Bagnare le radici di L.Boff

Leonardo Boff, Teologo/Filosofo
Ricevuto dall’autore e tradotto da Romano Baraglia

Nella vita sperimentiamo un paradosso curioso: quanto più avanziamo in età, tanto più regrediamo ai tempi dell’infanzia. Pare che la vita ci inviti a unire i due estremi e cominciare a fare la sintesi finale. O chissà, il tramonto della vita con la perdita inevitabile di vitalità e i limiti non circoscrivibili di quest’ultima fase, inconsciamente ci portano a cercare un appoggio là dove tutto è iniziato. La stanca esistenza viene a bagnare le radici in quegli inizi di anni passati per tentare ancora una volta di ringiovanire e arrivare bene alla traversata finale.

È quello che è successo a me in questa prima settimana di febbraio. Sono tornato alla terra, alle vecchie terre (“terre vecchie”, come diciamo in famiglia): Concordia, nella regione interna dello Stato di Santa Catarina. La città e quelle vicine sono conosciute in tutto il Brasile per i loro prodotti: chi non ha comprato polli della Sadia di Concordia, prosciutto della Perdigão di Herval do Oeste, salami di Aurora di Chapecó e salsicce della Seara? Questi depositi di carni in frigo distano pochi Km l’uno dall’altro. È una regione ricca, di contadini italiani, tedeschi e polacchi, luoghi dove, a quanto pare, il Brasile ha funzionato bene. Tutto è praticamente integrato, le case sono eleganti e colorate, il benessere generalizzato e non si conoscono favelas come quelle moltissime che circondano la maggioranza delle città del paese.

Innanzitutto abbiamo visitato i sopravvissuti della famiglia. Da parte di mia madre, solo una zia carica di anni e di dolori, dal lato di mio padre, più nessuno. Restano cugini e cugine. La maggioranza è andata nelle città, uno lavora a Montreal, come creatore di giochi Internet, un altro è diplomatico, gli altri in professioni liberali. Alcuni sono rimasti sul posto.

Poi abbiamo visitato i luoghi cari dell’infanzia: ogni collinetta ogni curva della strada ogni salita o discesa e vasti orizzonti da tutte le parti si intravedono le montagne di Rio Grande do sul e gli altopiani di Campos Gerais di Santa Caterina. Lo sguardo infantile esagera nelle proporzioni. Quello che a noi sembrava una salita faticosa e ripida, non è più che una semplice discesa o salita. I monti immensi sono soltanto colline. ma sono rimaste uguali le profonde conche, pietre da ogni parte che rendevano penoso il lavoro dei contadini: la coltivazione del grano e del granoturco. Le viti così abbondanti, pergolati e filari in ogni casa in pratica sono scomparse, siccome il vino di qualità è diventato accessibile.

Qui noi ci sentiamo parte di quel paesaggio, qui stanno le nostre radici il luogo a partire dal quale abbiamo cominciato ad alimentare sogni, a contemplare le stelle nelle fredde notti d’inverno e a prendere posto nel mondo. Curiosamente quando ho davanti agli occhi i luoghi ritenuti importanti come l’Assemblea generale del’ ONU o Harvard mi abbandono al tempo della pietra scheggiata da cui io sono venuto; rammento il ragazzotto scalzo e pieno di pulci del deserto, che io sono stato, alimentato con molta polenta e letture di libri a tempo e fuori tempo. Per quanto splendidi paesaggi io abbia avuto occasione di contemplare, nessuno è interiormente più bello di quello della mia infanzia. Perché essa è unica al mondo. Tutto quello che è unico nell’universo non torna mai a succedere e per questo è intrinsecamente bello.

Ma quello che mi marca ogni volta che visito i parenti sono le feste che improvvisano: si mangiano molti prodotti regionali “i radicci”, vari tipi di biscotti, dolci tedeschi, paste, formaggi e salami fatti in casa e immancabilmente carni da churrasco.

La maggioranza di quelli che sono rimasti nelle campagne hanno poca scolarizzazione: parlano un intreccio delizioso di dialetto veneto e di portoghese. La cantilena è la stessa, con forte accento italiano del quale io stesso mai mi sono liberato. Le mani ruvide per il lavoro e le facce marchiate dalla lotta per la vita fanno una forte impressione. Ed esiste tra tutti una benevolente cordialità da fare piangere. Gli abbracci sono da spezzare le costole e i baci delle cugine più anziane della nostra età, sono lunghi e schioccati. Qualcuna mi riporta perfino l’odore di mia madre, lo stesso sguardo, lo stesso modo di tener le mani sui fianchi. Chi resisterà all’emozione?

I tempi tornano all’inizio misterioso della camminata della vita. Ma dobbiamo proseguire. Essi ci accompagnano, stanno insieme a noi nel nostro cuore, adesso leggero e ringiovanito perché ha bagnato le radici nell’essenza della vita che sono il sangue, l’affetto, l’amore.

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Lascito della crisi attuale: rivedere e reinventare concetti

Leonardo Boff

Nutro la convinzione, condivisa da altri analisti, che la crisi sistemica attuale ci lascerà come eredità e sfida l’urgenza di ripensare la nostra relazione con la Terra, affinché attraverso i modi di produzione e consumo, reinventiamo una forma di governance globale e una convivenza che includa tutti nell’unica e identica Casa Comune. Per questo è obbligatorio rivedere i concetti-chiave, che come una bussola ci possano indicare il nuovo Nord. Buona parte della crisi attuale scaturisce da premesse false.

Il primo concetto da rivedere è quello di «sviluppo». In pratica esso viene identificato con la crescita materiale, che si esprime attraverso il PIL. La sua dinamica è di essere il più grande possibile, il che implica sfruttamento spietato della natura e generazione di grandi diseguaglianze nazionali e mondiali . Occorre abbandonare questa comprensione quantitativa e assumere quella qualitativa, questa sì come sviluppo, ben definito da Amartya Sen (premio Nobel) come «processo di espansione delle libertà sostanziali», vale a dire, l’ampliamento delle opportunità di modellare la propria vita e dargli un senso che valga la pena. La crescita è imprescindibile perché sta nella logica di qualsiasi essere vivente, ma questo vale a partire dalle interdipendenze delle reti della vita, che garantiscono la biodiversità. Invece di crescita/sviluppo dovremmo pensare a una ridistribuzione di quello che è già stato accumulato.

Il secondo è il concetto manipolato di «sostenibilità» che, nel sistema vigente, è irraggiungibile. Al suo posto dovremmo introdurre la tematica, già approvata dall’ONU dei diritti e la Terra e della natura. Se noi li rispettassimo, avremmo garantita la sostenibilità, frutto dell’adattamento alla logica della vita.

Il terzo concetto è quello del «medio ambiente». Questo non esiste. Quello che esiste è l’ambiente intero nel quale tutti gli esseri convivono e si mettono in relazione. Invece che medio ambiente faremmo meglio usare l’espressione della Carta della Terra: comunità di vita. Tutti gli esseri viventi posseggono lo stesso codice genetico di base, per questo tutti sono parenti tra di loro: una reale comunità vitale. Questo modo di vedere ci porterebbe ad avere rispetto per ogni essere, dato che hanno valore in se stessi, al di là del loro uso da parte degli umani.

Il quarto concetto è quello di «Terra». Bisogna superare la visione povera della modernità che la vede soltanto come realtà estesa e senza intelligenza. La scienza contemporanea l’ha dimostrato e questo è già stato incorporato perfino nei manuali di ecologia, che la Terra non solo alloggia la vita su di lei ma è viva: è un super organismo, Gaia, che articola il fisico, il chimico ed energie terrene e cosmiche per produrre sempre vita.

Il 22 aprile 2010 l’ONU ha approvato la denominazione di Madre Terra. Questo nuovo modo di vedere, ci porterebbe a ridefinire la nostra relazione con lei, non più di sfruttamento ma di uso razionale e di rispetto per la nostra madre. Alla mamma noi non vendiamo nulla, da lei non compriamo; la mamma, si rispetta e si ama. Così con la Madre Terra.

Il quinto concetto è quello di «essere umano». Questi nella modernità è stato pensato come slegato, fuori e sopra della natura, facendone il «maestro e signore» della natura (Descartes). Oggi l’essere umano è inserito nella natura, nell’Universo, e come quella porzione di Terra che sente, pensa, ama e venera. Questa prospettiva ci porta ad assumere la responsabilità per il destino della Madre Terra e dei suoi figli e figlie, sentendoci curatori e guardiani di questo bello piccolo e minacciato Pianeta.

Il sesto concetto è quello di «spiritualità». Questa è stata delegata alle religioni, mentre è la dimensione del profondo umano universale. La spiritualità sorge quando la coscienza si percepisce come parte del Tutto e intuisce ogni essere e l’universo intero sostenuti e penetrati da una forza potente e amorevole: quell’Abisso di energia, generatore di ogni essere. È possibile captare l’asse misterioso che lega e rilega tutte le cose, formando il cosmo e non il caos. La spiritualità ci conferisce sentimento di venerazione per la grandezza dell’universo e ci riempie di autostima perché possiamo ammirare, godere e celebrare tutte le cose. Dobbiamo ancora cambiare molto perché tutto questo diventi un dato di coscienza collettiva! Ma è quello che si deve fare. È quello che deve con forza essere realizzato.