“Bloccare la pillola”. La Chiesa in campo con i farmacisti

Andrea Tornielli
La Stampa, 18 dicembre 2011

I farmaci con ricetta resteranno un’esclusiva delle farmacie. Lo stop ai medicinali nei supermercati deciso dopo i suggerimenti del Vaticano

A cominciare dal sensibile ridimensionamento del progetto che prevedeva di estendere la vendita dei farmaci di fascia C con ricetta medica nelle parafarmacie e nei supermercati. La categoria dei farmacisti ha infatti trovato Oltretevere un’insperata sponda contro l’iniziativa del governo. Tra i farmaci che sarebbero sbarcati nei supermercati c’era anche la Norlevo, la «pillola del giorno dopo», che impedisce l’annidamento nell’utero dell’ovulo fecondato.

Dalla Santa Sede, conferma a La Stampa un’autorevole fonte vaticana, è partita la pressante richiesta, rivolta al governo e ai parlamentari cattolici, di non portare la Norlevo nei supermercati visti i problemi etici connessi: c’è chi ritiene la pillola soltanto un anticoncezionale, anche se d’emergenza, mentre il Movimento per la Vita ha sempre ribadito come, in caso di concepimento avvenuto, l’effetto della pillola possa definirsi abortivo (anche se non va confusa con la Ru486 che può essere usata solo negli ospedali). Proprio l’Mpv aveva chiesto a tutte le forze politiche e ai «parlamentari dichiaratamente sensibili ai valori “non negoziabili” di agire per modificare questi aspetti della manovra». E la «viva preoccupazione» vaticana è giunta a destinazione ed è stata presa in considerazione.

Altre iniziative sono arrivate dalla Chiesa italiana. Non solo attraverso gli editoriali, le inchieste e le richieste puntualmente messe in pagina dal quotidiano «Avvenire» diretto da Marco Tarquinio, sul quoziente familiare, l’equità, l’indicizzazione delle pensioni, il sostegno al lavoro e alle imprese. A intervenire, seppure in termini generici di auspicio, è stato anche il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, che ha invitato a dare un segnale in favore delle famiglie. In questo caso però decisivo è stato il lavoro dei parlamentari di Pdl e Udc, che ha portato alla detrazione per il pagamento dell’Imu (l’ex Ici) sulla prima casa aumentata di 50 euro per ciascun figlio sotto i 26 anni, senza legare lo sconto sulla tassa al reddito della famiglia, come invece avrebbe preferito il Pd. È un’applicazione del «quoziente familiare» alla tassa sulla prima casa nuovamente reintrodotta da Monti dopo l’abolizione decisa dal governo Berlusconi.

Venerdì la Chiesa italiana, insieme a tutti gli enti «no profit», ha tirato un sospiro di sollievo anche per l’approvazione di un ordine del giorno relativo alle polemiche delle ultime settimane, culminate nella raccolta di adesioni online per abolire l’esenzione Ici-Imu agli immobili ecclesiastici promossa dalla rivista MicroMega. Il Parlamento ha infatti respinto due ordini del giorno, presentati rispettivamente dai radicali e dall’Idv, e ne ha invece approvato uno presentato da Pdl e Pd con il quale l’esecutivo si impegna «valutare l’opportunità di affrontare e definire, considerato il valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti “no profit” e, tra questi, gli enti ecclesiastici,la questione relativa al pagamento dell’Imu sugli immobili parzialmente utilizzati a fini commerciali».

Al momento della presentazione della manovra, rispondendo a una domanda, Monti aveva risposto che il governo non aveva ancora affrontato la questione. Una settimana fa era intervenuto il cardinale Bagnasco per manifestare la disponibilità della Chiesa a far sì che non possano esistere zone grigie. Anche ieri il presidente della Cei ha ribadito al Corriere della Sera: «Siamo disposti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti, con riferimento a tutto il mondo dei soggetti e delle attività no profit oggetto dell’attuale esenzione». Il cardinale ha anche ripetuto che «la Chiesa paga l’Ici» e che «eventuali casi di elusione relativi a singoli enti, se provati, devono essere accertati e sanzionati con rigore». Ribadendo però al tempo stesso che l’esenzione «per talune categorie di enti e di attività non è un privilegio» ma «il riconoscimento del valore sociale dell’attività che viene esentata». Le parole dell’ordine del giorno Pdl-Pd appaiono in linea con quanto espresso dal presidente del vescovi.