimento, gli hedge fund, le catene mediatiche con tanto di opinionisti bipartisan, che fanno e disfano governi.
Le “sante regole” del capitalismo liberale sono stati proprio loro a mettersele sotto i piedi, ad aggirare con una classe politica alle loro dipendenze le leggi antitrust, antiscalate, antispeculative.
L’Europa unita, disegnata dai grandi padri fondatori del dopoguerra, un po’ visionari, divisi dalle rispettive ideologie, eppure mossi da intenti comuni, sta vivendo il tormento più aspro da 50 anni in qua. E i paesi di Eurolandia rischiano di affogare, con la zattera Italia capitanata da un’allegra combriccola di vecchi tromboni (Berlusconi, Bossi, Tremonti al timone).
Il “commissariamento” del governo del Sultano è solo un’amara medicina per ripristinare quella “sovranità limitata”, che il nostro paese ha conosciuto negli anni aspri della Guerra fredda. Non servirà a portarci fuori dalla “tempesta perfetta” della speculazione dei mercati e a salvarci dall’impatto con il Titanic della crisi economica.
I giovani Desperados oggi presentano violentemente e irresponsabilmente il conto.
Tocca a una nuova classe politica e di intellettuali, all’opinione pubblica impegnata, quella che ha costruito attraverso la Rete percorsi di “Indignazione” ed è riuscita ad organizzare manifestazioni strapiene di gente, gettare i semi della speranza.
Non sarà facile trovare una lingua comune, un programma condiviso, dei leader “spendibili”, ma è la sfida di queste settimane, dei prossimi mesi, mentre intorno a noi “i palazzi del potere bruciano” e i loro occupanti non vogliono lasciare gli scranni insanguinati. Una nuova etica della politica, insomma.
“Siamo realisti, esigiamo l’impossibile”! L’utopia è a portata mano, specie nei periodi di crisi: questo l’insegnamento dei grandi filosofi e politici rivoluzionari e riformisti dalla fine dell’Ottocento in poi. Riprendiamoci il testimone delle loro idee migliori e adeguiamole al mondo globalizzato in cui viviamo.
Desperados, Indignados, Precari di tutto il mondo unitevi: il futuro è nelle vostre mani!
Non è mio ma lo quoto in pieno e ve lo propongo: Il Governo Ombra – 82 –
10 Agosto 2011
“ Scegliamo la Fiducia ”
Anche questa settimana, inutilmente, continuiamo ad attendere un “decreto” sul ridimensionamento
dei privilegi, pardon “giusti diritti”, assegnati in nome del popolo sovrano ai “Nostri”
rappresentanti politici. A dire il vero chiacchiere molte, fatti pochi ed il contenuto comunque
desolante: è purtroppo evidente come il sistema politico non abbia mai fatto la sintesi
tra i problemi e le risorse della gente continuando a parlarsi addosso per risolvere i propri
irrisolvibili ed irreali problemi.
Il tema di oggi si riferisce alla rivolta, in analogia a quanto accade nel medio oriente, in essere
in inghilterra. Infatti anche questa rivolta, come quelle del medio oriente, lungi dal rappresentare
quella, sperata, “svolta illuminista”, sono in realtà l’espressione di quelle contraddizioni
illuministiche e post illuministiche che nell’incompletezza trovano la motivazione. E’
ovvio che anche l’Islam come la chiesa cattolica e molte altre religioni soffrono della stessa
problematica. I toni utilizzati dai governanti sono sorprendentemente simili sui protagonisti
delle rivolte: terroristi, delinquenti, ecc. Ma tutti i governanti si guardano bene dallo spiegare
le vere motivazioni di queste rivolte che ricordano quelle della tassa sul macinato in Italia.
Se pensiamo poi che chi governa “avrebbe” il dovere di cercare la maggior felicità possibile
per il maggior numero possibile di cittadini, ecco che alla luce di quanto accade in
questi giorni almeno non si può biasimare chi si senta almeno un po’ “disorientato”. E allora
da cosa nasce questa fiducia? Non si tratta ovviamente di una fiducia acritica da riporre a
caso o a chicchessia ed a prescindere. Ciascuno di noi, in fondo, ha sempre una possibilità di
scelta. Rispettabili sono le scelte nichiliste, pessimiste, ecc., ma orientare la propria esistenza
alla fiducia, quando possibile, è l’unica possibilità per noi credenti. E’ questa scelta, in
fondo, che ci permette poi di sperimentare la positività e l’amore del Dio di Gesù. Come più
volte ricordato, la caduta dei troni, delle dominazioni, della luna, del sole e delle stelle non è
infatti la fine del mondo, ma la possibilità, dopo la caduta dei potenti di turno, per chi non
ha diritti di vedere riconosciuti i propri. E’ sempre stato così nei tempi ed ogni caduta è sempre
stata la premessa per una grandezza, per uno sviluppo, per una crescita più grande. E’
ovvio e ben vero che anche in Italia stiamo assistendo alla caduta della destra, della sinistra
e del centro in politica, è ben vero che anche i sindacati stanno sussultando nell’agonia della
morte ed è altrettanto vero che le economie sono giunte ad un punto di grave crisi, ma questo
non ci impedisce di avere fiducia. Il Nuovo bussa già alla porta e i ministri che sentono
la necessità di difendersi in tv nei confronti delle accuse loro rivolte dai pm e dai giudici intuiscono
questo Nuovo che tuttavia non comprendono. Infatti non è la morale o l’etica il problema,
ma di questo si è già detto diversi comunicati fa. E dov’è e cos’è questo nuovo? Sono
i ns giovani, sono le nuove generazioni. Di tanti delitti di cui poteva macchiarsi la classe politica
uno solo appare imperdonabile ed incomprensibile: sprecare le migliori energie ovvero
quelle dei giovani. Giovani che non si fanno impaurire dalla tv o dalle minacce. Giovani
colti, intelligenti, che vogliono comprendere il perché di certi privilegi della casta mentre
per loro vi è solo la speranza di un lavoro sottopagato, a livello di schiavitù e senza diritti.
Giovani che non vogliono capire quello che non si può più capire e che invece si “deve” capire:
i “Bamboccioni”, sono questi i protagonisti delle rivolte. Sono questi ad aver capito
che non conviene andare a lavorare, sono questi che non sposandosi non danno continuità
alle ns società, sono questi, i ns eredi, ad urlare che di un mondo siffatto non sanno che farsene
e che soprattutto non vogliono il loro futuro condizionato da noi, vecchi ed incapaci.
Noi vecchi vorremmo i giovani morti come noi: è una vecchia storia, già nei documenti degli
ittiti di oltre 4.000 aa fa si legge dei giovani che pretendono gli stessi diritti dei genitori e
che tendono a non aver rispetto per essi. Anche gli antichi egizi e persino Platone descrivono
la stessa situazione: da che mondo è mondo ogni generazione sgomita per soppiantare la
precedente e soccombere a sua volta alla successiva. In politica questo processo è stato fermato
ed irretito con le conseguenze che vediamo. La gerontocrazia non si accorge della propria
età e dei propri limiti e soprattutto perde ogni possibilità di essere felice quando non si
piega ai propri giovani. Conosciamo persone di grande prestigio e levatura che preferiscono
di gran lunga servire i nipotini che apparire in posizioni prestigiose in congressi e simposi.
Questi sono i vecchi che capiscono e comprendono sia il loro ruolo sia la necessità che infine
siano altri a portare avanti, migliorandoli, il loro progetti. In questo modo di servire gli
stessi vecchi spesso non si limitano ai propri nipoti, ma si mettono a disposizione anche degli
amici dei nipoti ed in ciò comprendendo meglio il senso della vita. Trasmettere ai piccoli
i propri valori, le proprie speranze, i propri errori e le proprie conoscenze non è un tentativo
di rendere prigionieri i giovani, ma un modo per farli crescere e renderli in grado persino di
rovesciare questo mondo. Lasciare “solo” i ns (pochi) beni ad essi, questo si che rende prigionieri
i giovani ed infine diviene un modo per imprigionarli nel ns mondo che comunque
prima o poi rifiuteranno: nulla è immutabile, nulla è eterno. Allontanare il tempo della pensione,
non liberare posti per i giovani, non rendere conveniente il lavoro di chi inizia per
rendere eterna la gerontocrazia che ci opprime in politica, nell’economia e nei posti di lavoro
è la grave colpa commessa dalla/e ns controparti al potere. Avere paura del progresso, delle
innovazioni, di ogni cambiamento è proprio dei vecchi, più inclini a rimpiangere il passato
che a costruire un futuro migliore: è questa un’altra terribile conseguenza dell’essere vecchi.
Per questo la rivolta, in Siria, in Egitto, in Inghilterra e presto probabilmente in tutta europa.
Questi giovani sono quindi la ns speranza per un mondo migliore senza questa opprimente
generazione di vecchi incapaci e, soprattutto, infelici. L’aver cancellato la morte dalle ns vite
è un ulteriore grave errore: la chiesa, incapace di leggere i vangeli, non è in grado di dare
una risposta ai temi della sofferenza e della morte. La speranza viene uccisa da una fede in
un dio metafisico e dalla teodicea impossibile: “chi crede in me non morirà”, questa la risposta
di Gesù. Infatti, come ben noto a chi legge i Vangeli, chi oggi risorge “durante” la vita
non farà l’esperienza della morte. Invitiamo quindi il papa e la curia, per una volta, a spogliarsi
degli inutili paramenti che tutto hanno tranne la sacralità e di leggere i Vangeli al fine
di comprendere di cosa ogni giorno vanno parlando. Anche la chiesa, come gli stati, ha bisogno
di giovani che non trova: la crisi vocazionale è quindi la ns speranza per un rinnovamento
anche nella chiesa, anch’essa oppressa da una quanto mai irreale gerontocrazia. Le ultime
parole di un vecchio circondato al momento della morte dai familiari compresi i più
piccoli erano un riferimento di saggezza, oggi si muore in modo anonimo attaccati alle macchine,
spesso soli e soprattutto senza la presenza dei piccoli che possano così comprendere
l’esistenza della morte ed imparare a confrontarsi con essa. Oggi il dio della teodicea impossibile,
alleato della più improponibile delle gerontocrazie ecclesiastiche, e con questa, fa di
tutto affinché questa fine sia sempre la più atroce possibile, senza mai staccare le macchine
per prolungare al massimo una interminabile e dolorosa agonia. La crisi dei valori è in realtà
la crisi della vecchiaia, ovvero la paura del nuovo, la paura del futuro, la paura della morte
soprattutto. Da qui i deliri di onnipotenza e di eterna giovinezza, propri dei governanti e dei
tuttologi di oggi, compreso ovviamente chi scrive.
Attenti perché nessun giovane è disposto a fare il vecchio, se la mente è sana.