Portando Allam all’estremo

Andrea Ermano
www.avvenirelavoratori.eu

Enigmatico dottor Allam! Di questo esponente dell’eurodestra a Strasburgo era nota la conversione al cattolicesimo. Magdi Allam fu battezzato da Benedetto XVI in persona nella Basilica di San Pietro durante la Veglia Pasquale del 22 marzo 2008, e assunse il nome di “Magdi Cristiano Allam”. A cinque anni e due giorni da quel sabato di Pasqua, lunedì scorso, Magdi Cristiano Allam ha annunciato in un lungo articolo sul Giornale della famiglia Berlusconi il proprio abbandono del cattolicesimo.

Scorrendo le molte ragioni addotte a motivazione del drastico gesto di commiato nulla emerge che già non fosse noto ben prima del battesimo di allora – eccezion fatta per l’abdicazione di Benedetto XVI e per l’immagine “di due Papi che per la prima volta nella Storia s’incontrano e si abbracciano, entrambi depositari di investitura divina”.

In realtà, Allam detesta la “Papalatria” sviluppatasi intorno a Francesco. Ma se è per questo che l’europarlamentare lascia la chiesa, che cosa resta di quel battesimo in pompa magna? Esso palesemente rischia di svilirsi ad atto di mera sottomissione personale verso papa Ratzinger, sottomissione che l’esponente dell’eurodestra considera “conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato”. Curiosa concezione di un sacramento cui Allam aveva aderito solo pochi anni fa, da uomo adulto, istruito e informato, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali.

Il gesto di Allam somiglia al grido di rabbia dell’amante tradito. Non io son cambiato, no! È lei che ha abbandonato la sua casta natura! Ecclesia casta et meretrix! Lo diceva già Sant’Ambrogio.

Ma veniamo al Francesco che tanto indispettisce l’europarlamentare di destra: “Per coloro che hanno abbastanza i più poveri non contano”, ha detto il nuovo papa: “C’è qui un’immorale, ingiusta e illegittima violazione al diritto di sviluppare una vita piena”.

A queste parole si richiamava di recente lo storico socialista Giuseppe Tamburrano in un discorso sulla patria delle due destre, belpaese nel quale anche la sinistra è di destra, strapaese in cui si reclama un Renzi a capo della destra “di sinistra” e poi ancora un Renzi a capo della destra “di destra” (incredibile, ma vero).

A Tamburrano si deve tra l’altro la dotta reminiscenza delle “convergenze parallele”, di cui abbiamo parlato poche settimane fa, e che ne prosieguo della crisi italiana si sono tramutate nel “doppio binario” su cui Pierluigi Bersani ha convogliato il suo tentativo di dare un governo al nostro disgraziato Paese. In tal contesto Bersani ha ricevuto a Montecitorio anche la visita del card. Bagnasco. Gli avrà portato fortuna? Ai posteri l’ardua sentenza.

Noi laici inveterati ci siamo naturalmente chiesti se i due abbiano parlato anche del bene comune, e non soltanto dei cunicoli di collegamento tra il Monte Paschi di Siena e lo IOR, Istituto per le Opere di Religione il cui nome regolarmente riaffiora quando si parla di scandali finanziari e di riciclaggio. Tanto che la stessa “rinunzia” di Benedetto XVI sarebbe motivata dall’indicibile livello di corruzione raggiunto dalla banca vaticana.

Ma, giunti sin qui, diciamocelo: la questione è ben altra.

E veniamo al punto. Dall’enciclica Caritas in veritate sulla crisi economica, alla stola posata sulla teca di Celestino V, dallo stillicidio di nomine cardinalizie anti-curia al discorso rosso-verde di fronte al Bundestag, dal fitto dibattito con Habermas all’abdicazione pronunciata il 10 febbraio scorso – che significa tutto ciò?

E cosa significa l’elezione di un successore che adotta il nome, mai osato, di Francesco? Ad ascoltare le parole del neo-eletto, questo significa programmaticamente che papa Bergoglio vuole una Chiesa povera che sta dalla parte dei poveri.

Ora, Altissima povertà è un libro del filosofo Giorgio Agamben il quale alcuni anni or sono tenne nella Cattedrale di Notre-Dame un importante discorso dal titolo La Chiesa e il Regno. “Lo dico qui e ora misurando le parole: oggi non vi è sulla terra alcun potere legittimo e i potenti del mondo sono essi stessi convinti della loro illegittimità”.

Agamben si presentò a Notre-Dame l’8 marzo 2009 senz’altra autorità “se non un’ostinata abitudine a leggere i segni del tempo”. Disse di essere lì per porre una domanda: “La Chiesa si deciderà finalmente a cogliere la sua occasione storica? (…) Il rischio, altrimenti, è che sia trascinata nella rovina che minaccia tutti i governi e tutte le istituzioni della terra”.

Dunque, per sottrarsi alla rovina generale, la “Chiesa” secondo Agamben dovrebbe aderire alla chiamata del “Regno”, termine che nel linguaggio messianico antico indica l’avvento della giustizia tra gli uomini. Nel linguaggio moderno Benjamin dice che il “tempo messianico” è quello in cui ogni istante è “chance rivoluzionaria”. Dietro Benjamin c’è il “socialismo etico” di Hermann Cohen e sullo sfondo, ovviamente, il “messianesimo secolarizzato” di Carlo Marx.

Di questo si parlava, dunque, nella Cattedrale parigina l’8 marzo 2009. Intanto Ratzinger avviava a Roma il percorso cui abbiamo accennato. E in parallelo Obama riposizionava gli USA su politiche socialdemocratiche. Fatterelli.

Beninteso, la rivoluzione sociale non sta conquistando d’un sol colpo il Papato e l’Impero. Né siamo al Papato “ultima Internazionale”, come teorizza René Girard nel suo Achever Clausewitz. E però c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: aleggiano nell’aria gli spartiti di Cohen, Buber e Benjamin, di Karl Barth, Levinas e Silone.

Stando così le cose, sorge un’ultima domanda. Che l’on. Allam non sia lui il più sveglio tra gli esponenti della destra “di destra” nel paese delle due destre? Sì, perché lui si è accorto del senso contrario di marcia del grande veicolo occidentale. Di qui il predetto “grido di rabbia”, che chiedeva d’essere capito e compreso, portando Allam all’estremo limite del suo orizzonte di senso possibile.

È il duro lavoro del concetto. Comunque, come vediamo, scherzi a parte, le vie della Questione socialista non sono finite. Compagne e compagni, buona Pasqua.