Di che Dio sei? di M.Vigli

Marcello Vigli

Questa domanda è il titolo del libro (*) sulle religioni presenti nel mondo scritto da Giovanni Filoramo, docente di Storia del Cristianesimo presso l’università di Torino, e Flavio Pajer, docente di Pedagogia e Didattica delle religioni presso la Pontificia Università Salesiana di Roma. E’ un prezioso aiuto per avere strumenti che consentono di orientarsi oggi nella comprensione del fenomeno religioso nelle sue diverse forme. Storia delle religioni, sociologia religiosa, antropologia e teologia s’intrecciano, in un’esposizione agile ma scientificamente fondata, nelle 170 pagine del libro.

Dopo avere costruito la mappa delle religioni a livello planetario, gli autori affrontano il tema della loro convivenza nel mondo globalizzato e nelle società ormai sempre più multietniche e multireligiose proponendo la diffusa affermazione del pluralismo come condizione per evitare conflitti e tensioni.

Si va, così, oltre la tolleranza o, meglio, la si assume come coscienza del limite fondata sulla consapevolezza della “storicità” della condizione umana. Questa consapevolezza è favorita da un certo distacco dall’appartenenza istituzionale per preferire una ricerca più personale e spontanea che caratterizza la religiosità contemporanea. Non si può certo ignorare che il pluralismo mette in pericolo la specificità delle singole religioni che, secondo gli autori, reagiscono in tre modi diversi: sincretismo, dialogo, riconoscimento reciproco.

L’accettazione del pluralismo non si pone solo nel rapporto fra religioni, ma anche al loro stesso interno nella misura in cui contribuiscono alla costruzione delle identità individuali. Favorisce inoltre, nelle nuove condizioni imposte dalla globalizzazione, la loro funzione di concorso alla creazione del comune sentire, fondamento della convivenza sociale da un lato, e, dall’altro, condizione per un corretto rapporto fra loro attraverso il reciproco riconoscimento e il dialogo. Questo contributo è a sua volta favorito da un corretto rapporto con le pubbliche istituzioni.

L’analisi delle condizioni in cui tale rapporto può realizzarsi offre agli autori l’occasione per avviare, negli ultimi capitoli, una riflessione sul tema della laicità nella storia. Il loro intento è la ricerca di una sua definizione funzionale a fondare il riconoscimento di un ruolo per le religioni e per le loro istituzioni diverso da quello delle altre forme di cultura, ideologie o sistemi filosofici, e dei loro centri di elaborazione e diffusione.

In tale prospettiva parlano di una laicità aperta e positiva in cui lo Stato mantiene una posizione di pari distanza da tutte le confessioni religiose e, allo stesso tempo, rivaluta il valore sociale del fattore religioso, al fine di garantire il pieno sviluppo della persona. In tal modo si propone la distinzione, cara al mondo cattolico, fra laicità e laicismo, laici e laicisti funzionale proprio a quella concezione della religione che le attribuisce una sua specificità fra i “prodotti” culturali che contribuiscono alla costruzione dell’immaginario collettivo dei popoli e dei gruppi sociali.

Una giustificazione a questo ritorno al riconoscimento di tale ruolo, è individuata dagli autori nel fallimento dei tentativi dello Stato “laico” di costruire quel vincolo sociale che lega e fonda la cittadinanza su valori comuni e condivisi, sia nel modello separatista della Francia, sia in quello pattizio dell’Italia.

A metterli in discussione entrambi è stata determinante la crisi dell’identità globale e dunque il ripristino radicale del religioso come rivendicazione di appartenenza
Questo rilancio del ruolo della religione pone, però, il problema di evitare che la presenza pubblica delle religioni non significhi un diritto delle istituzioni ecclesiastiche ad assumere un ruolo politici e amministrativo.

Ulteriori difficoltà nascono sia dalla necessità di garantire il mantenimento della loro autonomia, sia dall’esigenza di garantire pari opportunità alle minoranze religiose sempre più presenti in società finora caratterizzate dalla presenza di religioni largamente maggioritarie. Questa situazione è particolarmente condizionante in Italia dove, infatti, non è ancora possibile approvare una legge aggiornata sui temi della libertà religiosa. Tali problemi non si pongono nei Paesi in cui si sacralizza la politica con la “religione civile”, particolarmente originale quella elaborata negli Stati Uniti d’America.

Nell’epilogo gli autori affrontano il problema, la cui soluzione ritengono di grande importanza, dell’intreccio fra diffusione della conoscenza, delle religioni e del loro ruolo, con la “educazione alla cittadinanza”. In concreto esso si traduce negli interrogativi e nei problemi posti, proprio dal modo come i giovani sono formati a confrontarsi con le religioni e quindi del modo in cui nella scuola si parla o si dovrebbe parlare di religione.

Gli autori ritenendo che a questa spetti un preciso compito, passano, infatti, in rassegna, da un lato, le diverse forme in cui esso viene assolto, dall’altro, i diversi interventi di organismi internazionali impegnati a promuovere l’esigenza di trattare le diversità religiose come componente dell’educazione interculturale.

Quello dell’insegnamento della religione nelle scuole è, in Italia, un annoso problema che divide laici e cattolici. Anche fra questi ci sono diversità di opinione a partire proprio dalle differenti opinioni sulla specificità della religione e delle religioni nell’ambito dei processi di costruzione delle identità collettive nei diversi popoli nelle diverse epoche storiche

(*) Giovanni Filoramo, Flavio Pajer, Di che Dio sei? Tante religioni un solo mondo, ed. Società Editrice Internazionale, Torino, 2011