Asili privati, Pisapia soddisferà la Curia?

Marina Boscaino
www.cronachelaiche.it

Qualche giorno fa la commissione Bilancio del Comune di Milano annuncia il taglio di 1,2 milioni di euro ai sovvenzionamenti per le scuole dell’infanzia private. La notizia fa il giro della Rete e soprattutto invita i sostenitori della scuola, della Costituzione e della Repubblica – di quel progetto, cioè, chiaro e inequivocabile definito dalla Carta – a sperare che la breccia aperta (almeno a livello di determinazione dei principi) dal referendum consultivo di Bologna possa determinare un’apertura da parte di tutte le amministrazioni locali sensibili a quel progetto e desiderose di realizzarlo.

A spegnere gli entusiasmi, però, la notizia che la Giunta milanese, dopo le promesse fatte in termini di riduzione dei finanziamenti agli asili privati, starebbe tornando indietro. E questo dopo gli incontri, svoltisi nel corso della settimana, con associazioni legate alla Chiesa e agli ordini religiosi, alle quali le scuole dell’infanzia private milanesi (e italiane) fanno prevalentemente capo.

L’amministrazione, dunque, si fa dettare l’agenda dalla Curia e dai suoi sostenitori? Sembra di sì, considerate le notizie apparse sulla stampa negli ultimi giorni. Il gruppo consiliare di Sinistra per Pisapia e la federazione di Milano di Rifondazione comunista ipotizzano che, sulla base di pressioni esercitate dalle associazioni cattoliche, il Comune si stia disponendo a “restituire i fondi tagliati attraverso il riconoscimento, alle famiglie che scelgono gli asili privati, di una specie di ‘buono scuola comunale’ non molto dissimile da quello regionale istituito da Formigoni oltre dieci anni fa”. Proprio rispetto all’abrogazione del buono scuola regionale, peraltro, è in atto una campagna di sensibilizzazione diffusa e partecipata, che culminerà in un convegno a Milano il 26 ottobre prossimo; e contro la legge regionale è già stato proposto al Tar (con udienza fissata a gennaio) un ricorso.

Questa inattesa marcia indietro della Giunta dovrebbe dunque fare i conti con la massiccia mobilitazione di associazioni, sindacati, la stessa Prc che, insieme a docenti, genitori e studenti si mobilitano da tempo sulla questione. Il tema è delicato; tanto più che, esattamente come a Bologna, il Pd non nasconde il proprio appoggio alle scuole private, contravvenendo – in nome di una sospetti attenzione e rispetto per coloro che frequentano quelle scuole, che rimarrebbero, senza finanziamenti, prive del servizio; in realtà mantenendo una sostanziale coerenza rispetto al sostegno che sempre il Pd ha riservato alle paritarie, essendo peraltro l’ideatore della legge di parità – ad una tradizione culturale e di principio che dovrebbe vederlo difensore della laicità e della scuola della Costituzione, che prevede, al comma 3 dell’art. 33, che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.

Il responsabile scuola regionale del Pd, Marco Campione, in un inequivocabile intervento sulla Rete, condivide il comunicato della Curia di Milano, appellandosi alle pari opportunità educative per tutti i bambini e – addirittura! – alla necessaria cura delle fasce più deboli della popolazione. Ricorda, poi – ma inutilmente – che delle paritarie fanno parte anche le scuole comunali, che però non sarebbero state toccate dal taglio di 1,2 milioni. Non ricorda, però, Campione, che la Costituzione al comma 2 dello stesso art. 33, afferma che “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”; dunque, anche scuole dell’infanzia, scuola a tutti gli effetti nel nostro ordinamento dal 1968, quando si chiamava materna.

Lo zelo nei confronti delle famiglie che si vedrebbero sottratto il diritto di mandare i propri figli presso la scuola privata, ma con sovvenzioni pubbliche!, potrebbe essere meglio dirottato nel chiedere allo Stato di istituire scuole che soddisfino tutta la domanda, non lasciando margine di dubbio rispetto ad una difesa intransigente del principio di laicità. E dei diritti uguali per tutti, cioè quelli derivanti dal contributo fiscale dei cittadini per assolvere all’interesse generale.