Quale fede cristiana per le donne e gli uomini di oggi? di P.Coscione

Peppino Coscione
Comunità cristiana di base di Oregina – Genova

 In questa riflessione confesso ciò in cui credo. Dico le mie  attuali certezze di Speranza. Perché? Perché ho intravisto l’orizzonte del mio cammino e il senso delle mie lotte di ieri e di domani invitando altri/e ad accompagnarmi( liberamente tratto da Albert Tévoédjrè ).

Per me  al centro di  ogni autentica fede religiosa sta il riconoscimento fiducioso e il dialogo con  una  Presenza/Assenza divina  che  accompagna  la vita degli uomini , delle donne e della natura , come sorgente di vita ,energia liberatrice, amore incondizionato

Ritengo  che  questo riconoscimento non sia necessario per essere umani/e, morali, solidali. Non utilizzo da tempo la terminologia credenti-non credenti; non mi pare la terminologia più  corretta ad esprimere e valorizzare  il pluralismo delle posizioni culturali.Al centro di un’autentica fede religiosa  non sta un testo ( “le  scritture” non sono altro che la messa per iscritto delle esperienze vissute e tramandate da donne e uomini sia individualmente  che comunitariamente ) che è stato sacralizzato, reso normativo ed utilizzato come strumento  di potere e di controllo ; al centro non stanno neppure le tradizioni orali (delle quali parecchie scartate, spesso per opportunismo politico e istituzionale, altre sacralizzate e rese normative perché funzionali all’ assetto di potere gerarchico e patriarcale esistente).

Questo non vuol dire che non riconosca nei libri detti “sacri” anche la presenza di tanta saggezza e sapienza ma “chi assolutizza un libro pretende, attraverso di esso, di rifondare il mondo e di purificarlo distruggendo i libri altrui, i loro autori, le culture differenti. Pensando a questo uso  del sapere e della scrittura Brecht ha scritto:”Dalle biblioteche escono i massacratori”  ( Roberto Mancini  )”.

 Al centro di un’autentica fede religiosa stanno le vive e dinamiche  relazioni tra la Presenza/Assenza divina e gli uomini, le donne, le comunità, che, nel divenire storico, hanno fatto e fanno esperienza, hanno dato e danno testimonianza dell’azione storica trasformatrice/liberatrice  proveniente dalla relazione con questa Presenza/Assenza.

Nel linguaggio della  tradizione ebraica, cristiana ,islamica , si può dire che la “Parola di Dio” non è imprigionabile in uno spazio e in un tempo ma opera di continuo nella e con la storia degli uomini, delle donne e della natura.

AL CENTRO DELLA FEDE CRISTIANA

Perché mi dico  cristiano?   Perché ho colto nelle parole, nelle azioni, nella vita e nell’assassinio  di Gesù una manifestazione , né unica né esclusiva né egemonica, della relazione che la Presenza/Assenza divina ha avuto e ha con l’umanità, una  presenza fattasi  compagno/a di strada, a partire dalle ultime, dagli ultimi della terra, dalle persone senza diritti.

Continuo a dirmi  cristiano non perché sono nato in uno spazio-tempo culturalmente,familiarmente, socialmente e religiosamente orientato in senso cristiano (certamente ciò ha avuto il suo peso nella mia biografia ) ma per decisione continuamente rinnovata e rinnovabile  nonostante tutte le debolezze, tutte le ombre.

 Ho compreso infatti che tutte le parabole di Gesù o attribuite a lui sono la narrazione dell’amore trasformatore, liberante di questa Presenza/Assenza  divina sia nella sua “pars destruens” che nella “pars construens” per usare il linguaggio che Bacone (Londra  1561-1626 ) utilizza nella famosa opera “Novum organum” ( 1620 )

 Come “pars destruens”, le parabole sono una sfida al sistema ,costituiscono un attacco profondo  contro le convenzioni (nel linguaggio baconiano  “idola”) accettate e/o subite, incluse le strutture sociali, economiche e mitico – religiose che tanta gente costruisce per proprio conforto e sicurezza e che il potere dominante propina,  utilizza e consolida  per tenerla sottomessa. Le parabole vengono utilizzate da Gesù come racconto efficace per invertire e sovvertire quelle strutture ( idola! ) e a suggerire che la via del regno non è quella del “mondo” ( inteso come assetto  di dominio economico, politico, religioso);  la narrazione parabolica opera sulla base di un modello, diremmo pedagogico, di orientamento, disorientamento, ri-orientamento capace di mettere in risalto il come e il quando uomini e donne sono e si manifestano veramente, radicalmente umani/umane.

 Tenendo conto di quanto detto, qualsiasi fede,  se è autentica , si manifesta come pratica e narrazione della liberazione e della libertà da ogni dominio (economico, politico, ideologico, teologico, rituale) che, in quanto dominio, è alienante, rende passivo/a, discrimina, accetta gerarchie, più o meno velate, più o meno consapevoli.

 Se la fede non assume forma concreta di liberazione personale, comunitaria  e sociale, rimane  ancora oggi vero ciò che Marx ha affermato nella “Critica della filosofia del Diritto di Hegel-Introduzione” scritta nel marzo-ottobre 1843 e pubblicata nel febbraio 1844:

 “La miseria religiosa è , da un lato, l’espressione della miseria effettiva e, dall’altro, la protesta contro questa miseria effettiva. La religione è il gemito della creatura oppressa, l’animo di un mondo senza cuore, così com’è lo spirito d’una condizione di vita priva di spiritualità. Essa è l’oppio per il popolo.”

 Sono queste le ragioni per le quali  una fede cristiana autentica destabilizza le attese e i modelli “mondani” convenzionali; essa si costituisce infatti come  prassi che mette in discussione divisioni e dualismi ritenuti “naturali”, quindi immodificabili (ricchi/poveri; oppressori/oppressi, liberi/schiavi, degni/indegni, puri/impuri, residenti/forestieri, potere delle persone forti sulle persone deboli, potere della gerarchia ecclesiastica sui “semplici fedeli”, potere dei maschi sulle donne, etc…).

 Come “pars construens” le parabole si attuano, si inverano nella comunione della mensa che  Gesù ha con “i pubblicani e i peccatori”, con  le persone affamate;  con le persone  lebbrose che  abbraccia senza paura, con le  persone ammalate che cura con amorevole sollecitudine, con le persone che hanno fame e sete di giustizia.

Non è casuale, infatti, che il simbolo centrale della nuova visione della vita,” il regno di Dio”  di cui Gesù  è messaggero, non sia altro che l ‘umanità come una comunità di sorelle e di fratelli, di amiche e di amici, di compagne e di compagni,  riunita  in un pasto festivo, dove il pane che sostiene la vita e la gioia che sostiene lo spirito vengono condivisi: la buona novella è il rovesciamento dei codici dominanti, è nominare il “mondo” in un altro modo; il che comporta cambiare mentalità , cultura , linguaggio, stile di vita.

 Per questo, continuo a chiedermi e a chiedere: possiamo testimoniare oggi l’amore trasformatore/liberante di questa Presenza/Assenza divina narrando ancora che Gesù è morto per i nostri peccati, è morto per liberarci dal peccato originale, che egli è l’agnello che toglie i peccati del “mondo”, la vittima immolata , il redentore che con  il sacrificio sulla croce ha espiato i peccati del mondo, sacrificio peraltro compiuto in vista della sua proclamazione come re onnipotente,  ancora, in vista di una risurrezione come ritorno ad un  potere e ad  una  gloria precedente ecc…?

Purtroppo,  dove più dove meno, questa è la narrazione che attraversa la dottrina e il  rito cristiano (con  le cosiddette professioni di fede diventate normative nelle grandi chiese istituzionali che non sono state minimamente messe in discussione dal Concilio Vaticano II ) che si tramandano da secoli in modo acritico; anzi oggi il potere ecclesiastico, soprattutto quello cattolico-romano, sta facendo di tutto per rafforzarlo perché sa bene che solo grazie a questa forma di narrazione, priva oggi di qualsiasi reale rilevanza  liberante e trasformatrice,  può continuare ad esercitare il controllo politico e psicologico sui corpi e sulle menti di tante persone prive, perché private, di strumenti culturali autonomi e critici. Se, come ha scritto Gadamer in “Verità e metodo” ”l’essere che può venir compreso è il linguaggio”, con  l’essere di Dio che  il linguaggio della liturgia cattolica ( e non solo  di quella cattolica ) rivela, si fa molta fatica ad entrare in un’autentica relazione dialogica.

 Perché san Paolo,  sant’Agostino, san Tomaso, Santa Caterina da Siena e da Genova hanno potuto interpretare il messaggio cristiano con la cultura e con il linguaggio del loro tempo e non possiamo farlo noi?

Sono  riconoscente a loro però soltanto per quanto di liberante hanno detto e fatto, mentre non faccio mie né desidero  per  altre persone,  quelle loro pratiche religiose, culturali, sociali, politiche, sessuali che ritengo oppressive e mortificanti.

 Oggi tocca anche a me  rivelare il senso liberatorio del messaggio evangelico e assumermi il compito di narrare, di testimoniare con differenti  linguaggi  e pratiche la relazione liberante con la  Presenza/Assenza divina rivelatasi  in Gesù di Nazareth.

 Per  40 anni  l’impegno nelle cdb, comunità sufficientemente aperte, ospitali, in continua ricerca, attente al nuovo che maturava e matura nella società civile,  ha significato per me partecipare non alla pratica di un  semplice maquillage ma del  superamento/rovesciamento  di usurati paradigmi,   gettare semi che diano inizio ad un” cristianesimo nuovo per un mondo nuovo” , per utilizzare il titolo del libro di John S. Spong.

 Da una parte per dire che non si può più narrare l’evangelo nei “termini” consegnati dal testo (le  scritture), dalle tradizioni, dai linguaggi del passato, dall’altra per dire che altre strade sono possibili; per sperimentare pratiche che mettano in luce l’amore trasformatore e liberante della Presenza/Assenza divina quale si è originariamente manifestato( non in modo unico, esclusivo, egemonico )  nelle parole e nelle pratiche di Gesù di Nazareth, di Maria, di Giuseppe, di discepole e discepoli, nella consapevolezza del contesto culturale, sociale, economico, religioso profondamente cambiato dalle rivoluzioni scientifiche, dalle rivoluzioni tecnologiche (con le sue grandi positività ma anche con i rischi inerenti l’uso del nucleare, l’ingegneria  genetica, l’utilizzo indiscriminato della natura invece che della sua cura), dalla rivoluzione femminista, dalla rivoluzione ecologica, dalla presenza di diversi linguaggi filosofici e religiosi provenienti dal protagonismo di altri popoli , di altre culture (Cina, India, Giappone,  Medio-Oriente, America Latina, Africa … ).

 E’ questo che , con tanti limiti, mi sono impegnato con e nelle comunità cristiane di base  a fare con parole, gesti, segni, espressione di una creatività di  fede che nasce da  un nuovo modo di vivere la  relazione con la Presenza/Assenza divina.

Penso che,  come me,  molte persone delle comunità cristiane di base ,e non solo, abbiano da tempo  le convinzioni di John Shelby  Spong , che riporto qui  in corsivo:  “Dal momento che non vedo Dio come un essere, non posso interpretare Gesù come l’incarnazione terrena di questa divinità soprannaturale, né posso credibilmente supporre che abbia posseduto tanto potere divino da fare cose miracolose come placare la tempesta, scacciare i demoni, camminare sull’acqua o moltiplicare cinque pani sino a fornire cibo sufficiente per nutrire cinquemila uomini, più le donne e i bambini. Se proclamo la natura divina di questo Gesù, devo farlo su basi diverse da queste. I miracoli sulla natura, ora ne sono convinto, dicono una gran quantità di cose sul potere che la gente attribuiva a Gesù, ma non dicono nulla su ciò che è accaduto letteralmente.

Io non credo che questo Gesù possa o abbia in senso letterale risuscitato i morti, vinto una paralisi fisica, o ridato la vista a una persona nata cieca o a qualcuno cui la capacità di vedere fosse stata fisiologicamente distrutta. Neppure credo che abbia potuto rendere capace di udire una persona sordomuta dalla nascita. Le storie di guarigione possono essere lette in vari modi. Leggerle come eventi soprannaturali e miracolosi è, a mio parere, la meno credibile di queste possibilità.

Io non credo che Gesù sia entrato in questo mondo attraverso il miracolo di una nascita verginale o che una nascita verginale possa aver luogo al di fuori della mitologia. Io non credo che letteralmente una stella abbia guidato uomini saggi che portavano doni a Gesù o che letteralmente degli angeli abbiano cantato ai pastori sul pendio di una collina per annunciare la sua nascita. Io non credo che Gesù sia nato a Betlemme o che sia fuggito in Egitto per scampare alla collera del re Erode. Io considero tutto ciò come leggende che sono state successivamente storicizzate man mano che la tradizione cresceva e si sviluppava e le persone cercavano di capire il significato e il potere della vita di Cristo.

Io non credo che l’esperienza celebrata dai cristiani a Pasqua fosse la risurrezione fisica del corpo di Gesù morto da tre giorni, neppure credo che qualcuno abbia realmente parlato con Gesù dopo il momento della risurrezione, gli abbia dato cibo, toccato la sua carne risorta, o che lui abbia camminato in qualche maniera fisica con il suo corpo risorto. Trovo interessante che tutte le narrazioni che raccontano questi incontri si trovino solo nei vangeli, che sono stati scritti più tardi. Io non credo che la risurrezione di Gesù sia stata letteralmente segnalata da un terremoto, dalla dichiarazione di un angelo o da una tomba vuota. Io considero queste cose come tradizioni leggendarie di un sistema religioso in maturazione.

Io non credo che Gesù, alla fine del suo soggiorno terreno, sia tornato a Dio ascendendo in senso letterale verso un paradiso ubicato da qualche parte sopra il cielo. La mia conoscenza delle dimensioni dell’universo riconduce tale concetto al nonsenso.

Io non credo che questo Gesù abbia fondato una Chiesa o che abbia stabilito una gerarchia ecclesiastica iniziata con i dodici apostoli e che perdura fino ai nostri giorni. Io non credo che abbia creato i sacramenti come mezzi speciali di grazia o che questi mezzi di grazia siano, o possano essere, in qualche modo controllati dalla Chiesa, e quindi amministrati solamente dagli ordinati. Tutte queste cose rappresentano per me tentativi da parte degli esseri umani di accrescere il potere per se stessi e per la loro particolare istituzione religiosa.

Io non credo che gli esseri umani siano nati nel peccato e che, a meno di essere battezzati o in qualche forma salvati, verranno banditi per sempre dalla presenza di Dio. Io non ritengo che il concetto mitico della caduta della vita umana in uno stato negativo costituisca una visione corretta dei nostri inizi o dell’origine del male. Concentrarsi sulla caduta dell’umanità in una situazione di peccato e suggerire che questa peccaminosità possa essere vinta solo tramite un’ini-ziativa divina che ristabilisca la vita umana in una situazione di pre-caduta che non c’è mai stata sono per me concetti davvero strani, che servono prima di tutto, ancora una volta, a costruire il potere istituzionale.

Io non credo che le donne siano meno umane o meno sante degli uomini e perciò non riesco a immaginare di essere parte di una Chiesa che discrimini le donne in qualsiasi maniera o addirittura suggerisca che una donna è inadatta a qualsiasi vocazione che la Chiesa generalmente offre al suo popolo, dal papato al più umile ruolo di servizio. Io considero la tradizionale esclusione ecclesiastica delle donne dalle posizioni di comando non una tradizione sacra, ma una manifestazione del peccato di patriarcato.

Io non credo che le persone omosessuali siano anormali, malate mentali o moralmente depravate. Inoltre, io considero ogni testo sacro che asserisca il contrario come errato e male informato. I miei studi mi hanno portato alla conclusione che la sessualità come tale, inclusi tutti gli orientamenti sessuali, sia moralmente neutra e che possa essere vissuta sia positivamente sia negativamente. Io ritengo che lo spettro dell’esperienza sessuale umana sia davvero ampio. In quello spettro, una certa percentuale della popolazione u-mana è in ogni epoca orientata verso persone del proprio genere. Questa è semplicemente la vita. Io non posso immaginare di essere parte di una Chiesa che discrimina le persone gay o lesbiche sulla base del loro essere. Neppure voglio continuare a prender parte a pratiche ecclesiali che considero basate su nient’altro che ignoranza e pregiudizio

Io non credo che la pigmentazione della pelle o un’origine etnica costituiscano un titolo di superiorità o inferiorità, e considero ogni tradizione o sistema sociale, compresa quella parte della Chiesa cristiana che opera con tale presupposto, indegni di continuare a vivere. I pregiudizi degli esseri umani basati sulla razza o l’origine etnica sono per me nient’altro che la manifestazione di un passato tribale; sono preconcetti negativi che gli esseri umani hanno sviluppato nella loro lotta per la sopravvivenza.

Io non credo che tutta l’etica cristiana sia stata scolpita su tavole di pietra o nelle pagine delle Scritture cristiane e quindi definita una volta per sempre. Sono consapevole del fatto che “il tempo rende goffo il bene antico” e che il pregiudizio fondato su definizioni culturali negative ha offerto ai cristiani, lungo i secoli, la base per opprimere la gente di colore, le donne e coloro il cui orientamento sessuale non era eterosessuale.

Io non credo che la Bibbia sia la “parola di Dio” in un qualche senso letterale. Non la considero la sorgente primaria della rivelazione divina. Io non credo che Dio abbia dettato o anche solo ispirato integralmente la sua produzione. Io vedo la Bibbia come un libro umano che mescola la profonda sapienza dei saggi attraverso i secoli con i limiti della percezione umana della realtà in un determinato momento della storia umana. Questa combinazione ha segnato le nostre convinzioni religiose con testimonianze ambivalenti, unendo schiavitù ed emancipazione, inquisizione e progressi teologici, oppressione e libertà.”

 Lo dico per onestà :  sento e vivo le chiese  istituzionali   come luoghi sostanzialmente di alienazione, al massimo di passiva consolazione. Nelle chiese istituzionali, soprattutto in quella cattolica, si parla tanto di comunità, di comunione ma a dispetto, tante volte, delle singole persone sacrificate al “bene” dell’istituzione, dietro la quale si nascondono spesso menzogne e  nefandezze operate da coloro che si ritengono investiti dall’Alto. L’autopologia dell’Istituzione è ciò che conta! Di un’Istituzione sempre alla ricerca di privilegi , di desiderio e di spazio di potere !

Questo non vuol dire che non riconosco la presenza nelle chiese istituzionali di persone, associazioni, gruppi dediti gratuitamente alla carità, alla solidarietà,  che spendono tempo e fatica perché si realizzi  una riforma di queste chiese  istituzionali.

Anche nelle cdb , mi sembra che sia  ancora da compiersi la completa “desacralizzazione del sacro” e dei suoi funzionari  , come il superamento del paradigma patriarcale. Da questo punto di vista non mi pare che serva il rinvio al Concilio Vaticano II, che , al di là di essere stato tradito, è ormai superato dalla crescita biblica, teologica, filosofica, civile, culturale ed interculturale: sono trascorsi quasi 50 anni e …che anni!

 Mi  sento  impegnato a contribuire a far nascere nei luoghi in cui vivo  un senso e un sentimento nuovo del cristianesimo, ma anche di un modo nuovo di testimoniare la Presenza/Assenza divina. E’ normale che in questo cammino  abbia trovato incomprensione quando non ostilità  da parte sia di persone che professano la fede cristiana in modo diverso sia da parte di persone che preferiscono una fede tradizionale ( perché più facilmente oggetto di rifiuto );   ma  ho sperimentato e sperimento anche la vicinanza di compagne e compagni di strada che non vivono nel e/o del tempio o non vivono soltanto nel e /o del tempio.

Non partecipo più ad  incontri  ecumenici o interreligiosi dove ciascuno continua a riproporre l’istituzione d’appartenenza, senza  disponibilità a mettersi in discussione, a fuoriuscire da  formule e dogmi che  dicono pressoché  nulla oltre la cerchia dei partecipanti.

 “Seguire Cristo come mio Signore e Salvatore, cercare Cristo in tutte le persone e rispettare la dignità di ogni essere umano”, come dice Spong?  

UNA PRECISAZIONE

 La signoria,  intesa  come attività gratuita ed amicale e  come energia  liberatrice “appartiene” alla Presenza/Assenza divina di cui Gesù di Nazareth è una figura ed una parabola né unica, né esclusiva né  egemonica.

 Questo, per me,  non vuol dire rendere irrilevante la persona di  Gesù, ma inserirla nella relazione storica con  altre icone e parabole della Presenza/Assenza divina, non solo singole ma anche comunitarie; né significa ingenuo eclettismo, ma vuole affermare che questa Presenza/Assenza divina, pur essendo “dentro”, è sempre anche “al di là” di ogni sua icona, di ogni sua parabola.

In ogni persona, per me,  c’è  quella Presenza/Assenza divina: la  imparo  a riconoscerla , come luce e come tenebra, ogni giorno non solo nelle esperienze di fede plurali, prive di potere, ma innanzitutto in ogni  persona che lotta per la giustizia sociale ed ecologica, la libertà delle singole persone come dei popoli,  la pacifica convivenza a livello locale e mondiale.

 Importante comunque è che  la mia, la nostra fede cristiana sia efficace nell’affermare e testimoniare che la prassi di Gesù di Nazareth è la chiamata ad una nuova creazione cioè ad una vita di libertà e di realizzazione non solo per uomini e donne ma anche per la terra.

p.s.    Scrivere  è sempre irrigidire un po’ la vita del pensiero e il pensiero della vita, ma è utile per comunicare, consapevole  però che la vita del pensiero e il pensiero della vita è in continuo movimento.  Grazie a coloro che  avranno la sensibilità e la pazienza di leggere questa riflessione che non intende affatto dare risposte ai mille interrogativi che la vita e la morte pongono agli uomini e alle donne di oggi.