Divorziati nella Chiesa? Ecco cosa ha detto veramente Benedetto XVI

Padre Gervaso
http://www.corrieredilecco.it/ 4 giugno 2012

Clicca per ingrandire e vedere tutte le foto Lecco – I mass media, assecondando la consueta vocazione allo scandalo, hanno goduto per le parole pronunciate dal Papa in occasione del settimo Incontro mondiale delle Famiglie appena conclusosi a Milano: con grande enfasi, infatti, è stato strombazzato che Benedetto XVI avrebbe aperto ai divorziati, riammettendoli nella Chiesa. Questa presunta novità, in realtà, è quel che si dice una grossa bufala.

GUAZZABUGLIO D’ILLAZIONI. Innanzitutto, il Papa ha fatto riferimento a “fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, siano segnati da esperienze dolorose di fallimento e separazione”, in specie, dunque, a cristiani che sono stati abbandonati dal coniuge fedifrago e che, per il fatto di “condividere gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia”, non avrebbero voluto tale riprovevole separazione. In ogni caso, vero è che anche i divorziati, in quanto battezzati, sono membri della Chiesa. Ma qui sorge la necessità di raccogliere una serie di regole che mettano un po’ di ordine nel guazzabuglio delle illazioni giornalistiche e che, per semplicità, andremo a numerare.

1) MEMBRI VIVI E MEMBRI MORTI. Il divorziato è membro della Chiesa in virtù del Battesimo. Ma nella Chiesa si distingue tra membri vivi e membri morti. Il Catechismo della Dottrina Cristiana, di Papa San Pio X, insegna che “membri morti della Chiesa sono i fedeli che trovansi in peccato mortale”.

2) PERSISTENZA DEL VINCOLO. E’ da ritenere che chi, senza sua colpa, subisce un divorzio non sia in peccato mortale fintanto che, per quanto lo riguarda, si comporta come se il vincolo matrimoniale persistesse. Dunque il peccato mortale nasce da una eventuale successiva unione che viene a costituirsi quale adulterio rispetto al legame indissolubile del matrimonio valido.

3) COMUNIONE SACRILEGA. Il soggetto validamente sposato che dovesse unirsi ad altra persona compirebbe grave peccato mortale e non può accedere ai sacramenti poichè ne deriverebbe grave sacrilegio e danno ancor maggiore alla sua anima. La confessione, in assenza di pentimento per la propria situazione e di fermo proposito ad uscire da detta situazione di peccato, risulterebbe invalida e l’accostamento al sacramento, dunque, sacrilego.

4) COLPA DELLO SCANDALO. Inoltre, il soggetto divorziato che vivesse more uxorio con altra persona, compirebbe grave scandalo, ovvero offrirebbe esempio cattivo, per quanti conoscono la sua situazione. Scandalo ancor maggiore se si accostasse ai sacramenti. Benedetto XVI ha ribadito che al divorziato non può essere concessa la Santa Comunione.

5) ECCEZIONI ALLA REGOLA. A scanso di equivoci, la regola dell’indissolubilità del matrimonio non vale per i cosiddetti matrimoni civili, bensì per quelli sacramentali. Chi ha contratto matrimonio civilmente non si è assunto alcun impegno davanti a Dio. Vive una situazione gravemente irregolare e colpevole per la Chiesa che può e deve sanare in due modi: o addivenendo finalmente a matrimonio religioso, o ponendo comunque fine al matrimonio civile. In quest’ultima circostanza il divorzio non esclude dai sacramenti, anzi può consentirne la riammissione a ragione di una Confessione e del sincero pentimento. Altra eccezione alla regola dell’indissolubilità del matrimonio, è quella prevista nel caso in cui il sacramento fosse stato ricevuto in maniera invalida, ad esempio nutrendo una forte riserva su requisiti e scopi fondamentali del matrimonio stesso, in primis la volontà di uno dei coniugi di non avere figli.