Far memoria di Giorgio Girardet

Marcello Vigli

Giorgio Girardet teologo e pastore valdese, docente universitario e giornalista è morto a Roma il 22 agosto. E’ stato cristiano impegnato nel rinnovamento della testimonianza e dell’evangelizzazione e cittadino impegnato nello sviluppo della democrazia nella politica italiana e nell’avanzamento della uguaglianza nella società.

Le Cdb italiane, e più in generale, i cattolici in diverso modo convinti, subito dopo il Concilio, che fosse venuto il tempo per costruire un modo nuovo di essere chiesa, gli devono molto. Iniziò col parlare di loro e divulgare i loro primi documenti sul settimanale Nuovi Tempi, che aveva fondato nel 1967 per dare voce agli evangelici italiani che intendevano rispondere alle nuove domande emergenti dalle trasformazioni della società italiana suscitando spinte a ritrovare, all’interno delle chiese, il genuino spirito della Riforma.

Fu presente all’assemblea dei gruppi cattolici del “dissenso” convocata a Bologna nell’autunno 1969, il primo tentativo, fallito, di promuovere il confronto delle loro diverse esperienze. Fu poi, invece, uno dei relatori di quello che è diventato il secondo convegno del movimento delle Comunità cristiane di base a Roma nel 1973 presso la sede del Comunità di San Paolo.

Il movimento stava muovendo i primi passi alla ricerca di una propria identità e, dopo aver chiarito due anni prima con la scelta anticoncordataria che la loro esperienza di Chiesa sarebbe stata ispirata ad una rigorosa alterità nei confronti dei pubblici poteri, vollero fare i conti con il loro rapporto con la fonte primaria della loro fede. Lo indicava il tema prescelto: Comunità, Bibbia e lotte di liberazione.

Giorgio Girardet, già altre volte presente in incontri di Comunità romane, fu chiamato ad aprire le Comunità alla tradizione maturata fra i cristiani della Riforma avviandole a quell’approccio al Libro, fatto di studio e di lettura partecipata, che sarebbe stato al centro, insieme all’eucarestia, della loro vita nel loro impegno ecclesiale, sociale e politico.

L’impatto più impegnativo venne con la nascita di Com Nuovi Tempi.

Le Comunità avevano rilanciato, assumendone nell’autunno del 1973 la responsabilità editoriale, il settimanale Com: nato per iniziativa di un gruppo di redattori de Il Regno, costretti a lasciare la redazione del quindicinale, era entrato in crisi.

In controtendenza rispetto ai processi di frammentazione tipici dei movimenti di base di quel tempo, e non solo, Girardet e il Collegamento delle Cdb misero in comune le loro forze e i due settimanali, Com e Nuovi tempi, confluirono in un’unica testata, Com Nuovi Tempi, che fino 1989 ha dato voce alle Cdb e a Cristiani per il socialismo, pur restando attenta anche alle iniziative promosse da cattolici ed evangelici in ricerca di forme di testimonianza adeguate ai tempi.

E’ stata la prima esperienza di ecumenismo dal basso alla cui nascita i cattolici avevano guardato con apprensione, timorosi di essere accusati di “passare” ai protestanti, e questi con diffidenza preoccupati che i nuovi partner fossero solo progressisti in politica, ma fondamentalmente conservatori sul piano ecclesiale.

Solo l’autorevolezza di Giorgio li convinse a correre il rischio che fu brillantemente superato dal nuovo settimanale. Giorgio ne fu direttore prima e animatore poi fin quando con l’editoriale Nuove frontiere ne sancì nel 1989la chiusura facendosi garante del passaggio del testimone al mensile Confronti nelle cui pagine l’ecumenismo, al centro dell’esperienza di Com Nuovi Tempi, è andato ad intrecciarsi con il confronto interreligioso.

L’ecumenismo è infatti la cifra della vita e dell’opera di Girardet inteso in una prospettiva ben più ampia dell’incontro e dialogo fra le chiese. Un ecumenismo di cristiani che, pur fedeli alle rispettive chiese e confessioni con le loro teologie e le loro logiche istituzionali, ne prescindevano per affrontare insieme i problemi del nostro tempo alla luce del Vangelo.

La nascita di Com Nuovi Tempi era stato un segno di rovesciamento nell’ecumenismo tradizionale. Pur rinnovato con la creazione del Consiglio ecumenico delle Chiese – in cui convergono sia le confessioni eredi della Riforma sia le chiese dell’ortodossia – e soprattutto dopo il cambio di orientamento imposto dal Concilio alla gerarchia cattolica, restava pur sempre un affare di vertici ecclesiastici impegnati a sanare antiche fratture con la ricerca di nuove formulazioni e con aggiustamenti strutturali.

Le mutate condizioni prodotte dallo stemperarsi delle grandi contrapposizioni ideologiche nella complessa e ambigua liturgia dei rapporti con l’Islam, all’interno del cosiddetto contesto interreligioso, e la svolta anticonciliare imposta dal lungo pontificato di Giovanni Paolo II hanno progressivamente soffocato quell’anelito ad nuovo modo di essere cristiani che ne rendesse più credibile il messaggio di uguaglianza e di fraternità, di cui si dicono portatori.

Fare memoria di Giorgio Girardet fra le Comunità di base può significare proprio tornare a riflettere e rilanciare quell’ecumenismo dal basso vissuto così intensamente con lui negli anni in cui un nuovo mondo sembrava a portata di mano e non ridotto a “utopia” dei movimenti no global.

Può significare, cioè, continuare a coltivare speranza che sia possibile costruire una chiesa altra, non più gravata da secoli di divisioni e fratture, nel nome di quel Gesù di Nazareth al quale Giorgio ha dedicato uno dei suoi ultimo scritti Gesù nella storia. Duemila anni dopo, per presentarlo senza etichette confessionali.

Roma, 26 agosto 2011