L’ANGOLO della GRU: Scavare nel passato di Scampia di A. Bifulco

Aldo Bifulco , cdb Cassano – Napoli

Già mi era capitato di intervistare giovani che fossero nati a Scampia, ma l’aver scovato uno con il pedigree di Stefano Munciguerra è una vera rarità. Grazie a Mirella che con Felice venne ad abitare in uno di quei pochissimi casolari che caratterizzavano Scampia prima dell’arrivo veloce e abbondante del cemento. Nello stesso casolare abita ancora la nonna di Stefano.

Cominciamo a far parlare lui.

Ho 18 anni, mi sono diplomato all’IPSSCT di Scampia e mi sono iscritto ad una Scuola di recitazione perché amo il cinema ed il mio sogno è diventare attore. Probabilmente mi scriverò alla facoltà di Lettere perché la ritengo più vicina al mio progetto. E’ sempre buono migliorare il proprio livello culturale…un attore colto è tutta un’altra cosa!

Ma parlaci dei tuoi antenati  e Scampia.

Mia madre era di Scampia, i nonni materni ed anche i bisnonni materni. Sicuramente tre generazioni, ma forse anche di più. Stiamo parlando di Scampia di oltre un secolo fa. Era tutta campagna, alternata a terra incolta. Pochissimi casolari erano diffusi tra le terre, simili a questi ultimi tre che affacciano su Via Appia. Vi erano soprattutto frutteti di susine, ciliegie, molte varietà di mele e pere. E poi dei vigneti da cui si ricavava la falanghina e il piedirosso (pere ‘e palummo). E poi orti resi rigogliosi dalla fatica e il sudore quotidiano dei pochi abitanti, tutti contadini. I casolari erano organizzati come piccole fattorie: c’erano cavalli, mucche, maiali, galline e conigli. Le distese di terra incolta accoglievano greggi di pecore e capre che venivano da lontano.

Come si svolgeva la vita nel casolare?

Il casolare era distante dalla città ed il paese più vicino era Melito (mio padre è di Melito). La vita si svolgeva tra il lavoro nei campi e le attività all’interno dei casolari (governo degli animali, preparazione di conserve, forse anche produzione di pane). Era una società autonoma, ma chiusa. Anche i matrimoni avvenivano tra cugini…come i miei nonni. Ogni tanto qualcuno veniva da fuori per comprare uova fresche, latte appena munto, ortaggi e frutta di qualità.

Si trattava di una grossa famiglia allargata; i problemi si affrontavano insieme, i bambini crescevano insieme. Ovviamente non si trattava di una situazione idilliaca perché ogni tanto si verificava qualche litigio. Certo nessun anziano era destinato all’ospizio. D’altra parte la mancanza di frequenti contatti e relazioni rallentava l’evoluzione culturale e sociale del gruppo.

Poi  sono arrivate le ruspe e le gru. La gente come ha accettato l’esproprio?

Per chi è vissuto di campagna, vedersi espropriare la terra dev’essere una vera sofferenza. Ma il potere del denaro, specie per chi ne aveva visto sempre poco, la speranza di migliorare la propria vita, trascorsa tra sacrifici e lavoro, ma anche la promessa di qualche posto fisso hanno avuto il sopravvento. In effetti quando è stato espropriato il terreno per la costruzione dell’Ufficio postale, qualcuno è stato assunto nella struttura.

Ovviamente  questi dati per te sono il risultato dei racconti dei nonni e parenti, perché tu sei nato nella bolgia della Scampia di oggi. Come la vivi? Hai rapporti con il mondo variegato della associazioni che animano il quartiere?

La normalità è la mia caratteristica. Non frequento queste associazioni, conosco solo un poco l’Arci Scampia, perché ogni tanto vado a giocare al calcio. Però ho il mio gruppo di amici, con i quali spesso vado a …Napoli (ahi!!) per andare a mangiare un gelato per fare una passeggiata, per andare a cinema. In fondo sono orgoglioso delle mie origini e della mia città.

Caro Stefano io credo che tu abbia un dovere  nei confronti dei tuoi antenati e anche nei nostri confronti. Devi scavare nello scrigno della memoria familiare, ritrovare foto, cose e ricordi perché noi abbiamo un forte bisogno che si scriva una storia completa di Scampia. Tu puoi essere prezioso.