Difesa della vita a intermittenza, tra i cattolici esplode il caso F35

Giampaolo Petrucci
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La diocesi di Novara, sul cui territorio si trova l’aeroporto militare di Cameri, torna a condannare il programma di armamento della Repubblica italiana che prevede l’acquisto miliardario di uno stock di caccia bombardieri F35. «È mai possibile che mentre viviamo una crisi economica senza precedenti e non ci sono risorse per il lavoro, la scuola, la salute e la giustizia sociale, si possa pensare di spendere una montagna di soldi pubblici per acquistare strumenti di morte?», si chiede don Mario Bandera (Commissione diocesana Pastorale sociale e Lavoro, Centro Missionario diocesano) in un commento inviato all’agenzia Adista.
«Destinare risorse immense per fabbricare questi strumenti di morte – aggiunge – è un affronto verso i più poveri perché sottrae risorse che possono essere investite nello sviluppo dei popoli, nella sanità, nell’istruzione, ecc.».

L’intervento smonta passo dopo passo tutte le menzogne prodotte dai sostenitori del programma Joint Strike Fighter. Riguardo alla bufala dei nuovi posti di lavoro, ad esempio, Bandera afferma che «investendo la stessa cifra sulle produzioni classiche del territorio, attualmente in difficoltà nell’area novarese (tessile, meccanico, alimentare), si risolverebbe il problema occupazionale per i prossimi vent’anni». E lancia poi una provocazione: perché non trasformare «Novara, Cameri, Bellinzago ed altre cittadine della Bassa in piccole Las Vegas del gioco d’azzardo»? O in piccole Amsterdam dal sesso e dalla droga facile? «Non solo avremmo frotte di turisti italici, ma ci sarebbe la corsa per venire dalle nostre parti» e «di sicuro la disoccupazione scomparirebbe come la nebbia al sole di primavera». Insomma, conclude la provocazione, «non bisogna “prostituirsi” per un piatto di lenticchie, sia pur condite in salsa yankee».

Ma la denuncia più accorata, il sacerdote novarese la riserva alle «anime candide del mondo cattolico, favorevoli agli F35». «Se Novara fosse stata scelta (con ricadute occupazionali notevoli) per la costruzione di una clinica per aborti, quante fiaccolate, marce, veglie per la vita si sarebbero già fatte? E se la clinica in questione fosse per la “dolce morte”? Anche in questo caso, quante iniziative sarebbero già state intraprese? Eppure entrambe le cose darebbero lavoro a molte persone». «Come mai questa gente gira la testa dall’altra parte quando la vita che viene colpita (per non dire stroncata) da strumenti di morte che verranno fabbricati in terra novarese è quella di persone appartenenti a popoli lontani geograficamente, culturalmente e religiosamente? Non c’è molta ipocrisia in questo atteggiamento? La pace va costruita giorno dopo giorno con coraggio e pazienza, voluta, amata e non “armata”, men che meno, con i cacciabombardieri F35».

Le “foglie di fico” del diocesano Il dibattito sull’acquisto degli F35 ha investito anche il settimanale diocesano di Novara, L’azione, che, sul numero datato 7 luglio, è parso voler assecondare più le ragioni militari che quelle della pace e del disarmo. Sul numero successivo del 12 luglio, L’Azione è tornato sulla questione con un editoriale che riporta e commenta una lettera di protesta al direttore filo-ciellino Antonio Maio redatta da cinque preti (i parroci don Carlo Bonasio e don Ernesto Bozzini, il direttore della Caritas diocesana don Dino Campiotti, lo stesso don Mario Bandera e il parroco coordinatore nazionale di Pax Christi don Renato Sacco).

La missiva, dicono i firmatari, «non nasce da amore di polemica, ma da schietto desiderio di verità», in seguito alla pubblicazione in pompa magna, sul numero precedente del settimanale, di un’esclusiva intervista al ministro della Difesa – anche lui vicino a Comunione e Liberazione – Mario Mauro. Nell’esprimere un punto di vista non tecnico, ma «etico», i sacerdoti accusano il direttore di aver trattato in maniera quantomeno accondiscendente la questione degli F35 e delle spese militari in generale, con argomentazioni che, scrivono i cinque, «riteniamo autentiche “foglie di fico” atte a nascondere la nudità o forse l’inadeguatezza» di questi ragionamenti.

Al di là del magistero della Chiesa cattolica, che offre «un indirizzo inequivocabile contro ogni tipo di guerra», denunciano i sacerdoti, possibile mai che «ci siamo dimenticati cosa “regalavano” i nostri aerei nella guerra dei Balcani, in Iraq e ultimamente in Libia? Tutto all’insegna della pace segnata dalle bombe intelligenti che colpivano solo i cattivoni, risparmiando donne e bambini? Insomma, la pace non è un valore ambiguo o peggio un chewingum da usare quando, come e dove fa comodo! È un cammino da costruire. In un passaggio della sua intervista il ministro ci invita ad abbandonare le ideologie in merito. Che anche il Vangelo, ora, sia diventata un’ideologia?».

A quella dei preti, hanno fatto seguito altre lettere al direttore, di cui Adista è entrata in possesso. Ne citiamo una su tutte. Dopo aver passato in rassegna la profezia della pace del card. Carlo Maria Martini, di don Tonino Bello, di Hélder Câmara e Leo Joseph Suenens, il presidente di “Liberazione e Speranza” (associazione che lotta contro la tratta) Andrea Lebra, scrive: «Non ho competenze tecniche per affermare che il “progetto F35” sia un affare, una fregatura o un atto dovuto ed irreversibile imposto da potenze straniere al nostro Paese. Comunque lo si voglia giustificare, è un progetto di morte».