Lettera aperta a Papa Francesco: un’assemblea per la vita sulla terra di L.Boff

Leonardo Boff, Teologo/Filosofo
Ricevuto dall’autore e tradotto da Romano Baraglia

Caro Papa Francesco,

Noi i cristiani sottoscritti, così come persone di altre fedi e persone di buona volontà, vi inviamo questa lettera pubblica con una richiesta molto particolare. Ci piacerebbe che lei convocasse un evento globale, come un’Assemblea, per la difesa della vita sulla Terra.

Oggi la vita è ferita a morte per la fame (900 milioni di persone in tutto il mondo), la sete (1,2 miliardi non hanno acqua pulita da bere ogni giorno, e 2,4 miliardi non hanno servizi igienico-sanitari di base), le guerre la distruzione dell’ambiente (suolo, acqua, biodiversità, aria, e soprattutto che sopra l’umanità e tutta la vita incombe un sorprendente cambiamento climatico. Come dice il documento di Aparecida, non stiamo soltanto vivendo un momento di cambiamento, ma un cambiamento di tempo (DAP 44). Una società consumista e predatora come l’attuale non è futuro per tutta l’umanità.

Quando Dio creai il mondo diede la Terra agli uomini e alle donne per “cultivarla e averne cura” (Gen 2,15). Dopo il diluvio, quando Noè lasciò l’arca con la sua famiglia e tutti gli animali che erano in essa, Dio fece un’alleanza primaria con loro dicendogli che “per parte mia, io stabilirò il mio patto con voi e con i vostri discendenti, con tutto essere vivente che è con voi, uccelli, animali selvatici e domestici, insomma, con tutti gli animali della Terra che sono usciti con voi dall’arca (Gen 9, 9-10). L’apostolo Paolo ci dice che “la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione, speranze in vista della libertà che è la gloria dei figli di Dio” (Rm 8, 21). Così Dio ama tutto ciò che ha creato e ci ha comandato di prenderci cura della sua creazione.

I popoli tradizionali e recentemente gli scienziati hanno riferito che tutte le forme di vita sono a rischio nella faccia della Terra Tuttavia, non c’è una risposta alla sfida di questo momento della storia da parte del mondo politico ed economico. Come Lei ha detto, noi non possiamo accettare passivamente la globalizzazione della indifferenza.

Lei ha autorità morale e spirituale davanti a tutta l’umanità per convocare questo urgente dibattito e ancora i più urgenti interventi. La chiediamo questo come un modo per contribuire alla realizzazione dei suoi gesti, che ci sfidano ad un atteggiamento di cura e di protezione della vita minacciata. Questi gesti espressi in suo viaggio a Lampedusa, in la Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile, nella visita agli immigrati in Italia, nei digiuni contro le guerre. Se Lei convocasse una riunione per difendere la vita nella sua pienezza, non solo per ascoltare gli esperti, ma anche le popolazioni indigene colpite dalla distruzione del loro ambiente, le persone colpite dai cambiamenti climatici e i rifugiati, le vittime della fame e della sete, di certo gran parte dell’umanità si riunirà prontamente a questa richiesta.

E’ quello che noi sottoscritti anche aspettiamo. Con un abbraccio fraterno, nello spirito di San Francesco d’Assisi, in comunione con tutte le forme di vita e con tutta l’umanità, confermiamo la nostra richiesta.

Brasilia – DF, 16 Settembre 2013

Nota: Può inviare la sua adesione a magalhaes@caritas.gov.br

———————————————————-

Con il Papa Francesco: il Terzo Mondo in Vaticano

Leonardo Boff, Teologo/Filosofo
Ricevuto dall’autore e tradotto da Romano Baraglia

Sono note le tante innovazioni che Papa Francesco, il Vescovo di Roma, come vuole essere chiamato, ha introdotto nelle abitudini papali e nello stile di presiedere la Chiesa nella tenerezza, nella comprensione, con il dialogo e con la compassione.

Ma alcuni sono rimasti perplessi, perché erano abituati allo stile classico dei papi, dimenticando che questo stile è ereditato dagli imperatori romani pagani, dal nome di “Papa” al mantello sulle spalle (Mozetta), tutto ornato, simbolo del potere imperiale assoluto, prontamente respinto da Francesco.

Ricordiamo di nuovo che l’attuale Papa viene da fuori, dalla periferia della Chiesa centrale europea. Porta con sé un’altra esperienza ecclesiale, con nuovi costumi e con un’altra forma di sperimentare il mondo con le sue contraddizioni. Lo ha espresso coscientemente nella sua lunga intervista con la rivista gesuita Civiltà Cattolica: “Le chiese giovane sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire, e quindi diversa da quella che hanno sviluppato le Chiese più antiche”. Queste ultime non sono segnate dal divenire ma dalla stabilità e fa loro fatica incorporare elementi nuovi derivati dalla cultura moderna laica e democratica.

Qui il Papa Francesco sottolinea la differenza. È consapevole di venire da un altro modo di essere Chiesa, maturato nel Terzo Mondo. Questo è caratterizzato da profonde ingiustizie sociali, da un numero assurdo di baraccopoli che circondano quasi ogni città, da culture originarie sempre disprezzate e da l’eredità della schiavitù di origine africana, che subiscono discriminazioni importanti. La Chiesa ha capito che oltre alla sua missione religiosa particolare, non poteva sottrarsi a una missione sociale urgente: schierarsi con i deboli e gli oppressi e lottare per la loro liberazione. In diversi incontri dei vescovi continentali di Latinoamerica e dei Caraibi (Celam) è maturata l’opzione preferenziale per i poveri, contro la loro povertà, e l’evangelizzazione liberatrice.

Papa Francesco viene di questo brodo ecclesiale e culturale. Qui, tali opzioni con le loro riflessioni teologiche, con modi di vivere la fede in rete di comunità e celebrazioni incorporando lo stile popolare di pregare Dio, sono cose evidenti. Ma non lo sono per i cristiani della antica cristianità europea, pieni di tradizioni, teologie, cattedrali e un senso del mondo riempito con il modo greco-romano-germanico di articolare il messaggio cristiano. Venendo di una Chiesa che ha dato centralità ai poveri, prima di tutto ha visitato i rifugiati sull’isola di Lampedusa, poi a Roma presso il centro dei gesuiti e poi presso i disoccupati di Corsica. E’ naturale per lui, ma è quasi uno “scandalo” per i curiali e un fatto senza precedenti per gli altri cristiani europei. L’opzione per i poveri, ribadita dagli ultimi papi era solo retorica e concettuale. Non c’era un vero incontro con i poveri ed i sofferenti. Con Francesco capita esattamente il contrario: l’annuncio è pratica affettiva ed efficace.

Forse queste parole di Francesco chiariscono il suo modo di vivere e di vedere la missione della Chiesa: “Vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E’ inutile chiedere a uno gravemente ferito se ha il colesterolo e la glicemia elevati! È necessario guarire le ferite. Poi, si può parlare di tutto il resto”. “La Chiesa” – continua – “a volte é chiusa in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante, piuttosto, è il primo annuncio: ‘Gesù ti ha salvato!’. Pertanto, i ministri della Chiesa, in primo luogo, devono essere ministri di misericordia, le riforme strutturali e organizzativi sono secondarie, vale a dire, vengono dopo, la prima riforma dovrebbe essere l’atteggiamento. I ministri del Vangelo devono essere persone in grado di scaldare il cuore della gente, camminare con loro durante la notte, dialogare e anche entrare nella “loro” notte senza perdersi nel buio. “Il popolo di Dio -conclude- vuole pastori e non dipendenti o clerici di Stato”. In Brasile, parlando ai vescovi latinoamericani ha chiesto loro di fare la “rivoluzione della tenerezza”.

Pertanto, la centralità non è occupata dalla dottrina e disciplina, così dominante in questi ultimi tempi, ma dalla persona umana nelle sue ricerche, che sia o non sia credente, come il Papa ha mostrato nel dialogo con l’ex direttore del quotidiano romano La Repubblica, Eugenio Scalfari, persona non credente. Sono nuovi venti che soffiano dalle nuove chiese periferiche e danno aria nuova a tutta la Chiesa. La primavera davvero sta arrivando, promettente.