Gli insulti alle donne di N.Lisi

Nino Lisi
(Cdb di San Paolo – Roma)

Credevo che il becero maschilismo di quando ero ragazzo fosse scomparso, quello che caratterizzava la vecchia cultura del nostro paese per la quale il maschio riteneva ovvio che le donne si potessero distinguere tra le “proprie” (madre, sorelle, mogli e figlie) e le “altre”. Alle “proprie” imponeva il regime di casa e chiesa, in cambio assicurando loro – non richiesto – il rispetto degli altri maschi. Verso le “altre” riteneva di potersi rivolgere con apprezzamenti pesanti, ammiccamenti e proposte audaci, quando non passava a vie di fatto.

Mi sono sbagliato. Quella cultura non era scomparsa, era solo nascosta. Nascosta nel profondo dell’animo di noi maschi a cui una certa evoluzione culturale e le buone maniere avevano insegnato a contenerla e controllarla in situazioni di normalità, ma non a distruggerla. Così, quando gli animi si scaldano al calor bianco, al punto di far perdere o ridurre le capacità di controllo, ecco che il maschilismo emerge nelle forme più becere e virulente che si possano immaginare.

Non lo dimostrano solo le frequenti violenze dei maschi contro le donne. Lo rivela anche quanto è accaduto ai danni delle donne ad opera dei maschi in occasione della degenerazione del dibattito parlamentare.
Si è provato (e ci si è riusciti) a buttare la cosa in politica. Ci si è affannati infatti a distinguere l’appartenenza partitica delle deputate offese e dei deputati che le hanno offeso, a contare quante delle prime fossero di un partito e quante di un altro. Così con i maschi.

Ma credo che ne vada fatta un’altra lettura.

La politica non c’entra, nel senso che essa ha solo fornito l’occasione delle deflagrazione del conflitto, scaldando gli animi al calor bianco. Il conflitto è stato ed è un conflitto di genere. Sono i maschi che sono esplosi, che non hanno sopportato che nel Parlamento ci fossero tante donne, giovani e capaci di protagonismo politico alla pari degli uomini, che anzi si mostrano spesso più brave, competenti e intelligenti.

Sono stati i maschi che non hanno sopportato di non poter più distinguere le donne tra le “proprie” e le “altre”, nell’un caso come nell’altro oggetti sessuali di cui disporre sebbene con modalità diverse. Con gli insulti a sfondo sessuale, forse inconsciamente, inconsapevolmente, hanno rimesso le cose a posto. Anzi hanno rimesso le donne al loro posto, svelando ciò che forse nemmeno a loro era noto, cioè che nel proprio intimo non sono capaci di vedere le donne che come oggetti delle proprie pulsioni sessuali.

Attenzione, pero; non creiamoci i soliti capri espiatori. La questione non riguarda solo i deputati, la cosiddetta casta, perché non è vero che c’è una società civile buona ed un ceto politico cattivo. La politica e lo stesso Parlamento non sono che lo specchio, la proiezione della società.

Quel che è accaduto in Parlamento è dunque una spia allarmante di quanto maschilismo ci sia ancora in noi maschi italiani. Ed è tanto più allarmante se si considera l’età dei protagonisti. Non sono vecchi come me, ma molto più giovani. E questo è davvero grave.

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Stupro

Giancarla Codrignani

L’informazione – forse la riflessione – su quanto noi cittadini/e (quanti/e?) abbiamo sofferto in questi giorni è stata schematica. La Camera dei Deputati ha subito uno stupro: se per il legislatore non è più la penetrazione a definire lo stupro, la violenza agita sul “corpo dello Stato” in una delle due Camere va interpretata correttamente secondo la metafora dello stupro.

Quanto alle offese a tutte le donne (evidentemente coinvolte nell’insulto alle rappresentanti elette) sono cosa diversa, appunto chiamata stalking, reato ai sensi della legge Carfagna, ed è aggravante dell’altra violenza.

Preoccupa che non sia apparso chiaro che la dialettica parlamentare non ha nulla a che vedere con la violenza delle relazioni di lavoro (tutti i luoghi di lavoro, soprattutto quelli istituzionali) che si vorrebbero vedere improntate (sarà mica femminismo? sarà mica educazione borghese?) a partire dal rispetto fra i generi.

Più in generale: non dimentichiamo che pochi anni fa l’incompatibilità destra/sinistra, fascismo/comunismo vide Almirante rendere onore alla salma di Berlinguer.

Non fatemi pensare che qualcuno senza nemmeno un’ideologia ha superato il vecchio Movimento Sociale. E fatemi sperare che davvero dopo la tragedia fascista sta passando l’ultima farsa.

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Parole come simulazioni di stupro

Marina Pivetta
www.womenews.net

Sappiamo quanta fatica hanno fatto e stanno facendo le donne per far valore le loro capacità nelle istituzioni. E, se fanno degli errori è il contenuto di questi che va criticato, non la persona.

Con il tempo siamo riuscite a difenderci dalla violenza di parole sessiste pronunciate a fior di labbra per la strada o urlate in famiglia o, con tono ammiccante, nei posti di lavoro. In queste situazioni da tempo ormai siamo riuscite ad azzittire individui esibizionisti che le usavano come un fallo aereo.

Quando però questi insulti arrivano attraverso la rete stordiscono, quasi paralizzano. Non possiamo irrigidirci in una passività ancestrale. Dobbiamo trovare nuove strategie non solo per difenderci ma anche per cambiare la cultura di chi ci sta insultando.

Non ci si può più limitare ad un atto individuale. Perché? Perché le parole in rete non hanno un interlocutore, ne hanno migliaia! Le offese sessiste alla Presidente Boldrini non hanno offeso solo lei, ma tutte le donne che le hanno lette. Con una aggravante: la violazione di un simbolo.

La Presidente è una figura istituzionale. Ma, non una come le altre, Laura Boldrini ha dichiarato la propria appartenenza al genere cosa che non tutte fanno quando si siedono su scranni ad impronta maschile.

Sappiamo quanta fatica hanno fatto e stanno facendo le donne per far valore le loro capacità nelle istituzioni. E, se fanno degli errori è il contenuto di questi che va criticato, non la persona.

Esprimere sdegno non basta, é necessaria una solidarietà a ragnatela capace di invischiare, con il filo di nuovi atteggiamenti culturali, la pochezza di chi esprime la propria violenza usando frasi e parole tanto aggressive da apparire come simulazioni di stupro.

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Alternativa di sistema o barbarie

Lidia Menapace

Dato sfogo infantilmente alla rabbia condita di parolacce (ogni tanto fa bene alla salute, per non schiattare) oggi torno su tutta la faccenda Grillo Boldrini ecc.ecc.

Parto da Letta che ha giustamente parlato di barbarie. La parola è passata nel linguaggio politico, asetticamente staccata da chi ve l’ha immessa, sicché non fa più male a nessuno. Orbene Rosa usò questa parola in una famosa antitesi “O socialismo o barbarie”.

Significa che se guardiamo la citata vicenda, che continua a fare vergogna, si capisce subito che quasi non serve fare e dire cose giustissime e ben dette e arricchite di esempi episodi ecc.ecc.ecc., se non ci si rende conto, e lo si dice, che a questa deriva non si può resistere se non si incomincia a costruire l’alternativa di sistema, la crisi lasciata alla sua spontaneità va appunto alla “scelta” tra socialismo o barbarie.

Dunque, dopo aver bene analizzato le componenti più schifose degl eventi, giustamente stigmatizzato tutti quanti e anche molte, incominciamo almeno per esempio a capire la portata antagonista di un possibile movimento europeo delle donne per l’autodeterminazione (“Yo decido”): sennò si perde solo tempo e fatica, avanti tutta dunque, anche col fiatone, abbracci stretti rossi rosa viola di classe di genere, quel che volete, basta che non siano abbracci riformisti